Invero stringato il
numero dei flipper opzionabili rispetto ai restanti titoli di genere della 21st
Century Entertainment, dove i tavoli erano sempre stati quattro. L’assenza
di un flipper ulteriore è tuttavia compensata da un livello di manodopera
sinceramente sovrastante, di classe superiore in virtù dello
sfruttamento nativo del chipset AGA, che viene spinto verso i suoi limiti. Nel caso di Pinball Illusions i programmatori mirano al
maniacale, per un design luccicante, per una tecnica di programmazione
facente largo uso di tavolozze in duecentocinquantasei colori, con le
sfumature e il gradiente, e lo scorrimento iperfluido, e con la fisica
dinamica della pallina che vuol riprodurre il rimbalzismo della macchina a
gettoni. La pallina. Non vi sarà l’effetto del riverbero, la riflettenza, ma
è però traslucente, la pallina, è di metallo e si vede, ed è pesante, quando
scorre sul parquet. Clamorosa, Digital Illusions: scopre il cavillo della
risoluzione multipla, cosicché il transito dai 320x256 punti standard al
pannello hi-res in 640x512 si determini consequenziale al gameplay di
spostamento, di sbloccamento del bonus che riscali il raster di volo e in
assoluta sincronia.
Due megabytes sono anche più del necessario,
per chi ha scritto il codice di Pinball Fantasies, ma come non trarne
vantaggio. Si ha questo bel sistema che oltre al blitter può fare lo sprite
hardware e si vorrebbe vedervi a lasciar per strada kbytes inutilizzati e
poi pentirsi per non aver osato, e allora si mette più grafica, si disegna
elaboramenti e disegni e passaggi che siano il bonus più fico del tipo
inizio Novanta, il flipper dei Guns n’ Roses dove se fai un tilt sta Slash
che fa l’assolo di Welcome to the Jungle; Pinball Illusions fa
pressoché questo, e se mai avessero pensato a un tavolo heavy metal – ci
penserà in effetti Liquid Dezign, un anno dopo – ci sarebbe sicuro stato
l’assolo di Enter Sandman dei Metallica, ma poi doveva anche starvi per
dentro il discorso dei diritti ragion per cui non è il caso, si resti pure
sul tradizionale e si introduca tre macchine virtuali che realizzino lo
sport estremo, il tema polizziottesco e le ragazze che prendono il sole. La
gioventù chiedeva che si dovesse restar giovani e in verità la banalità si
può accettare, se corrisponde a questo videogioco di flipperismo classico,
partitone il sabato sera fra amici, che poi diventano nemici, e microgioco a
sorpresa, se solo si fa entrare la palla nel buco, col display sovrastante
che allestisce la sfida a tempo grazie a cui ricavare il punteggio migliore,
e vincere.
Digital Illusions è l’arte del programmare in
assembler. La sfida del mettere assieme le righe del codice. La cosa
dell’impatto della sfera sulle pareti e di come la sfera tende a
comportarsi, dopo. La variabile della balistica. Tutto il calcolo che vi si
aggrava, la simulazione della forza di gravità, l’accelerazione dopo il
triangolo dei percussori, la decelerazione derivante l’urto sugli spigoli in
discesa, le linee diagonali e orizzontali, l’emulazione dello spostamento
manuale, il tilt. Non come i motori tridimensionali con librerie Unreal di
adesso, con cui è sufficiente inserire le coordinate e stare a guardarne i
prodigi. Invece questi svedesi si son dovuti costruirsi il software di
gestione senza reali parametri geometrici di confronto: hanno semplicemente
preso un flipper, fatto un calcolo di massima sulle traiettorie della
pallina e riprodotte le variazioni di traccia in rapporto alla computazione
del processore Motorola. E funziona, il prodotto. Sembra di stare a pigiare
su di un coin-op, e vi è precisione, e non puoi metterti a spingere
arbitrario. Devi essere giocatore di flipper vero, premere attuando il
tempismo, manovrare di rilascio per incanalare lo stretto della
moltiplicazione dei punti, un po’ come ai tempi di Pinball Dreams,
solo che qui vi è la corpulenza del multicolore, la sostanza della
verosimiglianza bidimensionale, l’alta risoluzione, Olof Gustafsson. Vabbè,
sì, c’era anche in Pinball Dreams, Olof, eppure il rave della intro
gli altri suoi giochi non ce l’avevano, non vi era il suono di puro effetto
e sintetizzatore che si rende in questo istante di elettroniche evolute
ancora evoluto, portante testa ai Chemical Brothers e alla restante
stirpe dei giocolieri del mixer.