FUZZBALL di @Luca
Abiusi
Ultimare è oggi una questione
di necessità. Lo
vogliono i programmatori, perché poi le utenze protestano e non comprano. Ma in
tempi lontani i coder Amiga sapevano essere nazisti, e più che sviluppare in
funzione delle esigenze del pubblico creavano il gioco come dottrina
dell’arbitraria ostilità. Ciò accadeva poiché in gran parte dei casi il
produttore corrispondeva allo sviluppatore, e nessuno se ne
usciva con frasi del tipo “questo gioco è troppo difficile, modifichiamo”, oppure
“tutto ciò sembra causare morte, ritengo”. Una epoca lastricata d’oro,
in quanto se è vero che l’eccedente difficoltà portasse l’effettiva
esasperazione del gameplay, è allo stesso
modo inconfutabile il fatto che se un gioco è difficile ti dura di più. Ed è il caso di Fuzzball,
sviluppato dalla compianta System 3 in esclusiva per Amiga nel 1991. Ma attenzione: in
questo caso il coefficiente di sfida non è unicamente ascensionale ma
addirittura genetico, e vuole mettere in scacco attraverso la pratica delle tre vite
e null’altro, ché se muori anche al salto dell’ultima piattaforma devi
ricominciare dall’inizio.
Fuzzball va finito tutto in una volta. Appreso ciò,
si può anche parlarvi del videogioco di stampo classico, che vede la palla di
pelo opporsi alle altre
palle di pelo però cattive, in un display rivestito di oggetti che si dovrà
acquisire, evitando di perire. Ripulito il tutto si passa al quadro
succedente. Ma non verrà così ovvio perché il nemico è intelligente, avverte la
presenza del pupazzo allorché questi atterri sulla piattaforma, e vi si
precipita in contro a gran velocità.
Per concessione di programmazione sarà possibile sparargli dei proiettili
utili a rendere l’inattività temporanea – lo si vedrà trasformarsi in biglia
rimbalzante – talché prima che riprenda sembianza si potrà altresì
assorbirlo in azione di masticamento tipo Pac-Man. A tutto questo si aggrava
il fatto di dover colpire per tre volte consecutive. E questo quando si tratta di nemici semplici.
Poiché poi vi sono quelli
cattivi, riconoscibili dal diverso colore e dallo sguardo truce, che invero
abbisogneranno di un’intera raffica. Ma non è finita. Sovente succede che i
maledetti accampino sulle loro piattaforme disponendosi a fila
indiana, il che rende necessario abbatterli nel momento in cui si
incrociano, onde
evitare che qualche d’uno si rigeneri prima di essere assorbito. Ah, poi
bisogna anche evitare ostacoli occasionali come le palle che vanno su e che
vanno giù e le monete rotanti che si piazzano davanti. Un intrigo, ma che
tende a semplificarsi all’atto pratico, ché si finisce con l’agire di
istinto.
Fuzzball convince. Il sistema di gioco
arcigno e per nulla giapponese impone un livello di attenzione superiore alla
media in conseguenza del salto, nella tempistica di eliminazine, nella precisione degli spostamenti.
Inizialmente muori subito ma dopo realizzi che vi è del metodo dietro il
level design inflessibile, e una volta tarate le funzioni cerebrali sul
coefficiente di
concentrazione neuronico si conquisteranno traguardi inattesi. Primo, secondo,
terzo, quarto quadro e su via fino al mattino e al ventesimo quadro, ma poi capita anche di morire, e
concludi che un credito ulteriore avrebbe fatto assai comodo. Eppure non è un gioco
impossibile e lo si finisce, volendo, rinunciando a vivere per un po’.
Quindi il tutto è inserito in
un unico dischetto (il secondo
floppy viene in effetti deputato all’intro animata) avente tempi di caricamento flash. La realizzazione tecnica
risulta notevole per pulizia grafica, animazioni e ampiezza della
schermata pal (sussiste overscan), benché il design degli omini pelosi e dei
mostri sia in ugual modo degno di apprezzamento. Ogni singolo stage
determina rimarchevole la variazione di struttura, per fare che si attesti
il disegno scientifico del platformismo, l’arte della chirurgia, acché il
salto non sia affatto un discorso di banale inerzia ma appunto il risultato
della diversione geografica, lì dove un appiglio non raggiungibile dovrà
sempre rimandare a un percorso alternativo di aggiramento. Il suono.
Convincente, oltremodo. Pur nelle ristrettezze degli 880 kbytes di cui sopra
si fa in modo che Amiga si metta a fare il Commodore 64, ché in effetti il
mod emula il timbro del SID, e se fai ascoltare il soundtrack a un qualcuno
tipo Tim Follin questi non potrà che rispondere Commodore 64. Quando invece
si tratta di un Amiga. Da premiare, questa System 3 che fa l’intrattenimento
retrò in anticipo sui tempi, per fuorviare astanti che di lì a qualche mese
avrebbero visto cose come Agony.
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