ARKANOID: Revenge of Doh
di @Luca Abiusi

Sasabe sapeva che il potente Doh sarebbe riemerso ed era già pronto al round II, avvinghiato alla capsula di comando del Vaus, baluardo degli universi. Stessa storia di stanghette, palline e mattoni ora in metallo, poi in vetrocemento, poi in oro massiccio infrangibile. Ma non se ne fa a meno, un anno più tardi, benché distratti da R-Type e altri macchinari evoluti. Revenge of Doh riesuma un metodo di controllo analogico che già era sembrato inviolabile agli occhi del cultore di Breakout e che indubbiamente possedeva margini di evoluzione ristretti, se non in accordo a variazioni sul design che nuovamente sostenessero la rotazione della manopola e l’abbattimento delle pareti. Quel che Taito aggiunge in Revenge of Doh non è tanto, eppure il tempo avrebbe sancito che questo tipo di videogioco non muore e che si può continuare a realizzarne riedizioni continuando a seminare epigoni anche su tre e sessanta – Arkanoid Live! – e Nintendo DS – Arkanoid DS, con rotella al seguito – sempre per quel fattore non definibile che promuove la elementarità sopra il vetusto, l’arcaico, il vecchio, il risaputo. E infatti, ritornare agli spazi di Revenge of Doh si è rivelato appagante anche a distanza di ventiquattro anni.

Una cosa: i portali. Nel primo non c’erano. Sgretolati i tasselli vi era il livello seguente. Al contrario, adesso si ha facoltà di ramificare la direzione dei percorsi – ambedue le barriere laterali mostrano una apertura – cosicché la ex progressione a linea retta diventi bilaterale e razionata tra i sessantaquattro quadri complessivi. Prevedibilmente si assiste all’ampliamento dei power-up a compresse e quindi alla introduzione di diavolerie come il Twin, che duplica il Vaus svelando un pericoloso spiraglio centrale verso cui la pallina tende a direzionarsi manco avesse una intelligenza propria, o come il Reduce, che dimezza la larghezza della nave contrapponendosi al preesistente Expand. Il disegno degli schermi è mistura di astuzie e perfidie. Abbiamo nuove formazioni di mattoncini semi-indistruttibili e semoventi a rallegrare il surreale annullare verticale unilaterale a velocità irregolare, ossessione generazionale dell’infilare la biglia nel pertugio giusto, per non dover perdere vite e vite già nel quinto livello poiché la mano è più nevrotica del normale. Precisione. È tutta qui l’invenzione della Taito maledetta, pre-novantesca, cervellotica più del cervello gigante che predispone alla sfida finale col Doh, impari e arcade in senso stretto, dove se ti succede di sopravvivere ti metti a sbraitare epilettico e a sparare i raggi al laser che hai acquisito con la pillola arancione.

Lo diciamo? La edizione X68000 di Arkanoid: Revenge of Doh, compilata da SPS e immessa qualche settimana dopo il coin-op, corrisponde al coin-op. Ma è forse uscita troppo presto. Fosse stata inclusa nel raccoglitore di classici targato Dempa – la Video Game Anthology, a partire dal Novantadue – ci saremmo ritrovati col paddle dell’arcade inserito nella scatola. Però poi si scopre che il gioco è abbinabile all’XPDL-1 fornito in bundle con Cameltry, e ci si mette l’anima in pace. Ma già col solo mouse il controllo del Vaus risulta estremamente preciso e replica in tutto la sensibilità della rotella, sebbene l’utilizzo dell’attrezzo rotante realizzi la condizione di gioco ideale. Ciononostante viene disposta l’opzione di controllo via joypad o tastiera, con l’apposito tasto di accelerazione che va ad affiancarsi al pulsante dello sparo. Le grafiche, pur stilizzate, determinano colori viventi e traslucenze da impatto che diventano porzione essenziale del gameplay; gli alieni danno fastidio ma sono pur disegnati da Dio in persona – da Doh in persona – e incollati alla non-realtà arkanoidiana più in funzione di un bisogno stilistico che come reale componente di struttura. I suoni funzionano. Metallici, nitidi, risuonanti echi da profondo onirico penetrano i timpani, sigillano in un contrasto di percussioni martellanti l’incubo spazio-temporale di Mr. Sasabe e sanciscono la effettistica standard degli episodi futuri. Arkanoid: Revenge of Doh X68000 è sequel decisamente riuscito benché estremamente simile al precursore, nonché port che reca imperitura giustizia al cassone della Taito.








  Piattaforma Sharp X68000
  Titolo Arkanoid: Revenge of Doh - アルカノイド リベンジオブ Doh - 
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1987
  N. Giocatori 1
  Produttore Taito
  Sviluppatore SPS
  Designers Yasumasa Sasabe, Toshiaki Tsukano, Hideki Hashimoto, Tetsuro Kitagawa [....]
  Compositore Hisayoshi Ogura
  Sito Web www.taito.co.jp
  Sist. di controllo Analogico - Mouse
  Numero tasti 1
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Assente
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 1
  Frequenza video 15 / 31kHz
  Sound MIDI No
  Genere Breakout
  Rarità
  Quotazione 80 - 90 €
  OST No

 

In quanto appartenente alla prima generazione di titoli per X68000, Arkanoid: Revenge of Doh è contenuto nella scatola standard Sharp Computer Software, che sarebbe stata adottata fino al Novanta. Tuttavia il titolo si distingue per il manuale formato tascabile, nel quale è comunque illustrato in dettaglio il sistema di gioco. Revenge of Doh parte nativamente a 31kHz. Per abilitare i 15kHz è necessario tenere premuto il tasto OPT.1 durante il boot, mentre durante il gioco è possibile attivare la musica di accompagnamento tramite pressione del tasto M. Per selezionare il metodo di controllo – se via tastiera, joypad o mouse – è necessario manovrare sul tastierino numerico (tasti 4 e 6 per attivare e disattivare, 8 e 2 per scorere verticalmente, ESC per tornare al menu principale). Inserendo il mouse nell’XPDL-1, il paddle fornito in bundle con Cameltry, Revenge of Doh acquista il perfetto feeling arcade. E ancorché l’attrezzo in questione sia difficilmente reperibile – buona parte delle copie di Cameltry attualmente rintracciabili è depriva di paddle – la rotella porta l’interazione analogica a uno stadio superiore. Si riscontra un errore di stampa sull’insert di appendice del manuale alla scritta “Revenge of Don”. Le traduzioni per MSX e Nes, al pari della versione X68000, vengono programmate in Giappone (direttamente da Taito). Ambidue i port, come avvenuto per il primo episodio, otterranno per dentro la riproduzione del paddle del coin-op. Sul fronte europeo sarà Imagine ad acquisire i diritti di conversione per i computer a 8 e 16 bit. Quindi le versioni Amiga e Atari ST, scritte da Peter Johnson, risulteranno assai coerenti portando l’esatto colore del versante arcade e i benefici analogici del mouse. Il port Commodore 64, corpulento, con un re-design del Vaus che quasi quasi sorpassa quello originale, risulterà compatible coi paddle Commodore e Atari. Su ZX Spectrum e Amstrad CPC il controllo progressivo risulta assente. In compenso, le grafiche risultano cromaticamente superiori alla controparte C64. Il port PC MS-Dos fu licenziato a Novalogic con esiti discreti (Chuck Romberger). Apple IIGS fu una questione di Taito America. Che ne sfornò una traduzione strofinabile.