18 WHEELER: American Pro Trucker
di @Luca Abiusi

Il Nostro cazzo è vecchio. Si è ridotto a guardarsi Gli Eroi del Ghiaccio di notte su History Channel e a fare il tifo per Lisa Kelly, che deve superare la strada della morte del sud mentre che attraversa le Ande senza spotter, se pure stante inquadratura posteriore neanche se il camion oltre che al rimorchio dovesse trainarsi un carrello su cui disporre scimmie equipaggiate di caschi-telecamera, e quando all’improvviso si vedono gli occhi invero meraviglievoli di lei che dice che ha paura di morire poiché se guarda fuori dal finestrino le sembra di rotolare dal ciglio diventa chiaro che questo eroi del ghiaccio è un po’ una questione di frizione, ché dovrebbero rendere al Nostro di come la cinepresa si materializzi in terra, nel luogo in cui non doveva ch’esservi polvere e dove invece vi è una intera troupe che appresta in ufficio di allestimento dei villaggi, caso non voglia di mancarsi il beneficio di esportare la vulva caucasica alle popolazioni indigenti. Camionismo arcade di sostanza, 18 Wheeler, dacché mette in vista questa protagonista che non appena che l’hai vista dici «ma è Lisa Kelly». Vi sarebbero i restanti guidatori-prototipo, ciccione, cowboy e Michael Jackson edizione nigra ma però Lisa Kelly. La ripresa esterna succhia. Si resti nell’abitacolo, così che si può vedere il pendaglio ciondolare, le corna e gli occhiali sul cruscotto, ma pure anche visuali di clamoroso dettaglio allorché si speroni l’autocisterna che ci sta davanti per avvistarne tersi gli adesivi sul di fianco e al tempo scrutare ammirati la vestizione del poligono, di sopra alle strutture a margine.

Poooooot, pfshhhhhh, bopi bopi: il trombeggio, lo sbuffo delle sospensioni. Il maneggio. Sul cabinet, in sala giochi, si percepiva completa la resistenza idraulica in curvatura, il pachidermico sobbalzare sullo stacco dell’asfalto che il conduttore di articolati di sicuro riferirebbe, e nondimeno sul Dreamcast ci si deve contentare dello stick del joypad, che tuttavia fa il suo circa la inclinazione progressiva e scansa, vira brusco in frenata se c’è di evitarsi vetture in contromano o nel caso che si agisca a sbaragliare i casamenti sul bordo, in attività di ingrassamento dei punteggi. L’ambiente risponde. Cede i pezzi. Il container a zona Dallas richiede di essere spianato in accordo al binario alternativo, il bivio che 18 Wheeler rende alla tratta a mezzo diversione e in corso di abbreviazione, sempre che si riesca a tagliare la zona residenziale e a beccarsi il furgone dei tre secondi extra. Si provvede a istruire il rivale. L’autocarro guastatore che irrompe a recare danno, ostacolare la traccia disonesto. Lo si può usare a Nostro vantaggio, dopotutto, allineandovisi in ordine all’effetto slipstream – la scia che produce l’accelerazione: l’avrebbero poi reintrodotto in OutRun 2 SP – a esercitare il diritto di sorpasso e piuttosto a speculare sul decimo di secondo che dio volendo istraderà l’accesso al periodo successivo.

Qualcuno tiri fuori il lacrimatorio, ché arriva il tornado. Sciccheria non che colpo di genio. E si deve oltretutto preservare gli uscenti fiotti che se no si rischia di obliare di cosa poteva fare la Sega dello sviluppo Naomi degli anni ’Dreamcast nel momento in cui non vi era scheda che si potesse arrogare più manifesta l’avvenenza, in rapporto al conteggio poligonale e in supporto del lavoro di manifattura del programmatore, la cui funzione, in Sega – nemmanco Am2, che per la conversione non viene direttamente interrogata – era ancora di portare avanti l’idea del videogioco per arcade e di estirparvi il sentimento, il “fattore S” per cui sacrificare mogli e carriere. Cinque scenari possono bastare, purché non si indulga all’uso compulsivo delle continue. La bagarre è serrata sul grado del semiprofessionismo da sala e si diventa altressì immuni alla vessazione del disequilibrio, benché sia oltremodo ovvio di quanto Sega si trastulli nel prefigurare questi improvvisati camionisti piantarsi a un pixel dal traguardo perché colpevoli di avere cannato il rifornimento in secondi, e sempre a vantaggio di un rivale che trae guadagno dal buttare fuori strada, dallo sbarrare la strada. Il giuoco in due è previsto, ma sconsigliato. Non che lo split screen ammorbi l’intrastruttura o ne comprometta l’intarsio in modo significativo. È la ripartizione in sé a malfunzionare, e quindi a decidere di nuocere alla visibilità delle cose. Ci vuole che il Trinitron realizzi a pieno schermo e solo allora si potrà essere Lisa Kelly, a vivere le avventure delle americhe e dei tir, a traversare la strada della morte del sud.









 

  Piattaforma Dreamcast
  Titolo 18 Wheeler: American Pro Trucker - エイティーン・ホイーラー -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 2000
  N. Giocatori 1/2
  Produttore Sega
  Sviluppatore Sega AM2
  Designers Eitaro Ariyoshi, Nobuko Kino, Tomohiko Koyama, Daisuke Miyahara [....]
  Compositori Tomoya Koga, Keisuke Tsukahara
  Sito Web www.sega.co.jp
  Sist. di controllo Analogico - Joypad
  Numero tasti 4
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling 3D scaling
  Formato GD-Rom
  Numero supporti 1
  Compatibilità NTSC-J [] NTSC-U/C [No] PAL [No]
  Genere Racing
  Rarità
  Quotazione 40 - 50 €
  OST No

  In quanto coin-op di matrice Naomi, 18 Wheeler: American Pro Trucker è tradotto su Dreamcast in modo consequente. Viene invero a mancare la immagine panoramica della mappa, riusata adesso come sfondo al menu delle opzioni, e inoltre il quinto camionista, Nihon Maru, è inizialmente inibito e quindi reso in forma di contenuto sbloccabile. Il comparto modalità prevede sette voci, quattro delle quali (arcade, parking, score attack, versus) deputate al gioco attivo. Interessante il parking mode, che è altresì possibile affrontare in arcade previa acquisizione di un bonus, con cui si deve condurre il furgonato all’intero di un’area di transito a curva stretta fino al posizionamento sui rettangoli di parcheggio. Nel 2001, dopo averne acquisiti i diritti, Acclaim porta il titolo su PlayStation 2. La traslazione è riuscita e grossomodo ripropone gameplay e tecniche del versante Dreamcast, per quanto si ravvisi certa perdita di definizione sui rivestimenti in bitmap. In compenso, il titolo potrà fare uso del volante. Nel 2002 la stessa Acclaim rilascia la versione Gamecube. Del coin-op si rilevano due varianti: una “cockpit”, che riproduce in plastiche l’interno del veicolo, e una regolare, ma ugualmente fornita di sedile.