Si
poteva discutere il discorso del Duce in essere, svisato in quest’irregolare
guscio del mezzo relativamente non giapponese, smunto, anti-industriale, sobrio
indóve nello scorrere degli alieni si corse a meccanizzare le scocche, ma di suo
Redux
indaga argomenti di implacabile restaurazione su facoltà del fatto che assolutamente
rilancia il design dei ricognitori spaziali della Irem, facendo
poi leva sulla cosa di sapere che potrebbe essere più R-Type lui di un qualsiasi
altro scrutatore di pod roteanti e trafori di bracci – hai capito bravo: lo
stretto in cui muovi in mezzo le due estensioni-robot – dietro uscente dalle
fabbriche della clonazione degli shooters ’80; Redux: Dark Matters,
abbastanza uguale a Dux, è diverso da Dux per il completo sovrastare le manovre
di attacco del predetto sparammazza.
All’arrivare del
quadro arrivi a concludere che questo è un quasi sequel; vedi che dietro
lo scrolling marcano presenza pareti parallele che prima non si era in grado di
avvistare in quanto a residenza in un generico blocco di RAM in attesa di essere
utilizzate in Redux, il quale è come si stava dicendo un potenziamento
funzionante con 512k di espansione da inserire nell’apposito slot posizionato
sotto l’Amiga 500, e si deve riscontrare programmazione seria dietro (dentro) la
mente espansa a 2MB di René Helwig, programmatore virtuoso cui il soaking
system del precedente episodio Master System aveva convinto per un 72% e non
di più visto che adesso oltreché assimilare il proiettile si fa consumo di un
sistema di lock-on a tempo che rende scorrevole la distruzione bilaterale dietro
pressione, per cui il singolo tasto rosso del joystick dell’Amiga non basta.
Munirsi di un joypad Dreamcast. Si inserisca adesso la presa joypad del
Dreamcast nell’ingresso a 9 pin dell’Amiga 500. Non dovesse entrare, munirsi di
una buona saldatrice e unire i contatti. Non si era vista mai una grafica così
su di un sistema OCS. Ma se è per questo nemmeno su di una console di recente
invenzione qual è il Dreamcast si è ancora osservati uguali ondulamenti di fiumi
acidi al secondo quadro, all’interno del complesso spaziale preistorico dove il colore si estende fino a 4096 tonalità in
HAM Mode.
Si è con gli anni maturata la fissazione per
Wimbledon. Non il torneo, il film. Quello con Paul Bettany che alla fine
vince. Il fatto è che il verde del film trasferisce a Nostrum quel non so
che di brillantezza che lo premunisce di uno stato di empatia anche rispetto
allo stesso insignificante regista, che nemmeno si vuol sapere chi è. Poi si
è sviluppata un’ossessione per Il Giardino Segreto. Non il cumulo di
sterpaglia rinvenibile sotto casa dal quale una volta entrato non fai
ritorno ma il film. Quello del ’93 in cui alla fine il bambino guarisce, e
Paul Bettany vince. Sarà a causa della preponderanza di verde o per via
della colonna sonora che Nostrum rammenta essere fiorente e fornita di
verde. Redux doveva contenere più verde ma nonostante questo suo grave
limite il videogioco può affidarsi alla contribuzione talentuosa del
compositore Andre Neumann, che offre il remix del già notevole soundtrack
del precedente episodio a 7 bit; il suono fornito risulta chiaro, ripulito
delle escoriazioni che il microprocessore audio a 9.5 bit dell’Amiga
usualmente impone a condizione di compromesso, e se anzi il titolo fosse
stato su CD-Rom tutti avrebbero detto che «è questa la colonna sonora che il
videogioco a supporto ottico dovrebbe cantare almeno una volta nel suo ciclo
di esistenza». Solo che il gioco risiede su musicassetta Maxell UR90. Il
formato non risulta compatibile col registratore del Commodore 64, sicché
per poter giocare a Redux l’eventuale acquirente dovrà prima recuperare il
costosissimo lettore Amiga compatibile, o in alternativa prendersi la Redux
Ultra Limited Edition che Hucast ha immesso in bundle col datassette a
12.000 euri.