Nel
2000 si poteva anche pensare di realizzare il sequel di
GoldenEye ma si sarebbe corso il rischio di dover
finire in pareggio tra costi di produzione e diritti d’autore da versare a EON
Production, per questo Rareware disse che era più conveniente organizzare omicidio
in prima persona non completamente come si era abituati a intenderlo e
di chiamarlo Perfect Dark, ma con una donna, in quanto vi era l’esigenza di
modificare il genere dall’interno verso un lavoro di programmazione esteriore nei confronti della
clonazione di Doom
e della corrente di pensiero pc compatibile che vi derivasse; va bene
che v’erano preesistenti accordi tra Nintendo e Rare, ma va ulteriormente bene
che un uccisore qual era Perfect Dark uccidesse per il Nintendo 64, la
console che se per miracolo riuscivi a capire ti rispondeva con un Sin and
Punishment, con un Conker’s Bad Fur Day, con un Bangai-O per competere quasi ad
armi pari coi videogiochi PlayStation 2 di prima generazione. Si vedono i fori
dei proiettili. Se spari ai vetri, li si vede frantumarsi e compiacere il
fattore gravità.
Si respira quest’aria di spy movie che
sa intrufolarsi nello shooter kafkiano. In modo impercettibile, sotto mimetizzazione
il film concepito da Rare diventa videogioco di cooperazione attiva, di
puntamento rapido e cambio di caricatore a trasmettere l’esaltazione ma con
un determinato stile: Joanna Dark rivendica i parametri
dello sparo a trecentosessanta, difficoltà saltuarie nel conseguire la
porzione del tasto direzionale a destra, può succedere di incepparsi eppure
è utile concentrarsi sulla modalità “Solo Missions”,
che prevede diciassette missioni suddivise in obiettivi da terminare su
scarto percentile. L’opzione del livello di difficoltà comporta la
diminuzione e il rincaro eventuale degli obiettivi suddetti e tuttavia non
realizza l’unico cambiamento avvisabile in “Agent Mode”, dove l’intelligenza
artificiale della cpu ritorna media, o in assetti “Special Agent” e
“Perfect Agent”, in cui si inizia ad avvertire evidente il perfezionamento delle
abilità nemiche, che forzeranno a pronunziare la singola azione col bisturi. Il filo conduttore di Perfect Dark, pur non rinnegando
la centralità della sparatoria, si configura dietro il sovraccarico
funzionale dell’ambiente, in misura di riferimento collaterale in quanto a
ferimento di civili o coinvolgimento di qualsiasi elemento estraneo alla
corrente missione. Il gioco è seducente. Ci si muove in questi spazi adesso
chiusi sovente alieni e sembra di passar sopra i precedenti limiti dello shooter
in prima persona leggeri leggeri alla maniera di Joanna, che starà entro i
46 chilogrammi.
Si produce contesto fantascientifico di alto
livello concettuale. Ben più di cento azioni di evasione e di offesa si
piegano a un idea di gameplay in definitiva mutazione e succede di scortare un
qualche diplomatico e di preservare la sicurezza di una sala convegni come
anticamera del corridoio che disorienta, presso i laboratori, per fotografare prove di
natura sensibile, di utilizzare fluttuanti droni che dirigano all’interno di aree apparentemente
inespugnabili, di mirare a un
nemico con fucili di alta precisione, di recuperare alieni in fase di vivisezione e lo
si dovrà fare poiché si è macchine
infallibili (e sacrificabili) allor quando la sparatoria avanza e il realismo delle azioni
proietta verso la fisica d’impatto, coi nemici che reagiscono al dolore
contorcendosi in un rapporto di causa effetto
chiaramente cinematico. Se ciò non bastasse, la notevole modalità
“Cooperative”,
che è solo la punta di un gigantesco iceberg consacrato alle modalità in multiplayer, consente di affrontare
le missioni per intere affiancati da un compagno umano con quanto ne
pervenga in mansione di strategie di copertura, atti di sabotaggio combinato.
La questione tecnica racconta di visuali concedenti situazioni di imbarazzo
nella gestione di più di quattro replicanti a schermo, ma anche allude a un
motore in 3D che è un carro armato capace di smuovere il migliaio di
poligoni rifiniti di texture in alta risoluzione – si rileva per questo
obbligatorio l’uso dell’Expansion Pack di 4 MB nelle diverse frazioni di
gioco cooperativo – assai meglio che in GoldenEye
per disponenti luoghi di spasmodica prospettiva angolare, riflettenti,
ombreggianti e in trasparenza. Il suono si comporta uguale al sottofondo di
un film di spie diretto da Brian De Palma nel 1996 che si chiamava Mission:
Impossible; avviene un aumento improvviso di velocità dell’accompagnamento
che rimarca i movimenti più stealth, e che accentua il ripiegamento
con fuga. Dovrebbero in effetti pensare a come rendere Perfect Dark su
pellicola, ma alla fine ci contenteremo di una partita al videogioco. Purché
non sia la versione XBOX 360, ché Noi vogliamo vedere i rallentamenti.