Quando
in un videogioco troviamo accreditato come director un certo Shinji Mikami,
sappiamo già che sarà un’esperienza fuori dall’ordinario. E tale è Vanquish, che ad occhi distratti potrebbe
apparire come un semplice clone di Gears Of War in salsa giapponese, uno
specchietto per le allodole pubblicato da SEGA per alzare qualche quattrino sul mercato
occidentale, sfruttando l’onda lunga dello sparatutto con le coperture. Ma non è così.
Qui non ci sono bamboccioni goffi e ipertrofici, e nascondersi dietro un muretto serve a
ben poco. Ma andiamo con ordine. L’intreccio è puro pop-corn: robots russi, capitanati da
un simil-Putin cyberfetish, si sono impadroniti di una base spaziale americana dotata di
generatore di energia solare con il quale hanno raso al suolo San Francisco, e minacciano
ulteriori massacri; il presidente degli Stati Uniti, le cui fattezze sono quelle di
Hillary Clinton, manda una task force a sbrogliare la matassa. Noi impersoneremo Sam
Gideon, scienziato, ex stella del football e tabagista, buttato in mischia per supportare
i militari e testare la sua nuova tuta sperimentale.
Quello che Platinum Games tira fuori da queste premesse è un massiccio sparatore action
in terza persona, ipercinetico e furioso: le schermaglie guerresche si svolgono in un
turbinio continuo di deflagrazioni e sciami di missili da evitare all’ultimo istante, in
una girandola esplosiva portata al parossismo: esplodono i robot nemici, esplodono i
nostri compagni, esplode lo scenario, esplodono anche le coperture, per cui scordatevi di
bivaccare dietro una protezione uscendo il braccino di tanto in tanto pensando di essere
al sicuro. La quantità di disintegrazione a schermo è inenarrabile, sembra quasi di
trovarsi in una sorta di Bangai-o in 3D.
Per difenderci purtroppo non avremo a disposizione nessun controattacco a
megamissili, ma ci faremo bastare la nostra iper-tuta; questo ritrovato
tecnologico ci rende un super soldato capace di mettere in atto le due azioni
che sono il cardine del gameplay di questo titolo: la turbo scivolata e l’augmented
reality mode. Con la prima potremo spostarci a velocità folle sul campo di
battaglia, per aggirare i nemici, fuggire da una situazione troppo esplosiva, o piuttosto
per lanciarci al centro dell’azione in un batter d’occhio; il secondo non è altro che una
modalità bullet-time, attivabile durante la schivata, la stessa scivolata,
nonchè in altre situazioni particolarmente coreografiche e nel caso si sia prossimi alla
dipartita. L’arsenale offensivo, dal canto suo, pur non particolarmente originale
constando dei soliti fucili di varia potenza e precisione, con solo uno spara-lame ed una
pistola a colpo sferico elettromagnetico come diversivi, ci permetterà di sferrare un
attacco corpo a corpo differente a seconda dell’arma selezionata, aggiungendo varietà
strategica al gameplay.
Ma attenzione, l’uso di tale attacco con alcune armi, come anche
l’abuso delle abilità della tuta, portano al surriscaldamento e alla conseguente perdita
della supremazia in battaglia per un certo periodo di tempo; dovremo dunque gestire le
nostre risorse con maestria, saremo costretti ad entrare in simbiosi con la nostra
corazza, assecondarne capricci e tempistiche, per giungere al fine in paradiso: evito la
morte con una capriola, in copertura giusto il tempo di due boccate di sigaretta (tre in
dotazione per livello, utili a distrarre i nemici) e poi subito via, salto fuori al
ralenti seccando al volo la fanteria nemica per poi partire a supervelocità con la
scivolata di potenza verso un boss da far soffire con un calcione devastante, con ciò
innescando magari un quick-time event altamente spettacolare che se ben eseguito
sarà foriero di ulteriore distruzione. Il comparto tecnico è ottimo. Piccoli difetti come qualche texture un
po’ plasticosa e la leggera monotonia delle ambientazioni perdono significato davanti
all’eccelso design dei robot (notevoli in particolare boss e midboss), ai raffinati
effetti della nostra tuta (come la trasformazione dell’arma impugnata) e alle stupende
decelerazioni temporali, durante le quali potremo ammirare in dettaglio i proiettili che
ci sfrecciano attorno, tutti singolarmente animati e distruggibili, e gli effetti luminosi
dei raggi disintegranti, per non parlare del consistente sonoro che sembra realmente
proiettarci in una dimensione rallentata. E allora guidato da una concezione diremmo cyberpunk
nell’estetica quanto nel gameplay, abbacinante esperienza puramente in single-player,
Vanquish è filosoficamente più vicino a un coin-op piuttosto che a uno sparatore
moderno. In virtù di tale cristallina classicità innestata con furia nel corpo lacero di
un genere dunque reinventato, riteniamo il titolo Platinum una delle ultime vette
incontaminate dell’attuale generazione di videogames.