RADIANT SILVERGUN
di @
Luca Abiusi

Si ritrova nella disseminazione di attrezzature radicalizzate di nazionalismo di estremissima destra alla Gunstar Heroes, Alien Soldier e perché no Dynamite Headdy il qui divergente sistema di armamento circonferenziale a otto pulsanti in dotazione di Radiant Silvergun, un oggetto cattivo una cosa inammissibile che Treasure realizza di dover realizzare nel nome della Technosoft e del suo Thunder Force V, e diventava per questo primario scrivere di grafiche tridimensionali di una certa impossibilità che fossero in grado di sbiancare la PlayStation e che tu inutile videogiocatore ti ritrovassi alla fine a dover accettare di non essere necessariamente utile alla causa della promulgazione dell’arte. Non si sa come, eppure Treasure reinventa lo scorrimento del flusso univoco e unidimensionale. E si osserveranno i meccanismi alieni perpetrare trasformazione dentro alte risoluzioni di estetiche bidimensionali che spostano l’asse visuale e ruotano, e fanno tutto quello che dicono loro.

Radiant Silvergun si concentra sull’evoluzione. Il singolo attrezzo dev’essere potenziato di dieci, quindici volte fino al conseguimento del fascio-ultimo devastatore; l’acquisto di determinati pod consegnati dalle formazioni avversarie va a riempire una barra di tolleranza che al suo culmine determinerà spazzamento (la Hyper Sword), una apertura alare a ventaglio capace di cancellare in blocco i nemici su schermo. Lo scontro coi meccani principali è un puzzle game: si potrà decidere di nullificarli nel modo più rapido, puntandone direttamente la zona nevralgica, oppure di smontarli pezzo dopo pezzo, mirando dapprima ai missili di supporto, alle estremità, passando gradualmente ai blocchi centrali fino al cuore, che se avremo giostrato bene rimarrà l’unica struttura attiva prima della capitolazione. Il punteggio favorisce un sistema di chain incentrato sul colore secondo cui opzionarne uno (rosso o blu) significherà assecondare una direzione di uccisione predefinita che condurrà al completamento statistico e a una moltiplicazione numerica importante. Tutt’altro che insignita al divertentismo, la opera Treasure eleva il consumo deschematizzando, offrendo alternative dinamiche concrete, delinearizzando il verticalismo arcade un tempo di Toaplan e Seibu attraverso le innovazioni di un level design che sia geograficamente multiforme. La manovrazione è serrata, crea ipnosi. Le situazioni di sparo mutano a schermo per favorire il ricambio veloce delle armi, fra missili a ricerca, fasci obliqui, grappoli a multidirezione. I proiettili viaggiano lenti, soddisfano lo scansamento, incoraggiano le strategie kamikaze di attacco frontale.

La versione Saturn di Radiant Silvergun, riproduzione dell’omonimo coin-op ST-V, prevede una notevole modalità specificamente studiata con cui gli arsenali vengono potenziati in funzione del tempo di utilizzo; si determina invero un algoritmo di classificazione ruolista che largisce continue a colpi d’abilità balistica e Hyper Sword utile a dimostrare quanto Treasure ha investito sul rifacimento del programma sorgente, ma questo giusto qualora l’introduzione animata di elevatissimo stile non dovesse risultare abbastanza per una udienza la cui priorità, diciamocelo, consiste al più sul dove meglio posizionare la profanata confezione del videogioco, se di fianco alla scatola del Wii Fit o nel cassetto, dietro lo scomparto di shooter Saturn ancora sigillati. Le grafiche vigono. Applicando l’intero spettro di effetti speciali a corredo di un hardware a 32 bit Treasure avvicina il culmine tecnico del Saturn creando lo zoom e distorcendo tutto quanto, muovendo composizioni tridimensionali complesse, realizzando trasparenze liquide, costruendo sfondi differenziali a mutazione geometrica, trasformando l’opacità del colore bidimensionale in una sverniciatura di lucido. La colonna sonora sovviene. Inizi a volare e una orchestra sinfonica introduce RUIN nella sospensione del cielo, per aumentare d’intensità sulle campane di resurrezione in RETURN, velocizzando definitivamente il ritmo nella controffensiva, nell’arrembaggio drammatico di REMINISCENCE e ancora esplodendo, detonando sulle sviolinate trionfali dello sconfinato PENTA. Smisurata Treasure. Per una volta, e solo per una volta, lo shooter di scuola giapponese trasborda nelle culture trasversali, abbraccia il super-genere possibile per diventare ambasciatore della storia e dunque trainare a sé frammenti di R-Type, Raiden, Thunder Force, Super Mario Bros., Space Invaders, Galaxian, Wonder Boy, Arkanoid, Centipede, Nibbler, Gradius. Pac-Man. Con Radiant Silvergun l’intera corrente del videogioco arcade riafferma la sua esistenza.









 

  Piattaforma Saturn
  Titolo Radiant Silvergun - レイディアントシルバーガン -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1998
  N. Giocatori 1/2
  Produttore ESP / Treasure
  Sviluppatore Treasure
  Designer Hiroshi Iuchi
  Compositori Hitoshi Sakimoto
  Sito Web www.treasure-inc.co.jp
  Sist. di controllo Digitale - Joypad
  Numero tasti 8
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Verticale
  Formato CD-Rom
  Numero supporti 1
  Compatibilità NTSC-J [] NTSC-U/C [No] PAL [No]
  Genere Shoot ’em up
  Rarità
  Quotazione 150 - 200 €
  OST Sì [RADIANT SILVERGUN SOUNDTRACK+, 1998, Futureland / Toshiba EMI]

  Pur non facendo uso di alcuna espansione di memoria la conversione Saturn di Radiant Silvergun – ultimata in due mesi con gli omaggi dello studio Gonzo, che realizza il full motion video iniziale – non presenta differenze estetiche rispetto al coin-op Sega Titan Video. Sembra che Treasure avesse inizialmente considerato l’opzione di un trasferimento per PlayStation, ma alla fine il titolo sarebbe rimasto esclusività del Saturn giapponese fino al 2011, quando Treasure decise di realizzarne una versione XBOX 360 in HD. Il port accade notevole da che Treasure non si limita all’emulazione del referente e ad applicarvi un filtro, come avvenuto con Ikaruga, impegnandosi al contrario a ridisegnare del tutto le grafiche in bassa risoluzione perché si adattassero naturalmente ai 720 progressivi. Sul sistema Microsoft, inoltre, viene aggiunto l’effetto dell’alpha blending.