MOONSTONE: A Hard Days Knight Limited Edition
di @Luca Abiusi

moonstonecover2.JPG (8593 bytes)Chi mai non ha agognato di medioevi avventori e lande e regni, alberi che si animano, trolls. Li si è ricercati in proiezione serale, quando John Boorman realizzò Excalibur e, anni dopo, grazie a Ron Howard. Mancava ancora qualcosa. Ci mancava la cruda violenza delle spade che mozzano le teste, dei drachi mangiatori che stritolano le ossa, dei cinghiali inferociti che infilzano stomaci impalando, nel mentre il sangue schizza fuori a fontana. Mancava il mostro gigante che schiaccia e riduce in pezzi. Orbene, la macelleria. Ma poi arriva Mindscape, nel Novantuno, col suo Moonstone, action-RPG letteralmente passato alla storia per manifesta mattanza e ancora adesso oggetto di culto tra i collezionisti di anticaglie Amiga. Un titolo poderoso, oseremmo dire, che abbastanza curiosamente riesce a diventare completo, oltre che sadico, e a produrre un qualcerto spessore di manovra oltre la sanguinolenza che mira a creare l’interdizione, ed è ruolismo, umorismo nero, margine di elaboramento e strategie, tutti assieme in passione, su Amiga 500 montante il megabyte.  

Moonstone è un tracciato. Si opziona il cavaliere, tra quattro, e si comincia la crociata contro le forze del male, nel pellegrinaggio tra villaggi, taverne, per quanto il fulcro del gameplay debba ritornare alla battaglia contro cavalieri nostri pari e creature, al fine di guadagnare l’oro necessario al proseguimento. Le contee entro cui la contesa avrà luogo sono quattro: Northern Wastelands, The Misty Moors, Great Forest e Wetlands, quindi in ognuna di esse bisognerà affrontare e completare un numero di missioni all’arma bianca sicché, in caso si restasse vivi, venga consegnata la chiave di accesso agli stage prossimi. In effetti Moonstone è più un picchiaduro classico che un RPG, dato che gli oggetti della gestazione risultano di contorno, stazionando nella compravendita di armi e dunque nel risanamento della propria energia. A marcare il territorio del ruolismo è semmai il fattore “evolutivo”, dacché il cavaliere inizia con l’armatura in legno, a brandire una spada che sembra forgiata a misura di nano, e senza soldi, per poi formarsi e diventare, vittoria dopo vittoria, un autentico maestro d’arme. Il sistema di combattimento è assai completo. Le combinazioni concesse si realizzano in numero sufficiente, se si considerano gli standard del periodo, e tra fendenti, sciabolate laterali e schiacciatesta vi sarà di che appagare il fabbisogno giornaliero di ultraviolenza. Previsto il gioco tra due giocatori umani, ed è grasso, pieno di fluido rosso e brandelli di carne.

Del resto se la perlustrazione dovesse scaturire a noia (ma non dovrebbe) non vi è che da prelevare il compagno e approfondire la tenzone, e non vi sarà tempo limite: vince chi resta in piedi. Altro che Mortal Kombat. Qui lo schermo si conquista la truculenza al primo affondo come antipasto del wagneriano atto del dipartire, con la carcassa che anche mutilata continua a inscenare lo zampillare, e tutto è sangue. Si potrà decapitare, tagliare in due e ancora perforare stomaci con più fendenti consecutivi fino a che l’opponente non s’accasci a pancia in giù a cagionare agghiaccianti le fuoriuscite arteriose a spruzzi. Questa, di grazia, è la più esplicita figurazione gore mai tentata nello spettro del videogioco bidimensionale – e forse anche tridimensionale – per attestato scavalcamento dello splatter immaginabile, per cui si esprime letale il blocco di animazioni verosimili, dentro ai disegni di mirabile fantasia e di cavalleria, le foreste magiche di sovrani dispensatori di guerre. La tecnica è possente. Risplendono i colori e brillano gli sfondi campestri e silvestri e ancora rupestri, per rimarcare il grado di manifattura di una Mindscape che si immola al personal computer e che vuole intensificare il dettaglio delle grafiche perché queste si rivestano allegre dei rossi, la bellezza che si frappone alla brutalità dello squartamento affinché allora si affermi l’idea grottesca del videogioco di avventure medievali, quando per modello di rappresentanza si aveva l’Arturo di Capcom, che al massimo perdeva la corazza. Adesso invece si perdono gli arti. Il suono sembra fare il suo dovere. Rendono, i campionamenti. I metalli. Poi vi è inoltre il modulo d’introduzione del rito di Stonehenge, i lampi e i tuoni riprodotti in virtù, e i cori. Odissea che merita, che esige manipolazione col suo inibire il salvataggio, la vecchia scuola della consumazione continuativa secondo cui bisogna cominciare e finire nell’arco di un giorno.










  Piattaforma Amiga ECS / OCS
  Titolo Moonstone: A Hard Days Knight
  Versione Europea
  Anno immissione 1991
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Mindscape
  Sviluppatore Mindscape
  Designers Kevin Hoare, Rob Anderson, Dennis Turner, Steve Leney, Todd Prescott
  Compositore Richard Joseph
  Sito Web www.mindscape.nl
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 1
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Assente
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 3
  WHDLoad Sì [link]
  Genere Action RPG
  Rarità
  Quotazione 400 - 450 €
  OST No

 

Una conversione PC MS-Dos viene consegnata nel ’92 in display VGA, risultando pressoché identica alla controparte Amiga salvo che nel suono, il quale acquista generale diversità. In ragione del suo contesto di violenza, in Germania il videogioco è tuttora bandito dall’ente per la tutela dell’infanzia BPjM (Bundesprüfstelle für jugendgefährdende Medien). La Limited Edition oggetto del test è tale per il solo inserimento al suo interno di una rolling demo di Knightmare; ciò nondimeno, tutte e tre le edizioni del videogioco sono considerabili estremamente rare (e costose).