Il
mondo dei videogiochi non è fatto solo di produzioni multimilionarie e
blockbuster su licenza. Questa verità è sposabile e condivisibile oggi, ma lo
era anche ai tempi dell’Amiga e durante la sua lunga vita, molti giocatori
ebbero la fortuna di provare un congruo parco-titoli “particolari”, capaci di
unire un gameplay semplice e immediato ad una realizzazione tecnica di tutto
rispetto, senza per questo dissanguare le risorse e le clessidre delle software
house produttrici. Zany Golf è parte di questo
insieme. Pensata e realizzata da Will Harvey, in tempi nei quali Electronic Arts non era
ancora diventata quel mostro onnivoro e sforna-sequel-copia-carbone che è adesso, Zany
Golf è la migliore simulazione di minigolf di sempre. Un gioco fresco e semplice, nel
quale l’obiettivo è, ovviamente, mettere la pallina in buca utilizzando il minor numero
possibile di colpi.
Zany Golf offriva al giocatore solo otto buche, ma tutte
indimenticabili grazie e soprattutto alla grande originalità che Harvey aveva infuso in
ognuna di loro. I campi di gioco, infatti, erano tavole imbandite con hamburger
saltellanti, piccoli castelli con fossato da superare, laboratori che possiamo immaginare
sede di lavoro per qualche scienziato pazzo et similia. Il bello è che avere una mira
precisa, in Zany Golf, non era di certo sufficiente per vincere. Tutte le buche
necessitavano di qualche ulteriore accorgimento da parte del giocatore in modo da poter
giungere all’entrata in modo più semplice e diretto. Nello stage “Magic
Carpet”, una volta indirizzata la pallina sulla zona “sensibile”, la si
doveva dirigere col mouse fino all’uscita, oppure nel sopracitato stage hamburger-dotato,
lo stesso andava, ehm, “stimolato” cliccandoci sopra e permettendogli così di
cominciare a rimbalzare sul piano, liberando così l’ingresso per imbucare la pallina...
Graficamente delizioso, Zany Golf centrava il bersaglio
anche sul fronte sonoro, grazie alla presenza di motivetti immediati ed orecchiabili
(memorabile quello del castello). E come tutti i giochi pensati per il multiplayer, anche
Zany Golf aumentava a dismisura la propria longevità sfruttando la modalità a quattro
giocatori (che dovevano forzatamente passarsi di mano in mano il mouse) in maniera
divertente e creando quel senso di sfida necessario a dare spessore ad un’esperienza
ludica fatalmente troppo breve in single player. In Inghilterra, su Zany
Golf, andò creandosi un vero e proprio culto, che sfociò addirittura in
megatornei televisivi con tanto di premi finali. Una giocabilità, quella del
titolo EA, che prevaleva su tutto: la regolazione e il caricamento del tiro,
eseguibile direzionando tramite un comodo mirino, dovevano necessariamente
essere misurati. Una eccessiva pressione del tasto adibito portava, nei
pressi della buca, al classico “trasbordamento”, e guai a non ultimare nel
par. È pacifico che nella sessione in solitario Zany Golf sia penalizzato
anche dalla mancanza di stimoli, visto che il computer non si rivela un avversario
eccessivamente astuto. Tuttavia dotarsi di un amico ambulante non dovrebbe costituire un
fatto problematico, anche in virtù della semplicità gestionale del titolo (un unico
mouse), e della sua straordinaria immediatezza ludica, assimilabile anche dal detrattore
giurato del videogioco elettronico. Originale e dotato di un sense of humour
davvero spiccato e generalmente insolito nei videogiochi moderni, Zany Golf rappresenta
una produzione piccola ma indispensabile nel bagaglio di conoscenze ed esperienze ludiche
del giocatore moderno. Se non avete avuto l’opportunità di provarlo ai tempi che furono,
sarebbe davvero il caso di colmare alla svelta la lacuna