La
linea d’orizzonte si estende per chilometri e si vede chiaro dove e quando
svoltare mezz’ora prima, salvi i casi in cui la visuale è ostruita da un dosso. Vroom Multipalyer è rapido. Anzi no:
supersonico. Dan McRae quindi pianse, inserita l’ultima linea di codice 68K e realizzato
che la era Motorola non potesse spingersi oltre il poligono in flat shading, in
pieno Novantatré, benché l’immissione del 1200 avesse illuso discrete porzioni di genti
che vi fosse ancora margine di sopravvivenza, nello spettro della rivoluzione globale del
videogioco. Ma diciassette anni dopo, e un paio di trilioni di poligoni texturati dopo, la
compassata lentezza di Gran Turismo 5 insegna al mondo che la rivoluzione non si
è mai consumata. Non del tutto, quantomeno. Non la rivoluzione delle idee, che si era
palesata in Ridge Racer e in
Gran Turismo – quelli per PlayStation –
appresso l’innovazione delle architetture Risc e in
Outrun 2006, in tempi più
recenti, con l’intercessione di Suzuki, che guardacaso era rimasto al super scaler dei
suoi coin-op a base Motorola.
Vroom Multiplayer si identifica nel sibilo del vento che si
avverte di accosto ai lampioni e alle gallerie, alle strutture di bordopista, ornamenti in
pixel-cemento schizzanti a proiettile che potenziano il già gravoso obolo versato dagli
ingegneri Lankhor alla fluidità dello scrolling, che è uno scaling di
qualità AM2 quasi comparabile ai super vettori di
Virtua Racing. Poiché il
limite dei precedenti corsistici ECS era di trascurare abbastanza il fattore ipervelocità
– non Lotus 2, comunque, e non i racing della Anco, che pure
inspiegabili avevano il motore a reazione – il sequel di
Vroom mette la
sesta e mica dice di rallentare: chiede di aumentare. Impone frequenze di guida
esasperanti e prevede anche una modalità turbo, turbo sul turbo, come se il
videogioco-base andasse a crociera. Manco fosse lento. Ché già normale va a mille
all’ora, la opera missilistica della Lankhor, monoposto come patriot lanciati in
orizzontale sugli asfalti di Fuji Yama – tra i percorsi più spettacolosi, curve
e saliscendi da strizzamento di budella e cervella – a esagerare in staccata per
sterzare all’ultimo e possibilmente schiantarsi su di un qualche cartellone pubblicitario
a dieci metri da terra. Vroom Multiplayer usa i posteriori delle macchine avversarie come
piattaforme di lancio: a mille e cento all’ora e nella impossibilità di frenare si evoca
il volo di collisione a mo’ di mossa segreta, per non dover interrompere la propulsione.
Si lancino i dadi: il tamponamento può sì provocare Cape Canaveral, ma può
anche degenerare in Super Stunt Cars.
La variante “racing” modifica – ancorché
marginalmente – le dinamiche arcade del razzo di Lankhor a fronte
dell’inserimento del sistema di classificazione standard e delle qualifiche preventive. La
sostanza non cambia. Vroom Multiplayer è un corsistico non simulativo e antitecnicista
allocato alle zone antitetiche della Formula 1, competizione che pure viene presa a
modello e che anche viene riassegnata all’archetipo della interazione, a uno stato di
subitaneità immune alle lunghezze fisico-dinamiche del pur stimabile Geoff Crammond, il
cui ego deve essere comunque stato intaccato dalla formidabile compilazione assembler di
McRae. Si dirà: «ma vabbè, i poligoni saranno la metà di quelli presenti in
Microprose
Formula 1 GP e i piloti non sono quelli originali». Al che si ribatterà:
«zitto, scemo». Quel che andrebbe detto, piuttosto, è che se un titolo come
questo prevale è grazie all’intelligente equilibrio tra bidimensione e tridimensione, tra
effetti bitmap e confetti poligonali che McRae inserisce abilmente in tracciatura delle
piste. Singolo floppy disk: la (prodigiosa) compressura del codice schiva lo swapping
e stipa negli esigui 880 kbytes una impressionante quantità di materiale videoludico a
quattro ruote. Vengono trattenute su disco ben diciotto piste e altrettanti scenari
multicromatici – interessante come l’uso dei colori riesca a restituire le condizioni
climatiche degli ambienti – senza far mancare al pilota umano una discreta libreria di
effetti sonori, nonché un esteso menu di configurazione da cui modificare il metodo di
controllo (mouse o joystick), il numero dei giocatori, il tipo di pneumatici, la taratura
degli alettoni. Vroom Multiplayer, pezzo d’altissima programmazione che sarebbe anche ora
di elevare a classico, migliora col tempo. Nel tempo. Venti anni fa non era sembrato così
essenziale, ma è anche vero che venti anni fa non eravamo ancora pronti.