Il
fatto si consumò in un amusement center di Shinjuku alle 18:57 di un
indefinito giorno di febbraio. In quel preciso istante, un indolente Koji Igarashi si era
fermato per caso a osservare due giapponesi che si stavano tirando il sangue a
Super Sidekicks 2 in
questo sconsiderato atto calcistico muscolare di violenza semibrutale arbitraria
senz’arbitro e disegni da fumetto grezzo, di quelli che avevi visto sugli
almanacchi del 1985, ma con opzione di pallonata bum bum, e ancorché nelle due squadre
non militasse Belmont alcuno l’indolente Iga determinò in sé che vi erano i
presupposti per usare il veduto a suo vantaggio, che c’era il Super Famicom che
sembrava esibire i suoi sedici bit per un videogioco di struttura molecolare
somigliante: «che ne pensate, possiamo fare una cosa
come pallone realista fornito di occasionali mosse arcade da reclutare fra un
capovolgimento di fronte e l’altro in mezzo a un bel campionato con tutte le
squadre più forti del mondo e la Transilvania.». Konami disse sì, ma «con la
Romania». Jikkyou World Soccer: Perfect Eleven è pallone di un certo stile.
Roberto Baggio ha il codino. Alexi Lalas lo hanno fatto uguale. C’è anche
Valderrama. Le animazioni, straordinarie, devono averle realizzate in
rotoscope, e si osservi per favore la situazione del pre-gara dove il
calciatore fotogenico barcolla in attesa del fischio.
L’iniziale impatto determina. Ohibò, se in Konami
avessero trascurate le componenti di gioco restanti il risultato al conteggio di
cartucce piazzate in Europa e Giappone sarebbe rimasto lo stesso visto che
all’utente, dopoché questi si vide le immagini di calciatori così ritratti,
sarebbe bastato un pallone da spingere in porta; ciononostante, Perfect Eleven
estende i suoi orizzonti ben oltre lo statuto visuale a impartire nozioni
calcistiche professionali nel momento dello scarico sul versante triangolare o
nel traversone profondo da spizzare all’indietro con la testa, o nell’esecuzione
del cross da posizione laterale calibrato per l’anticipo. Anche rimanendo
nell’argine del videogioco arcade, virtù che si manifesta a funzione
d’accentuamento del gesto balistico quanto nell’atto del contrasto, Perfect
Eleven vuol protendersi verso la replicazione di massima disponendo
verosimiglianza lì appena estraibile in circostanza difensiva, a far partire la
manovra cogliendo il giocatore smarcato sulla fascia o mediante un lancio
trasversale che sia raccolto al cambio di velocità – tasto Y – e concluso con un
sasso radente il palo. La mossa della bicicletta – Osvaldo Ardiles in Fuga per
la Vittoria, 1981, John Huston, capolavoro – non è unicamente un fatto estetico:
è qualcosa di utile. Serve a eludere la marcatura del difensore e nondimeno a
beffare in uscita il portiere, che viene scavalcato di netto per il Nostro
compiacimento e quello del team Kceo, il quale dimostra una notevole cultura
calcistica.
Richiede sottolineatura il sistema di responso
dinamico delle tattiche sul campo dopo pressione del tasto L con quella punta di
approssimazione che si fa necessaria, ché è bene di ripetere che il gioco è un
gioco arcade pure quando si riserva opportunità manageriali piuttosto concrete
sull’innesto di catenacci, tattiche del fuorigioco, moduli all’italiana an
passant vistoché i cross e i tiri in porta rivendicano diritto di
precedenza, perché in assenza di tecnica si fa prima a impugnare il cacciavite e
rimuovere fisicamente i tasti laterali del joypad. Perfect Eleven è dinamico.
Consente diverse occasioni di segnatura anche di fuori dell’area, difronte a un
portiere che trasmuta da uomo ragno a soldato palla di lardo nel giro di dieci
secondi per fare la cosa giusta, da che nel sequel avrebbero messo una
specie di robot. E fu un peccato. È uscito il Super Nintendo Classic Mini. Per
dentro avrebbero dovuto mettergli questo gioco ma tanto il Nostro lo abbiamo
“hackerato”, aggirando il problema. Sonoro. Meglio di quel che doveva essere
perché diciamocelo, il suono in un gioco del calcio non è così determinante come
dev’esserlo invece il gameplay, eppure l’intero comparto musicale sfodera
tecnica, vi è una musicheria iniziale di ritmo brioso con ulteriori suoni
arrivanti che fanno concreto uso del chipset dedicato. C’è questa modalità
“Scenario”. Che è un fatto nuovo interessante che consente di rivivere taluni
momenti salienti del campionato mondiale del 1994, vi è un “Italia 0 - Nigeria
1” a cinque minuti dalla fine che bisogna ribaltare come riuscì a fare quel
genio del calcio che si chiama Roberto Baggio. Altro che sti calciatori social
di adesso, tutti piscio e scarpette rosse.