Master
System no. C’era il Nes che trainava di più. Sul Saturn era una conversione. Per
Dreamcast fu annunciato, ma poi niente. Il Castlevania dei sistemi Sega è
Vampire Killer, Novantaquattro, e
basta. E può bastare, nel nome di Michiru Yamane, che quando si appresta il secondo
livello sale in cielo, la meravigliosa Michiru, con le tastiere che fanno rivivere i
morti. Vampire KIller è un Castlevania anomalo. Ti fa scegliere il personaggio fra due, e per
una volta non si tratta di membri della famiglia Belmont. Vi è di mezzo una contessa dai
capelli verdi, Elizabeth Bartley, e un sortilegio per ridestare Dracula, troppo a lungo
dimenticato. Eric Lecarde è un assoluto mito. Brandisce la lancia Eric cavaliere, e
quando sta fermo gli si vede il mantello ondulare al vento, pure negli interni. Più
tradizionale l’equipaggiamento di Johnny Morris, che si affida alla frusta dei Belmont, lui
che nella rimessa del suo range in Texas di fruste e lacci ne possiede a
casse. È affidato
a loro il destino dell’umanità. Ridimensionare: è chiesto loro di preservare la
Transilvania. Ridimensionare: i due vogliono Elisabeth, e pur di
conquistarla sfidano il principe
delle tenebre.
Vampire Killer, come
Contra: Hard Corps, si affida anima e
silicio al Mega Drive; aggirando per dunque i rischi del
port
diretto Konami introduce l’esclusiva a modo di omaggio al classico, ma
egualmente in funzione di uno sguardo riversibile sul lato delle armi, e di
chi le impugna. Lo si dica: la Alcarde Spear di Eric
Lecarde è un qualcosa di innovativo, che ti modifica in modo rilevante il modus di
rastrellamento dello zombie – che adesso, al contrario degli episodi Nintendo, va in pezzi e
mostra le interiora – e di conquista della piattaforma sovrastante, che può essere
raggiunta dalla mossa speciale del salto con l’asta. Con tutto il rispetto per Mr. Morris,
è Lecard il protagonista. Con la sua lancia punta in diagonale – lo fa anche Morris, ma
solo in abbinamento al salto – a enfatizzare una azione evidentemente devota al passato ma
altrettanto rivolta alle estrosità delle nuove generazioni di ammazzavampiri
e guarda caso, le edizioni Pal di Vampire Killer acquisteranno il sottotitolo
“The New Generation”.
Ma invero non si dovrà chiedere a codesto Castlevania il level design
di un certo episodio PC Engine né l’indole creativa dei migliori
esponenti nintendari, contuttoché la natura del gameplay finisca per
rimandare ai volumi classici, a rivendicarne i movimenti di affinità arcade, eppure
l’eventuale componente esplorativa avrebbe
possibilmente contrastato quest’impostazione di volontà linearista,
costumista. Discreta la sedimentazione del livello di difficoltà intorno a
standard di resistenza medio-alti, verso i mostri che cercano di elevare la sfida e nelle
“continue” contate, ché se vuoi finirti il gioco devi per forza imparare a sopravvivere
all’orda di non morti.
Vi è invero un sistema di accesso via password, per
ricominciare dal livello appena conquistato, ma è così scomodo che è probabilmente
più comodo finirsi il gioco tutto in una volta. Notevole, il Castlevania del
Mega Drive. Graficamente non così
inferiore a un Super Castlevania IV se
non per una tecnica meno incline all’uso di effetti visuali, visto che
vengono generalmente a mancare le rotazioni di sprite – sebbene ve ne
siano anche, presso la Torre di Pisa – che tanto
realizzarono la maestosità dei mostri finali verso il ’91, l’opera Konami si
concede l’inserimento
dei mid-boss e l’introduzione delle gemme, che vanno a sostituire i cuori dei precedenti
episodi. Tra le armi speciali vi è l’innesto del boomerang. Si tende ad approvare, a
preservare codesto Castlevania ritardatario ma non rinunciatario, non parassitario.
Risplende di luce propria, Vampire Killer. Quando gli scheletri iniziano a
fare il tiro al bersaglio coi loro teschi si capisce come si sia altresì considerato il saltuario umorismo, per
compensare il sangue che scorre copioso e senza censure in Nord
America – la forbice avrebbe
multilato in modo pesante l’edizione europea – e territori australiani. I colori sono vivi. I rossi e i blu si alternano ai verdi e le trasparenze
abbondano al quadro delle rovine di Atlantide, quello della Michiru che ascende, sempre
lo stesso, specchio d’acqua sinuoso che riflette, luoghi di
immaginazione e di lontananza che prendono a muoversi uguagliando più volte
i requisiti di eccellenza della Treasure di Gunstar Heroes,
di Alien Soldier, e non è che fosse così
semplice. Non tradisce le attese, Vampire Killer. Che non è
Dracula X: Chi no Rondo, e che tuttavia
rientra nei rari episodi in cui una saga di provenienza Nintendo riesce a divenire di culto pure
sul Mega Drive.