DARK CASTLE di @Luca
Abiusi
Gli omini
rendono allegria, fanno gioventù. Nell’88 Dark
Castle, portato su Amiga via Three-Sixty Pacific da edizione
Macintosh, mette in scena il medioevo
classico e un omino. L’omino deve per cui armarsi e affrontare un qualche genere di peripezia
all’interno di un tetro castello arroccato sulla cima di un monte. In
quanto alle atmosfere non
si poteva chiedere cose migliori di tale schiera di oggetti in legno e icone
minimali, patiboli sull’action game
più classico con le scale, le funi, le trappole e balzi da eseguire con precisione millimetrica.
Tuttavia i programmatori optano per un sistema di controllo necessariamente
combinato che vuole l’utilizzo di mouse più tastiera, o in alternativa di mouse più
joystick. Generalmente atipico, ma pur lontano dall’essere ingovernabile
assumendone dosi strategiche da mezz’ora l’una, Dark Castle dispone i livelli di difficoltà Beginner, Intermediate
e Advanced per essere amico di tutti, sebbene poi già dal
primo venga chiaro che per potervi cavare qualcosa bisognerà uccidersi a
oltranza. Dark Castle è titolo di militanza, di manifesto trial and error ma anche di assuefazione al
salto tra i dislivelli, posto che l’esperienza reclama un tributo
di sangue.
Accade opera d’altri tempi non solo per
anagrafica
ma diciamo per una situazione di gioco che dopo
Hunchback
era sembrata svanire in coincidenza del sopravanzo del platformismo arcade;
lo stato di coabitanza tra rigore estetico e manovrabilità era altresì alle prime fasi del suo compimento, parlando di Amiga,
dove i titoli che portavano grafica erano spesso ingiocabili ma Dark Castle sarebbe un caso a parte.
Lui possiede il gameplay. E dentro il loro elementarismo, le grafiche vogliono distinguersi per una
devozione al particolare e uno
stile che sia fuori parametro nel merito delle scenografie che vengono a
palesarsi
internamente al maniero, e veramente riuscito risulta il blocco delle animazioni,
col nostro claudicante e fumettoso che si esprime a
balzi improbabili, quando che manca l’appoggio,
e muove il braccio in modo circolare e cade, come un sasso, dopo essere stato colpito. Dal punto di vista illustrativo il lavoro esprime
l’accuratezza di un comic
book, e a parte l’artwork di copertina si riesce a bucare
l’immaginario del manovrante e a far migrare le sue sinapsi al disincanto
del racconto di cavalleria; nel contrapporre la violenza esplicita all’ingenuità del
design
si ottiene la sequenza di culto del torturatore col cappuccio da boia che dà
frusta ai prigionieri, e di noi ad annaspare fra pipistrelli svolazzanti e
ratti. Il carattere parodistico è manifesto in ogni singolo quadro per il
codice anglosassone dell’umorismo macabro, che è pure veicolo di una scrittura (struttura) e di uno storyboard chiaramente
spostati verso la didascalia.
A mezzo puntatore si deve opzionare la stanza
di inizio ventura, dopoché lo schermo dei titoli ha fatto la sua comparsa;
operata la scelta si intuisce subito di che parla codesto Dark Castle:
videate fisse, elusione degli attacchi nemici – che possono essere i corvi
che puntano, i topi, i guardiani del castello e i mostri – e individuazione
dell’uscita, conquista dell’uscita, prossima schermata. E così via per
l’intera durata del gioco. Ovviamente vi sarà il diversivo atto a rendere
più interessante lo svolgimento, come quando si provvede a introdurre armi
supplementari (mitica la palla di ferro con gli spuntoni) come anche
l’incantesimo. Videogioco che tende a voler bene. Resta da verificare fino a
che punto le utenze contemporanee siano disposte a ritornare alle antiche
frontiere della manovrazione del mouse, e del joystick a un pulsante.
L’adopero di un eventuale joypad è sconsigliato, ché si deve utilizzare
tasti e manopola simultaneamente, con la mano destra impegnata sul mouse,
che quindi viene deputato alla direzione dei colpi (sferrabili in numero
limitato). La soluzione più logica, in fase di test, dice tastiera. Nello
stesso tutorial, avvistabile nella sezione info dello schermo principale, i
programmatori sembrano caldeggiare l’opportunità di piazzarsi di fronte al
monitor e premere quei quattro o cinque tasti in croce necessari alla
sopravvivenza, pur sebbene che si continui a credere che avrebbero fatto
meglio a rendere il completo supporto del joystick. Dark Castle rimane in
ogni qual modo un programma estremamente ricco di argomenti visuali
stilizzati e notevole intrattenimento computeristico formato Amiga, che sa
catturare l’attenzione dell’avventuriero prima maniera.
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