Non
ci strapperemo i capelli a realizzarlo, eppure è così: nel Final Fight X68000 si
rileva qualche cosa di meno rispetto al coin-op. Nello scantinato del primo
livello è assente l’effetto delle luci a intermittenza. Nella metropolitana
manca il suono delle rotaie. Nelle situazioni di affollamento di nemici viene in
media a perdersi uno sprite. Ma non ci si fa caso. In effetti il gioco si
comporta pressochè allo stesso modo, e chi ha praticato arcadismi in epoca 1989 potrà rispolverare le tecniche già adoperate con
successo sul cassone e su MAME. Eh si che Final Fight è sulle prime assai comodo, ma più
avanti la memorizzazione dei pattern diventa il passaggio obbligato per quantomeno
avvicinarsi agli schermi finali preservando il credito; un beat ’em up, questo di
Capcom, distante dall’esprimere il gameplay calibrato di un
Sengoku 3 – i tempi
non sono ancora maturi – ma se non altro vicino ai limiti tecnologici della CP System I
per quantità e qualità di animazioni prodotte a pieno schermo. Final Fight è molto
Capcom. Combattimenti da strada, figaccioni, mignottoni, mazze, spade, mazzate.
Lo stereotipo metropolitano di Double Dragon
viene ripreso e ampliato nella forma e
nella sostanza.
In versione X68000 Final Fight, pure coi suoi microscopici
dettagli mancanti (spiegabili dal fatto che Capcom volle mantenersi entro il limite dei 2
megabyte di Ram – non si è ancora nella fase
Super
Street Fighter II – in soccorso alla scarsa diffusione delle espansioni a 4MB)
scrive dueddì di elevata complessità. Guy, Cody e Haggar si muovono fluidamente su
scorrimenti laterali in parallasse e in animazione complessa: sulla metro si avvertono le
vibrazioni. Fuori dai finestrini si insinuano gli spifferi di luce delle gallerie.
Il sudiciume dei bassifondi si avverte tutto nel rimescolamento dei costumi à la
Guerrieri della Notte con la figura di un wrestler affermato come Andre The
Giant che si moltiplica a diventare una cosa ricorrente, e poi vi sono le sagome del capobanda, del capomafia, del capobranco in canottiera;
uno schermo sì e l'altro pure interviene un lungagnone di due metri con la giacca semiaperta da
cui fuoriescono i pettorali di Schwarzenegger e ancora i troioni, sempre in coppia, con le
luccicanti tinture rosse. La faunistica della Capcom tutto in uno, molto prima dello
smargiasso Knights Of The Round, si
propone di asservire le teste abbastanza vuote
– perché tali erano, le nostre teste, negli anni Novanta – di adolescenti scemi e
sensibili alle New York notturne, che si immaginava brulicanti di bande con mazze da
baseball e smanicati in pelle nera.
Il culto per Final Fight nacque subito. Come nacque presto
quello per Ghosts’n Goblins e
Ghouls’n Ghosts. Per cui quando nel
Novantadue uscì la conversione X68000, dopoché il mediocre adattamento Super Famicom e le
tristissime conversioni per computer (particolarmente velenosa quella Amiga)
suggerivano di abbandonare la speranza, il viziatissimo
utente Sharp si trovò davanti a due dischi equiparabili a un cabinato da centomila e
passa yen: la succedente edizione
Mega CD (1993), ch’era anche un port di notevole riscrittura, gli
sarebbe per dire rimasta distante e solo attraverso l’emulazione del coin-op, anni dopo, ci si sarebbe
avveduti di questi microdettagli che il macchinario Sharp avrebbe
occasionalmente smarriti. Ma però è innegabile che lo scrivente si trovi
adesso a interagire con l’edizione di Final Fight più fashion e
vigorosa per grafiche, suoni, scatolami ricchi; il copione è il solito sul
genere
CP System I un po’ come a
X68000 con il rinforzino delle risoluzioni video extra e le canzoni
MIDI; malgrado il solo
supporto della Roland MT-32 il rifacimento dei brani risulta di buonissima
struttura nei toni
bassi e nell’aprire stereofonicamente le musiche Yamaha originali. Nella custodia è inoltre
incluso un MiniCD contenente i remix di queste ultime, per ridimensionare i
limiti intrinseci del picchiaduro, il quale si può affrontare a livello facile per alleggerirsi delle
tecniche per soli nerd evitandosi la frustrazione latente con una busta di
patatine San Carlo sottomano, e non prima di avere esteso a cinque il numero delle vite.
Del resto le conversioni migliorative dell’X68000 trattengono in loro questa funzione di soddisfare
la fascia di utenza
tagliata fuori delle rigide dinamiche dei coin-op. Realmente tanta roba.