Il
ciclo esistenziale di PlayStation ha visto sorgere una serie di notevoli
programmi
e una decina di grandi opere. Dracula X appartiene
a quest’ultima elite di riferimento, oggetti che andrebbero anche
disposti su rialzi in
qualche occasionale museo del videogioco contemporaneo. Eppure s’intende riconciliarsi con
le radici e si rivendica l’appartenenza alla corrente riformista del platform game,
ché in epoche di Mode7 fu Konami a riportare in vita la stirpe dei Belmont e con essa il
genere, e sebbene il cast formato PlayStation attinga a nuove figure, il visus
in bitmap rivela il mestiere del dipingere a mano, del muovere sagome a cento e più
fotoscatti. Il labirinto castellare è pregno di intuizioni, di tranelli di raffinata
astuzia, e vuole ascendere allo stato di equilibrio strutturale (infrastrutturale) a volere
ridisegnare gli schemi ch’erano stati del platformista d’impronta arcade pur senza dovere
rimestare nelle grafiche tridimensionali di questo nuovo videogiuoco
dove
c’era una portante il nome di Lara
Croft.
Il racconto si allinea di raccordo al
lustrabile Chi no Rondo, versante PC
Engine, e non per caso si è sul medesimo sfarzo; Nocturne in the moonlight
solca il territorio dell’avventura, si accompagna misterioso a miscugli di grafiche rosso
scuro, blu acceso, sfondi poligonali che devono incastonarsi virtuosi al piano sequenza.
Il suono procede in direzione assenzio. Quindi Michiru Yamane (Bloodlines)
dispone irrealtà, definisce gli assolo di
“Orlox Quarters” fin quasi al giubilo
new age di “Lost Painting” come ad affermare l’illusione, la
meraviglia dell’intercedere al nero fiabesco, e poi il volteggio ancora di
“Marble
Corridor”, il romantico barocco che attesta il vaneggio dell’allucinazione.
E così, nel mentre il clavicembalo risuona delirante di traverso l’antica biblioteca, coi
libri che tramutano in mostro, si potrà sorbire gli storyboard di una
Ayami Kojima in
estasi creativa, un artwork complessivo di fondali e maledizioni di boss mortiferi
e sanguinari, un container di colorazioni, animazioni, trasformazioni, ascensore-gabbia,
notti di plenilunio. L’oggetto del classicismo s’innesta entro una mappatura mutante a
corpo vivo, per cui Nocturne si mostra al raster davanti al lineare titolo a
piattaforme, ancora per voler trasferire il retaggio della scuola Konami in una scatola arcade
adventure di assoluto ingegno, sinuosa per level design e scrittura,
sferzante per questo registro di stili che declama il migliore
Peter Paul Rubens.
Il dettaglio dimensionale si assume serio nell’incipit
formato cinema, oltre il perimetro antistante il maniero, dopo il flashback del
combattimento finale di
Chi no Rondo, ancora lui, in linea di continuità. Ci si
scontra con la falce, l’iniziale ostacolo al Nostro incedere voluttuoso,
decadente, tra carri e foreste che subodorano di antico. Ritorna anche Richter
Belmont, sul terminare. E ci voleva, questa variante platform che taglia
il fardello adventure districato da Alucard: a fronte della riproposizione degli
ambienti già solcati dal mezzoangue, Richter dovrà armeggiare dentro una struttura
platformista avvicinabile ai Castlevania di matrice Nintendo. A ogni buon conto l’esperienza
videoludica si riversa nei meccanismi da action RPG cui il mondo notturno
è intriso, complesse vicende di avvincenti enigmi, di tranelli, storie di morti che
camminano, chiese sconsacrate. Konami sale in cattedra e detta l’ascesa emotiva, anco in
risparmio dell’interludio, al fine di realizzare narrative che siano un tutt’uno con la
giganteggiante visione architettonica del castello; il bug della prima stampa giapponese,
che causa un blocco improvviso oltre le cappelle, è un fatto grave che però può essere
aggirato instradando un itinerario alternativo. La versione nipponica è anche l’edizione
più interessante, visto che include il soundtrack dei precedenti Castlevania
–
una specie di Greates Hits – e un elegante libricino con artwork e
alcune rimarchevoli tavole a fumetto. Va detto che fecero uguale in Europa, ma a tiratura
così limitata che a tutt’oggi reperirne copie equivale a una impresa. In
quanto al port per il Sega Saturn, questi rimarrà distante dalle estetiche
PlayStation a causa delle trasparenze mancanti, nonché per la grave e
nondimeno inevitabile assenza dell’alpha blending. Si è dunque
portati a decretare, in merito a Dracula X: Nocturne in the moonlight,
l'avvenuta perfezione geometrica del videogioco in due dimensioni, ché se
davvero esiste un punto di arrivo del genere intero esso si mostra alla
muta, allorché vedi Alucard divenire pipistrello e lupo, e ancora
nebbia, al crepuscolo, prima del sopravanzare dell’alba.