Fosforescenti
stormi di programmazione crebbero su PC Engine procreando eclettismi e
trasferimenti da coin-op sulla sfera di Aero Blasters ancora, l’hai detto, un
top gunner che rivendica notevolmente bene la fotografia dello sparadistruggi
classico, quello in orizzontale spazioso spaziale. La sequenza d’apertura
mostrante il decollo del super-jet programmato per non fare ritorno immette
l’opera Kaneko nell’antologia del sottogenere orizzontalista molto giapponese,
coi componenti che si agganciano al volo e l’ipnosi delle musiche. Scenario:
grattacieli del futuro, tinte blu accese, velocità sostenuta, lettere
galleggianti e sovraccaricamento di testosteroni per far fronte alle armate aliene
che invadono.
Aero Blasters è cliché, ripetizione, stereotipo, ricopiatura,
riproponimento. Ma Aero Blasters è anche schemi collaudati, schermi collaudati, spari
collaudati così che quando si sta sotto pressione non si è mai in sodomia del nemico volante; si
deve
ambire al distruggimento pur senza conoscere le routine, gli spostamenti delle
attrezzature ultime.
E in questo campo Aero Blasters supera abbastanza il blasonato
Aldynes, Dio in terra dei formati
SuperGrafx.
Power-up. Kaneko escogita un sistema di upgrade che va ad
appesantire il fuoco primario e a montare supporti laterali fissi per affiancare e
ridirezionare. Presenti i missili a ricerca e una formazione di attacco a stella utile a
centrare le navette robot nonché un innesto sferico posteriore a sparo circolare pensato
a protezione delle intrusioni a caterva. Brillante il metodo di elargizione delle lettere
a sorpesa mediante contenitori droidi giallastri da infrangere. Brillante il dual
strike degli attacchi quasi combinati, nel caso si volesse assoldare un compagno di
scorrerie per spartirsi i potenziamenti e formare un muro di fuoco multidirezionale come
acceleratore del gameplay. L’impasto regge. Pur mancando la deliziosa citazione all’X68000
– in arcade il modello ACE si mimetizzava tra i grattacieli del primo livello
–
Aero Blasters è conversione di aristocrazia che perde poco o niente
delle meccaniche di sopravvivenza e delle dinamiche di assalto al boss
metabolizzate sul coin-op, e per quindi il level design, che già non era così
complesso, risulta ricopiato su HuCard senza tagli. Stratificato, contagioso
il suono. Il tema
iniziale, soprattutto, che sa di anime robotico degli anni Ottanta e d’intrusioni extraterrestri dritte su Tokyo. Torna in mente Baldios. Torna in mente la
letteratura fantascientifica del Giappone post-Tetsuka.
Depositario di grafiche tutte colorate, Aero
Blasters arriva fluido in raccordo al motore
bidimensionale che viaggia a pieni fotogrammi pure quando il
display si riempie di cose. Si registrano almeno due strati di parallasse
per livello e innesti di grande sfarzo: nel primo quadro si vola radenti gli
edifici prima di partecipare a un attacco di missili frontali con la sequenza
seguente che vede la completa disintegrazione della megalopoli nonché il
sopravvenire di una cattivissima astronave sganciante ordigni. La versione
Mega Drive sarebbe arrivata migliore, nel Novantuno, e ma comunque nel
Novanta difficilmente
si vedevano traduzioni di sparatutto così ricche e potenti, e si potrebbe
anzi posizionare Areo
Blasters a produzione di genere fastosa quanto necessaria per un PC Engine
pur fornito di mille milioni di sparatrac tutti fastosi ma non tutti così
muniti di azzurro-blu. E succede che l’esperienza dei programmatori nel
campo dello shoot ’em up (Kenichi Saeki e Matsuoka avevano fatto
pratica su Heavy Unit e Super Star Soldier) esemplifichi il lavoro di rifinitura
sul lato dell’assetto di volo e che vengano per cui esaudite le richieste di
più estese utenze, a modoché Aero Blasters non decorra abbastanza mai
nell’atto preterintenzionale – e il giocatore semiprofessionistico ringrazia
due volte – di dover ammucchiare cataste di sprite per
poi arrogarsi il game over prima ancora che la partita abbia veramente
inizio e invero, il videogioco fa della sua calibratura un’arma
che vince veloce anche opzionando un conflitto a fuoco di derivazione
arcade e un’interazione generalmente settoriale. E non è che il top
gunner è così semplice. Eppure, il pilotaggio a oltranza consentirà di ruminare il
margine e di puntare l’ultimo quadro.