Ci
avevano persuasi che il videogioco dovesse montare lo sfarzo del microprocessore
a basso consumo, per assidui affermare un’idea di sovrabbondanza et
sovraesposizione di grafiche al di fuori del normale tali da addestrare il calco
della realtà, e tanto vale di cessare di braccare la carne accorpante buchi, ché
si è trovato questo gioco simulatore di buchi dove si spara, dopo che hai fatto
buchi. Perché si rinsavisse, e si tornasse al pixel, bisognava fuggire.
Lasciarsi dietro le macerie del nuovo mondo e senza un domani proiettarsi
sul bordo del grattacielo, verso la rovina del già scritto schianto, che arriva
sempre, presto o tardi, nel richiamo ultimo di una
sopravvivenza che si cercherà di afferrare, sospesi in alto
all’interstizio. Niente da fare. Ci voleva più spazio. Ci voleva una
di nome
Faith eppure questo è C64anabalt, l’imponente conversione
a otto bit del Canabalt di Adam Saltsman, contrassegno della caduta
della razza umana.
L’omino elegge il dogma dell’accelerazione e
non si ferma, né si stanca di dover saltare e saltare, soltanto quello;
viene concesso di urtare le casse del rallentamento, non proprio ostacoli,
non del tutto nel disegno di contrazione e dilazione comminato a schermi la
cui eccedenza di spinta orizzontale deve occasionalmente essere arginata sul
limite di avvistabilità, allorché il trasmodare la sveltezza competa a
scostare la retina dal bulbo e per cui, onde rimanere a ferro sul tracciato
del metraggio, verrà utile d’inciampare, di ruzzolare al necessario ristoro
e di concordanza ritornare a macinare ultraveloci finché allo scarto del
margine non sia manco richiesto lo stacco, di slancio la corsa a reazione
che ne allunga l’ellisse difronte i finestroni infrangibili che pure vanno
in frantumi, al contatto, trapassati da proiettili di umana parvenza. Il
deflusso monodirezionale. La scienza del restare vivi. Saltsman fa sapere
che questa sua catastrofica visione di undici settembri, palazzi che
vogliono su loro stessi collassare all’attacco di stirpi aliene e di robot
quanto almeno La guerra dei mondi, L’invasione degli ultracorpi,
L’ultimo uomo della terra, sia da osservare come plausibile e
oltretutto imminente scenario di collusione alla civiltà del consumo.
Inoltre, rende nota l’apertura alle iscrizioni per i corsi estensivi di
Suicidio Avanzato DUE, che si terranno presso la facoltà di Lettere e
Filosofia in Bari.
L’originale codice in flash si insedia
munifico, su Commodore 64. Nientemeno si provvede a conservare lo
scorrimento al parallasse e l’avatar, possibilmente graziato dal reticolo
del raster, mostra superiore l’intagliatura al contorno, sulla scorta delle
icone di grande animazione della Epyx di Impossible Mission; la
fotografia, in bianco e nero, precede l’innesto di una appendice
infrastrutturale di oggetti che si aggirano al sessantesimo di secondo,
astromissili traversanti a strappo fra terrazzi e svolazzi di bianche
colombe, lo spostamento tellurico al novantaduesimo piano del Financial
Trade, all’iniziale sequenza dell’apocalisse heavy metal di “I Disappear”,
Lars Ulrich che si lancia nel vuoto alla testa di un’onda d’urto che
calerà in ogni caso, ma che irriducibili si vuole (si deve) sovrastare,
prossimi all’impatto. Prima della cessazione dei mondi. Il suono trattiene
l’enfasi della pazzia. Meticoloso trascrive le trame del caos e al pari di
un segugio rincorre il caustico Armageddon di questo SID che si apre, il
quale chiede che venga al Commodore 64 restituita la grandezza delle sue annate
migliori, e se non era per l’assenza degli effetti ingame quasi non si
rileva le dissomiglianze rispetto a un sound del 2009 che invero
esalta ancora lì dove innescato, che si impugni l’iPad o dispositivi Android
sfusi. Presi a caso. C64anabalt, film di cui si conosce il finale ma che si
rimette a ciclo di bobina al bisogno di sovvenirsi gli archetipi del
gamedesign, descrive il grado zero dell’intrattenimento e concede di
avvicinare l’assillo della dipendenza a singolo tasto mediante l’uso della
mistificazione.