Evviva
i tre bottoni al posto dello stick. Gli avambracci che si ipertrofizzano
alla continuativa, insistente dolente pressione. Evviva Namco, estrosa
estroversa surclassante Numan Athletics, che passava mani di nuove
vernici su Track & Field per via dell’uso di un cast generalmente
gangnam style sul lato anime giapponese di atleti supergiovanili
e lancio del missile, amenità altre; Mach Breakers è multievento di
amplificazione. Anche rispetto al precursore. La gashapon figure di Makoto
Kotobuki. Che devi prendere. Per diventare giapponese. Cosplayer. Nerd.
Cicciospastico. Promulgatore della spirale del cliché dove se vi è una
donnina carina si deve esercitare. Essere danjo. Rebecca Anne Flint. Sta che
Mach Breakers divenga videogioco. Le piste a quattro corsie col turbo negli
ultimi venti metri sparo sparo si deve fulminare chi insegue sono la Namco
dell’arcade per sale arcade ancora vive ancora arcade ancora Outfoxies
sullo sprite di stazione e di scaling Neo Geo gravoso da
pesare con la bilancia coi contrappesi e rivendere in gesto di alternativa
ipertecnicista ai supermercati della Sega corsista in sella a una Suzuki. Yu
Suzuki. Metà anni ’90. Konami. Track & Field. Summer Games.
Winter Games. Gli ultimi anni della scuola. 5 in matematica. 3 in
geografia. 9 in storia. Il professore di educazione civica che ci vuole
morti. La finestra sulla destra. Il bar difronte in cui Toki gira e
appresta. Mach Breakers.
L’olimpiade dei campioni suggerisce lo sport estremo dell’acrobazia,
l’avvitamento; l’automobile catapulta è bella, è folle, e presto irrompe
funambolico il tiro del Godzilla che non è così convenzionale come può
apparire da quanto abbisogni di aver cadenza, il senso del ritmo trainante.
Il salto dalla pedana inizia sullo skateboard e può finire nel vuoto, se non
premi per tempo, ma sa diventare importante se appena risolto di sopra il 97
per cento marginale e proprio sul limite da cui dischiudere i ventagli del
balzo di cinquecento metri almeno, in mezzo ai palazzi. La corsa ad
abbattere ostacoli (delle lastre di ghiaccio) la decide chi meglio
interviene di sfascio in zona di convulsione, uno due a tempo, al centro
colpo secco, per il calcio che spacca. L’intercetto del razzo è argomento
per megalomani, quando mira dal cielo rombante. Pesante cala l’energia
d’impatto, e deve essere arginata, assieme al dardo rispedita oltre le
montagne. Mach Breakers è il gameplay del premere il pulsante e del premere
il pulsante. E si dovrebbe adesso dire sull’elemento della ripetizione se lo
stesso non fosse che periferico il trastullo, allorché sia consueto di
irrorare il cuore della sfida ugualmente in assolo e quand’anche Namco,
generosa, realizzi massiccio il multiplayer per quattro. È che a guardare
in dettaglio, è la progressione, l’apnea a rifornire il videogioco del
necessario grado di attrazione virale che occasionalmente affianca l’elite
del coin-op di genere.
La Namco della bidimensione ultima, cui si vorrebbe intitolare una
piazza, una strada, un centro di studi sulle culture parallele la pratica
del collezionismo, è la Namco delle invenzioni stravaganti di costumanza
nippo nappa come body suit in fibre di acrilico e resina-grafite di tessuti
resistenti al ferro, al fuoco, alla forza di gravità. Se il character design
eccelle, il residuo design delibera adeguabili fabbriche di sprites
esultanti a macchia, all’interno di una regione (legione) di colore a
saturazione e fotogramma. Disinvolto avviene lo scambio tra schermi; lo
scorrere, l’avvicinamento della cinepresa grandangolare scatena un
rettangolo di ampiezza e di azioni traboccanti di effetti al flash, episodi
di tridimensionalità, rotazioni che s’incastrano al suono oltre il muro del suono, sino a che vi sia la saldatura uniforme tra
campionamento e rivestimento, cose che Namco sapeva in ugual modo
attrezzarsi su hardware meno capaci. Mach Breakers è l’opportunità di un
videogioco migliore, e risulta assai provvidenziale adesso, nell’istante in
cui il videogioco reclama l’uso di dieci e più tasti ed estensioni di
tasti, venti dita che si incrociano su tasti che a un certo stadio di
culminazione assumono il controllo, così che sia il controller ormai
indipendente e intelligente, con una sua vita di potenziali relazioni di
gran vibrazione a muovere l’umano che spara, a dirgli cosa fare, dove
andare. Messo al bando il joystick Mach Breakers, che ci salverà tutti,
realizza un mondo giapponese denso di esuberanza e Namco.