Dipendesse
da Noi, e se solo l’affermarsi molto vaporware del videogioco scaricabile
non avesse compromesso l’esistenza dell’oggetto fisico, il settore intero del
corsista giovanile dedito al giravoltaggio del mezzo finirebbe sigillato a
volteggiare nello
spazio assai prima di passare al vaglio del consumatore, e si coglierebbe
inoltre l’occasione di riservare un settore intero del razzo-arca
al disgustoso seguito di Filistei generato da Minecraft – tre quarti della
popolazione mondiale – tanto per non mancare l’occasione di guardare codesti
insignificanti omini allontanarsi dalla superficie terrestre mentre si è intenti
a ripopolarla attraverso l’utero delle loro mogli, che feconderebbero in
vitro una stirpe millenaria di illuminati capace di interfacciarsi a livello
neuronico con un milione di Commodore 64 collegati in serie uno sopra l’altro
all’interno di un palazzo di mille piani, una fitta rete di cavi che dall’alto
penetri la carne a esercitare il controllo dell’umanità. Espletato ciò, potremmo
finalmente pensare a Horizon Chase.
Da che hanno introdotto l’Nvidia
Shield Android TV (sistema d’impegno sociale, dimensioni estremamente
ridotte, led verde d’accensione sintomo di potenza) il discreto giochino di
corse per cellulari della Aquiris del 2015 s’è trasformato in un racing game
fuoriserie circa la sua ergonomia di guida – il joypad dello Shield, sensibile
come nessuno, lo spiegheremo a quelli che concepirono il Dual Shock 4 – e
riguardo anche la sua
possibilità estrema di accelerazione in HD oltre il muro delle 88 miglia
all’ora, dopo aver sbloccato la DeLorean ed essersi con essa conquistata la
facoltà di ritornare indietro al 1986 nei luoghi del cabinet
rosso-Ferrari, quello col manubrio che vibra; la curvatura (del tempo) a
velocità warp usa smistare le macchine al limite dell’asfalto sul solco di
strisce a slittamento continuativo in zona Abu Dhabi, a modo d’esasperazione
della fase di controsterzo, e si prova una sensazione di pressione, si sente
l’odore della gomma bruciata durante la spinta del turbo quando si rade il
fianco dell’auto e non si rallenta: si rimbalza. La collisione professionale,
elemento organico al gameplay, diventa altressì contromisura del fuoripista
allorché lanciati verso il margine di tornanti le cui vie di fuga siano sbarrate
da traversanti macchine, e non v’è nulla nell’opera di Aquiris che appaghi più
di una vittoria conseguita entro i duecento metri finali sfruttando il fattore
resistenziale di un’auto che accosta. La benzina finisce. Si posiziona in
ossequio al fatto un numero variabile di taniche di rifornimento da centrare al
volo, come al volo si dovranno in rotazione acquisire i crediti-esperienza,
utili a rivelare i bonus.
Si opziona grafiche tridimensionali a inchiostri
bidimensionali perché non vi era altra direzione che rendesse autentico in tal
forma il corsismo Suzuki ’80 su questi super processori moderni a elaborazione
quad core; la contigua misura di variazione della luce e delle sue sorgenti
scuote presto il sentimento avventuroso rimasto in Noi dormiente per sì tanti
lunghissimi giorni e ci sprona a instaurare un canale di comunicazione diretto
col programma di Aquiris, e vorremmo chiedere tante cose al programma, cosa fa
quando i suoi codici vengono elaborati dalla cpu, se è contento di sapere che il
pilota gioisce del suo scritto immisurabile virtuoso, se parla se cammina, se ha
una vita sociale o naviga su facebook, se ha progetti per il futuro e mai
oseremmo di fargli notare le occasionali disfunzioni del suo sitema di
collisione, qualche tessitura che sovrappone quando non dovrebbe tant’è il
rispetto che gli si corrisponde per aver consegnato agli uomini una così
funzionante sintesi del videogioco di corse detto “arcade” anche nella
valutazione dei tempi di completamento delle percorrenze a sezioni multiple,
dove il programma introduce piste extra, automobili Lamborghini promozionali,
miglioramenti del motore. Si dice
Barry Leitch. Già artefice delle memorabili
colonne sonore di Lotus Turbo Challenge 2 e Top Gear, il musicista, da vent’anni
preso nella ricerca del suono sintetico assoluto realizza una traccia di
cognizione tastierista tale da condurre a suoni che diventino un riporto di
campioni a otto bit al tempo rimasti fuori della ram di Amiga, in un dischetto,
nell’attesa del loro momento. Di questo momento. Horizon Chase è l’idea corsista
del ventesimo secolo che prende coscienza di sé: il genere, sovraccarico di
prodotti annacquati quanto i cerebri dei contributori, non potrà che giovarsi
della straordinaria escursione di Aquiris.