Si
chiama Omega
Five. Lo ha sintetizzato Natsume come esclusività XBOX Live Arcade a inizio 2008 per
riportare al centro dello shoot ’em up l’eroe volante, superuomo
della guerra dei mondi che fa uso di esoscheletri molecolari avanzati.
Si determina la perfezione del controllo a doppio joystick. E viene a formarsi una
situazione di simbiosi con l’attrezzo, che diventa estensione delle
estremità, innesto bio-meccanico connesso al midollo a mezzo di un microchip
a nanotecnologia; il mondo si ferma non appena s’incomincia a roteare il fascio laser violaceo di Ruby
–
parzialmente conducibile al raggio
serpente di Raiden II –, che dovrà anche
identificare l’opera di Natsume a videogioco che scuote le coscienze addormentate del
cultore degli arcade, al quale dev’essere mancata la seduzione dei “momenti
leggendari” di quando alla direttrice del joystick corrispondeva sempre una azione-icona che solcasse la
storia. Vi sono momenti di indubbia magnificazione dello sparatutto
d’orizzonte, in Omega Five, attimi che fanno tornare alla mente l’aggancio del pod rotante di
R-Type,
il free-range di Thunder Force V, il braccio prensile di
Einhänder.
L’opzione del pupazzo non è atto superfluo.
In Omega Five il sistema di attacco cambia assieme alle armi in dotazione, e se
quindi
la provocante Ruby dovrà manipolare un fucile laser, un super
mitragliatore e una pistola elettrizzante, il granitico Tempest farà uso
di tre spruzzatori lanciafiamme che per forma, metodo direzionale e potenza
sono pressoché l’opposto dell’arsenale della donna. E persiste inoltre una ulteriore variabile nel meccanismo di puntamento
del nemico consistente nella difformità satellitare, per cui ogni personaggio
detiene un supporto a coda che è possibile
lanciare premendo il tasto “RT”: Ruby possiede una specie di gancio metallico
che s’incolla al nemico come una sanguisuga, succhiandogli energia, e mentre ciò accade
Noi si potrà tranquillamente persistere nell’azione di bombardamento. Ma per Tempest la questione è
radicalmente diversa, e se vogliamo più ramificata. Per quest’ultimo,
quindi, il supporto cambia
in base all’arma acquisita, sortendo benefici differenti e più o meno efficaci in virù
di come lo stesso viene percepito; adoperando il lanciafiamme classico, si otterrà un
mirino a lock-on del bersaglio, cosa che ad esempio non accade usando
l’irrigatore verde radioattivo, il cui satellite consiste in uno sdoppiatore bipolare del
liquame. Sicché chiedere oggettistica addizionale allo sparatutto sarebbe da
stolti...
E invece Omega Five procede oltre. Realizza
un
level design che impone al volatore il martellamento costante,
esponendolo ai
raggi fotonici dei robot e dei granchi-spia pur quando gli elementi caratterizzanti dei
quadri risultino già visti,
in qualche altro sparatutto (il cubo a metamorfosi del primo schermo, il pitone del
secondo, i detriti discendenti del terzo), fermo che la fusione di tutti questi clichè viene
realizzata rispettando un montaggio sequenziale di alta scuola capcomiana,
in modo che si acquisti metripixel costanti e si arrivi a conclusione
seguendo sottili strategie di aggiramento. Ultimato il gioco con entrambi i
personaggi ne verranno sbloccati due ulteriori, R.A.D. e Sensei, che
introdurranno ulteriori elementi di consumazione sulla variazione del laser
e lo sguainamento ravvicinato della katana, che è letale almeno quanto le
visuali, coacervo di allucinazioni fantascientifiche.
Il 3D applicato alle strutture del fondale si riempie di alfa blending
massiccio, rifrazioni, trasparenze, distorsioni, rotazioni e interpolazioni,
e il videogioco utilizza virtuoso le risorse del tre e sessanta creando
costante la fluidità delle strutture in movimento, talune grandi cinque o sei volte lo schermo,
e impressiona il videogioco per la sensazione di riempimento del rettangolo
visuale, mentre non si perde occasione di
rilevare, in secondo piano, l’imponenza delle edificazioni-stato.
Contestualmente, e a sostegno di un sittale manifesto di assoluta tecnica,
Iwatsuki si erge eroico a
comporre musiche d’intersezione di stili arcade allineandosi agli effetti deflagratori,
creando una zona di sostenibile ricostruzione del suono a 16 bit. Un
gioiello, questo Omega Five. Grazie al quale Natsume porta nuova linfa allo spara e fuggi di
metabolismo arcade, e non solo per un discorso di alta definizione: la
software house ha di fatto realizzato il
Forgotten Worlds del ventunesimo secolo.