Nel mentre
Reshoot R era nelle sue fasi di ultimo sviluppo, e visto che ne stavamo
seguendo la realizzazione grazie a diverse fonti di “retronews” vigenti in rete,
si è chiesta al suo creatore Richard Löwenstein disponibilità per una eventuale
intervista, da che si era rimasti abbagliati dalla demo di questo sequel di
Reshoot, notevole “survival shoot ’em up” del 2016. Da premettere, manco se ce ne
fosse bisogno, che si sta parlando di un signor game designer... PF:
Vorremmo che ci raccontassi come sei arrivato a
realizzare Reshoot e Reshoot R, e cosa ti ha spinto a sviluppare per una
macchina fuori produzione da quasi trent’anni...
Richard:
Per farla breve: a fine anni ’80 stavo lavorando a uno
shoot ’em up per Amiga che, per assecondare la mia carriera di
“giornalista videoludico”, finii per accantonare verso il ’91. Non era
esattamente il momento migliore per pensare alla programmazione. Molto più
tardi, ovvero quattro anni fa, decisi di riesumare la mia collezione di
videogiochi Amiga che avevo riposto nel 1996, e con essa i dischi di sviluppo
dello shooter che avevo abbandonato. Nel frattempo era nata mia figlia, che di
notte piangeva come gran parte dei neonati, e dovevo darle da mangiare. Solo che
dopo mi era difficile tornare a dormire. Quindi, visto che non riuscivo a
prendere sonno, rimisi mano a quel vecchio progetto del ’91. Che poi sarebbe
diventato Reshoot.
PF:
Ci parleresti delle tue precedenti esperienze di programmazione, in particolare
della versione Commodore 64 di Persian Gulf Inferno?
Richard:
Imparai a programmare su calcolatore
TI-99/4A, per passare poco
tempo dopo al Commodore 64.
Su quest’ultimo riuscii a sviluppare piuttosto rapidamente alcuni titoli, che
vennero in seguito pubblicati come insert delle riviste
64er ed Happy
Computer. Tali opportunità mi
consentirono di professionalizzare la mia carriera: fui contattato da
Telecomsoft, Magic Bytes e altre software house per le quali mi occupai di
Twinky Goes Hiking, nonché
del port Commodore 64 di Persian Gulf Inferno.
PF:
Si è soliti operare distinzione tra gli sparatutto di stampo giapponese e quelli
europei. A quale “corrente” ti sei ispirato per i due Reshoot? Ci è sembrato di
cogliere influenze, in principal modo per Reshoot R, rispetto ai lavori di
Stavros Fasoulas (Delta) come agli shoot ’em up della Konami (Gradius e
Salamander)...
Richard:
Esattamente. Adoro la
combinazione tra ottima grafica e gameplay fluido. Sul mio Commodore 64 amavo
giocare a Delta e
Nemesis (Gradius),
e in seguito ad Hybris
e Silkworm su Amiga.
Tuttavia i miei shmup preferiti in assoluto per sistemi domestici restano
Thunder Force IV e
Last Resort. Che sono i titoli
da cui ho tratto ispirazione per Reshoot R.
Persian Gulf Inferno -
Commodore 64, 1990 |
|
Reshoot -
Amiga, 2016 |
PF:
Ci diresti qualcosa circa i tempi di sviluppo di Reshoot e Reshoot R, e su quali
siano stati i maggiori ostacoli che hai dovuto aggirare in fase di
programmazione? Hai scritto in Assembly?
Richard:
Se
Reshoot ha richiesto
circa un anno, per fare in modo che Reshoot R
rispondesse alla mia visione iniziale ce ne sono voluti tre. L’obiettivo era
di trasformare quest’ultimo in un’esperienza di gioco assai fluida. Quindi, ho
deciso di ancorare il framerate a 50 Hertz e creare una struttura che risultasse
intuitiva, diversificata e allo stesso tempo gradevole alla vista. Dovevo
riuscire a muovere grafiche raramente osservate su Amiga, e per renderlo
possibile su CD32 e Amiga 1200 inespansi devi spremere ogni singolo bit e ciclo
di calcolo della cpu. Di conseguenza, è tutto stato scritto in Assembly.
Auspico che il pubblico ne ricaverà un gioco di valore.
PF:
Rimanendo sul tema Reshoot R, ti sei avvalso di qualche forma di collaborazione
o hai programmato l’intero codice in assolo?
Richard:
Ho direttamente curato
game deisgn, codice e produzione. Mi è capitato di accettare alcuni
suggerimenti dalla “community” nei momenti di blocco creativo. Prima mi hai
chiesto dei problemi che ho dovuto affrontare. Beh, ce ne sono stati diversi.
Per prima cosa, strutturare un progetto così ambizioso è difficile, e far girare
il gioco correttamente sugli Amiga di fascia alta si è rivelato più problematico
di quanto auspicassi. Riesci a credere che solo tre mesi prima della sua uscita
Reshoot R funzionasse
senza intoppi su CD32, ma soffriva di flicker su di un Amiga 1200 espanso
a 68060? Scoprirne le ragioni e sviluppare soluzioni, in alcuni giorni, si è
rivelato un incubo.
PF:
Ci piacerebbe saperne di più sul soundtrack di Reshoot R, e su chi si cela
dietro i nomi “Altraz” e “d4XX”. Hai fornito contributo anche per il sound?
Reshoot R: boss
trasformatore, col cielo in stile Thunder Force IV. |
|
Reshoot R: i
fasci di fuoco si allineano allo scrolling in un moto prospettico. |
Richard:
Martin Ahman
è l’uomo dietro la colonna sonora e gran parte degli effetti. Il mio contributo
si è limitato a una manciata di suoni aggiuntivi e a qualche suggerimento; dopo
aver ascoltato il tema principale di Martin per circa 3400 volte senza che le
orecchie mi cominciassero a sanguinare, ho capito che era sintomo di “earworm” –
canzone che non se ne va più dalla testa –, ragion per cui gli ho chiesto
se vi fosse la possibilità di produrne un soundtrack ufficiale. In risposta, lui
ha chiamato a raccolta alcuni suoi amici. E questo è quanto.
PF:
Patreon a parte, ti sei autoprodotto? Hai mai pensato di rivolgerti a
Kickstarter?
Richard:
Sì, ci ho pensato. Ma ho
deciso altrimenti poiché avrebbe implicato una condizione di stress e
responsabilità. Ho preferito assumermi tutti i rischi del caso e autofinanziarmi, per lavorare
nella massima libertà creativa.
PF:
Dopo Reshoot R continuerai a sviluppare su Amiga? Se sì, stai già pensando a
qualcosa di nuovo?
Richard:
Sì, intendo farlo. Il
motore grafico di Reshoot
è ormai completamente ultimato e performante. Sarebbe un peccato non utilizzarlo
per altri giochi. Ma è prematuro parlarne adesso.
PF:
In chiusura, ci diresti quali siano state, a tuo avviso, le piattaforme
videoludiche più influenti del secolo scorso, ed eventualmente perché?
Richard:
Il
Commodore 64, per quanto mi riguarda.
Più in generale, direi il Game Boy,
poiché ha aperto il gaming a un largo bacino di utenza.
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Intervista realizzata il 12/06/2019
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