Era
necessario che Link incontrasse Navi, la fatina buona, e che entrambi vivessero
le incredibili avventure di cui si sarebbe enunziato negli anni a venire, la
cosiddetta storia di Link che sfida le forze oscure per salvare Zelda, e del
potere incontrastabile «che si sarebbe levato attraverso gli universi, di fuori
della cognizione terrena, nel luogo in cui la realtà è solamente un miraggio».
Sarà Nostro privilegio seguire Link oltre gli sbarramenti del tempo. Lo
conosceremo da infante e poi da adulto. E lo vedremo infine diventare l’eroe
della antica profezia tramandata da Deku, l’albero parlante protettore del
regno. The Legend of Zelda: Ocarina of Time descrive il
paradosso dello spaziotempo ispirandosi ai primi manufatti zeldiani del
Nes e a fiabe di fine ’800 sul genere di The Light Princess, e
contrassegna l’arte minore del videogioco come l’inizio di un nuovo tipo di
cultura dell’immagine.
Si racconta della foresta di
Kokiri, di una casa sull’albero, e
dell’elfo maestro d’ascia che insegna a Link i rudimenti del combattimento
con la spada; appena dopo al valico attende un cattivo di nome Mido che
non vede l’ora di indagare l’abilità del nostro, e se tutto va come
deve andare, e non vediamo perché non dovrebbe, il seguente duello
conseguirà il virtuoso cambio volante di cinepresa e la perfezione di questo
sistema di controllo che consente di selezionare e quindi utilizzare gli oggetti
in alternanza, di performare
magie e nonché di agire sul posizionamento dello scudo (tasto R) o sulla
direzione dell’arco; le azioni fondamentali vengono eseguite dal tasto B,
con cui Link attacca il nemico direttamente per realizzare alla pressione
l’iconica mossa della spada rotante. Eppure, assumendo che un tale esercizio
non pervenga comunque efficace allo scontro ravvicinato, vi consegue una quantità di
creature da affrontare a mezzo di tecniche sintetizzabili a occorrenza di
combinazione. Ancora, i cattivi mutano di comportamento in funzione dello
stato temporale acquisito: se allora un Link bambino si troverà ad
annientare schiere di piccoli scheletri adoperando il fendente alla testa,
nella medesima zona un Link adulto dovrà fronteggiare una versione
notevolmente più ostile delle creature stesse. Nulla è lasciato al caso in
Ocarina of Time, e lo si avverte progredendo.
Se il determinismo temporale influisce sulla consistenza dei
nemici, lo stesso accade con tutti i restanti personaggi. Si avrà modo di
sondarne le attitudini dal periodo prepubescente cogliendone modificazione
durante il passaggio alla maturità, e sa essere significativo in tal senso
il destriero Epona, che al mutare delle stagioni si lascerà anche cavalcare,
ma solo diversi anni dopo la sua comparsa. Il continuo regredire e
dilatarsi del tempo crea l’ambiente di gioco interessante nella misura della
sua frazione più romantica, ma ugualmente incisivo risulta essere il
gameplay al vaglio dello sterminato territorio di acquisto. Suonare l’ocarina
cagiona il mutamento dalla notte al
giorno. E il suo canto sa contrastare l’attacco di una armata di spettri che, al
sorgere del sole, svanirà come un incubo al risveglio: indubbiamente, in Ocarina
of Time la variabile del suono sancisce uno stato di evocazione mistica, e
fintanto che il pathos continua ad avanzare e la sequenza del gameplay a
diventare un’esecuzione da orchestra pursempre a seguito di una minima
ricognizione di tasti, il videogioco conserverà la costante di canzone lieve
che d’un tratto tramuta in folgore, spaccando tutte le esistenti nozioni di
ruolismo itinerante. L’ocarina, l’oggetto verso cui la sceneggiatura presta
assegnamento, è la chiave di accesso al tempio del tempo. L’oggetto,
inoltre, verrà utilizzato come richiamo di
Epona, che sovente si allontana a osservare territori che prima gli erano
sembrati in pixel, ma che adesso gli accadono diversi, anche se non
completamente. Le risorse del Nintendo 64 risultano ottimizzate in modo
strategico per rendere Hyrule più lucente di quanto lo sia mai stata, ma non
meno per restituire una visione poligonale che sia ancora in debito con la
tradizione icastica delle due dimensioni. Ocarina of Time, fulgido esempio della
poetica di Nintendo, è il veicolo di una condizione di smarrimento nella quale il
mondo, così come lo percepiamo, smette di esistere.