Si
denuncia l’interferenza del manoscritto detto Ikaruga nonostante che durante la
refezione delle bombe sterminatrici la divergenza di classe e di
tutto il resto, tra i duellanti due, dove due sta per Raiden V arrivi a
sentenziare la superiorità del primo, ma è anche vero che devi averla vista persino tu, che sei
un collezionista ignorante, la sequenza del caccia spaziale che assume il
controllo mettendosi a planare di sopra la completa distorsione dell’assolo di
chitarra elettrica, ch’era quanto si guardava suppergiù al capitolo uno di
Ikaruga pur nonostante che lui si sottraesse nel 2000 alla struttura heavy
metal verso di un solismo di collegamento alle orchestre di Radiant
Silvergun, ma era appunto per sottolineare col pennarello evidenziatore Stabilo
Boss l’importanza di stabilire nello shooter moderno un fronte di
comunicazione tra i fotogrammi di animazione e le linee musicali, punctus
contra punctum dopo le invenzioni che Techno Soft aveva commesse al processo
d’emancipazione visuale dell’opera interattiva.
Moss conduce uno scoring system
tipicamente classico a indurre il moltiplicamento in condizione distanziale e
sul tempo della conseguente collisione, e si potrebbe anche fare a meno di
monitorare lo stato di riempitura del counter delle combo addetto salvo
che non si realizzino particolari condizioni circostanziali da assolvere sul
metodo, e si dovrà allora buttare un occhio verso lo schermo di attivazione del
“Cheer system”, il fatto nuovo, un meccanismo di supporto che prevede
l’interconnesione in tempo reale con un secondo caccia svolgente funzioni in
corso di gameplay – il terminale dell’Hud di sinistra – a una distanza di
trentaquattromila chilometri a est del Mediterraneo, quantunque poi non debbano
escludersi possibili coinvolgimenti di vicinanza in risposta allo sblocco
regionale della One, ancorché resti ugualmente probabile di mancare visivamente
l’avvenuta interazione, che riceverà in qualunque caso omologamento alla fine,
appresso la lista delle utenze. L’evoluzione delle armi è sensibile. Stravagante
arriva la variante quadripolare del plasma come misura di lock-on degli
obiettivi e nell’aspetto di un raggio-ripetitore a pugni di Hokuto sull’oggetto
volatore leggero per non dire della cattivissima versione tre punto zero del
laser blu, estremissima macchina obliteratrice frontale che a livello dieci fa
scappare via i bestioni alti un palazzo. Parrebbe esservi una quantità di
nazionalsocialismo inferiore alle aspettative. Ma è un bluff. Raiden V, che
rimane un violentatore hardcore di quelli sanguinari, le sue ragioni di
pace le esaurisce nel concedere una fase d’impatto di aggressività medio-alta.
Il videogioco diventa coercitivo così, da un
momento all’altro. La rimozione del sistema delle tre vite risulta capziosa e
non si pensi invero di poter ultimare Raiden V solo perché qualche d’uno
dall’alto ha deciso di invocare il misuratore dell’energia, ornamento studiato
per depistare. Ci si deve piegare. Ma si deve tuttavia riconoscere che le
contribuzioni statali dei centocinquanta e passa crediti versati al mietitore
giapponese della Moss ha in seguito corrisposto, oltre la Vittoria dei gradi, la
convinzione di trovarsi a contatto con uno shoot’em up di zinco-carbone e altri
metalli, derivati soggetti ad alterazioni di temperatura, materiali che si usano
per rifornire di potenziale altri materiali poiché Raiden V è così, riluce di
vitaminazione e determina l’esistenza dei mondi, genera situazioni grafiche
d’alta fedeltà come l’allontanamento della telecamera ad ampliare gli spazi di
manovra, a condurre l’inclinazione di virata di 180° per esasperare la visione
del ribaltamento di Top Gun dianzi ai reattori nucleari flottanti, prima sulla
terra e ancora nello spazio, com’è sempre accaduto nella storia dei Raiden, che
deve più o meno sempre terminare con la disintegrazione dell’indeterminabile
quadrilatero convesso. Il segmento vocale di “Fortress of Philosophy” ci ha
spediti in paradiso. E peraltro l’intero lavoro di composizione di Yoshimi Kudo
– che si era occupato della colonna sonora di Raiden III – è da considerarsi
estensionale e pluriforme dal suo stadio di genesi (Entrusted Wing) al riff
contraffatto di “The War That Never Ends” sui titoli di coda, che concludono
come meglio non si poteva quest’odissea di guerre stellari euclidee, questo
romanzo videoludico che non vorrebbe finire mai.