Da
esperimento condotto dal Massachusetts Institute of Technology circa i fattori
di incidenza di una scimmia adulta davanti all’uso manuale di un oggetto
composito di quattro tasti interconnesso al videogioco “Fifa17”, il quale
risultava per l’occasione riprodotto su di un pannello ad alta definizione di 50
pollici, si è registrata sulla linea di tracciatura cerebrale del suddetto
primate un picco di inattività recidivante, e questo sebbene questi presentasse
in fase di esperimento una inattesa abilità di costruzione della manovra; di
fatto, la scimmia continuava ad accusare una condizione di demenza psicomotoria
anche a distanza di settantadue ore dall’esposizione. Il gruppo di scienziati
preposto, quindi, accantonate le ipotesi sull’esistenza di una generazione di
scimmie superdotate e di una contestuale contaminazione genetica sul campione di
ricerca è arrivato a concludere che Fifa17 è videogioco scientificamente
concepito per il videogiocatore medio. E per dunque sì, si può immaginare la
reazione di voi emeriti coglioni di IGN e compagnia al sofisticatissimo Dino
Dini’s Kick Off Revival, lì sgomenti con la bocca spalancata e i bonghi a
intonare unanimi “uh uh uh uh, banana”.
Sir
Dino Dini presenta domanda di revisionamento della branca balistica
comportamentale forense applicabile al calcio. La zona d’impatto col pallone e
la sistemica implementazione delle fuoriuscenti curve fanno capo, in Kick Off
Revival, a una serie di routine attraverso le quali la sfera dovrà
determinare velocità rispetto all’atto di collisione in azione di annullamento
dei tempi di latenza; a seguito di questo principio di causalità verticale che
aveva realizzato le fondamenta di
Kick Off 2 e dello stesso
Goal! il tiro
avviene allo sfioramento del tasto – dell’unico tasto previsto: la “X” – sotto
stregua d’anticipazione del tempo dacché il tempo, in Revival, è l’unica unità
di misura possibile. Esiste eventualità di sciabolata tesa, di sciabolata
morbida, di fucilata dal limite dell’area. Il videogioco, che non è esattamente
un videogioco ma bensì un trattato d’ingegneria dinamica della propulsione degli
oggetti da pensare a middleware di sviluppo a sé stante e commutare a modo di
manuale universale della programmazione tridimensionale e bidimensionale impone,
a risma d’ingresso, che l’utenza eventuale sia predisposta a piegare,
letteralmente piegare la curva di apprendimento standard istruita dal
programmatore come minima misura di sopravvivenza. Revival esiste per esaudire i
desideri di una ristretta cerchia di eletti. Arriva quando sono andati
via quasi tutti per quindi iniziare a insegnare alla platea dei restanti i rudimenti del
videogioco del calcio filosoficamente perfetto, lo stesso a cui la sterminata
quanto scimmiesca utenza ’17 mai potrà ambire.
La ripartizione extradiagonale delle traiettorie.
Il controllo di palla. Lo stop a seguire. Lo spostamento analogico progressivo
del calciatore che confluisce alla trackball di
Tehkan World Cup. Il pallonetto.
L’aftertouch. L’effetto parabolico. Il passaggio a imbeccata rapida e di grazia
l’estremo deflusso di variabilità del meccanismo di fraseggio spingono
attraverso e anche oltre certe soluzioni di smarcamento – con tanto d’appendice
di apertura (e copertura) trasversale del campo in forma di lancio di profondità
– determinando almeno un centinaio di soluzioni di gioco potenzialmente
efficaci; si rimane in Kick Off Revival assolutamente esterni all’applicazione
degli algoritmi di ritornanza interni agli innominabili di EA Sports e Konami, e
per cui sembra di poter leggere le linee del codice unity e di rilevarne
l’estrema pulizia, e di realizzarne oltremodo la marziale fluenza innanzi al
rimbalzo seguente una punizione calciata da trenta metri “alla pirlo”, con la
palla che s’impenna e si abbassa all’improvviso insaccandosi (movimento netto
dello stick a frusta, su e giù veloce) gonfiando la rete. Si denota di
quest’ultima la complessa deformazione particellare. Ammirati si osserva il
reticolo scuotersi al vento, e il sentore di quando la palla divelle il sacco è
sinceramente equiparabile a uno spasmo da penetrazione. La palla, piuttosto, non
resta attaccata al pupazzo. Ma questo lo si dovrebbe già sapere. Le grafiche
risultano eccelse: per quanto il manto erboso sovvenga di un unico tessuto a
rigatura orizzontale – ma ne verranno introdotti di ulteriori – la saturazione
del verde è tale da rinfrancare il visus in contrasto con gli spalti che fanno
molto stadio inglese, molto “you’ll never walk alone”. Che è quanto si vorrebbe
cantare a Dino Dini, eroe solitario del nostro tempo.