DOUBLE DRAGON di @Luca
Abiusi
In sala dicevano: arriva A.Team,
e tutti a puntare il ditino sul personaggio somigliante a Laurence Tureaud, il celeberrimo
Mr. T. L’aneddoto descrive perfettamente quel che era Double Dragon, in quel periodo. Si
tratta di un pestaduro a scorrimento dalla cui struttura sarebbe poi venuto fuori un
genere peculiare, in multiplayer, e segnato da un ambiente di bassifondi e degrado. Capcom
ci ha costruito una carriera, sullo stilema dell’azione malfamata ripiena di criminali e
mignotte. La definizione di uno spazio evidentemente sporco, violento, retrattile, mette Double
Dragon in condizione di riflettere la cultura degli anni Ottanta e di poter fare
scuola pur in dentro a una infrastruttura di gioco che rilevi i suoi limiti solo adesso,
dopoché per un semestre scarso s’era pensato di aver trovato il gioco di mazzate più
bello del mondo. Ci prendemmo pure la conversione per il C64 e subito a dire che era
identica al coin-op per far sentire minuscolo il proprio compagno di banco sprovvisto di
Commodore e registratore con la linea della vita incorporata. Tempi e luoghi divertenti e
dementi, ricchi di ignoranza, antisemitismo, gettoni.
È per questo che non ne rilevammo la lentezza, la
pesantezza. Anche se poi i tasti son tre e il parco mosse abbinabile moderatamente esteso,
Double Dragon viaggia a uno all’ora. Ma allora nessuno sembrava potersi concedere il lusso
di sollevare la questione del gameplay, quando lo stesso era secondario sull’altare dei
brutti ceffi e dei ceffoni, dei capelli tipo Duran Duran, del deposito pacchi dove potevi
menare e vedevi i nemici che ci finivano sopra, e ridevi. Le animazioni non sono neppure
questo gran che, col flicker persistente e, a voler esser buoni, un venti, trenta
fotogrammi per sprites. Vi è il calcio volante. Poi la testata, ma quella vien performata
in automatico col pugno e col calcio. Interessante quando i malviventi spacciatori ci
afferrano e compare un terzo uomo che ci prende a calci, come I Guerrieri della Notte,
e le scale per andare sù e gli ascensori, e le canottiere, e la ragazza che viene rapita.
Si vede all’inizio, che viene rapita dal brutus con barba e croce d’oro massiccio
che pesa due chili. Lentezza. Double Dragon sembra durare assai ma in realtà è che
scrolla lentamente, e sembra che sia bello esteso, il mondo sotterraneo. Secondo
giocatore. Può esser utile una mano d’aiuto, nei pressi della metropolitana, quando
compare il troione.
Gli oggetti. Del resto la migliore innovazione che il
titolo Technos dispensa a noi che eravamo scemi e anni Ottanta è la possibilità di
afferrare oggettistica di varia specie e cominciare a usufruirne in forma di corpo
contundente. Allora inizia la festa delle mazze da baseball, delle fruste, delle
bottiglie, delle scatole, delle lastre. Tutto fa brodo. E sempre a due all’ora ci si
diverte a buttare le cose sopra ai guerrieri delle notti e a vedere come cadono, come
soffrono. Che poi cominciavi ma sapevi che sarebbe arrivato il punto di non sopravvivenza
e avresti dovuto inserire un’altra moneta, se davvero volevi recuperare la ragazza e
ottenere in premio il bacio, e null’altro che quello. Estetiche discrete. Metropoli ben
rese. Bicipiti ben resi. Muscolature scolpite e rissa di ottima qualità visiva. Ci sono i
negozi con le vetrine divelte e le automobili dentro i garage. I palazzi rendono l’idea
del macrocosmo metropolitano ma stanno lì in lontananza a sancire i quartieri alti, ché
noi si sta in basso e bisogna combattere con la feccia. Discreta colorazione. Discreto character
design. I suoni fanno intrattenimento ma però le musichette non si
discutono, e può capitare che venti anni dopo avere ascoltato il tema portante ci si
rammenti ancora di come era bello quel tema portante e si finisca per rimembrare assieme
agli amici i tempi andati della scuola e di quando si faceva sega tutti assieme per andare
dentro al bar e giocare a Double Dragon, un gioco immortale non per chissà quali
manifeste qualità grafico-strutturali, ma perché se ne stava lì piantato a sbatterci in
faccia il vuoto nostro esistenziale.
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