Sul
finire degli anni ’80 la Audiogenic
si distingueva per alcune interessanti simulazioni di
cricket, una disciplina che si meriterebbe
superiore dignità qui nell’italico impero del calcio, e invero questi
qui si ricavarono miglior sorte grazie ai
controversi Exterminator e
Loopz per la loro mistura di puzzle game
policromatici anche se, chiaramente, il valore di mercato della software house
iniziò a lievitare con la pubblicazione di un gioco del calcio di nome Emlyn Hughes
International Soccer, licenza classe ’88 derivante l’arcinoto
difensore del Liverpool. Non sapevamo come iniziare la partita. Caricato il
gioco da questa compilation di giochi di pallone che avevamo pagato 5.000 Lire –
per dentro vi era anche tale Microsoccer [Microprose Soccer], che gran
compilation doveva essere – si presentava a Noi codesto cursore che quando
andavi su amichevole faceva incominciare una partita computer contro computer.
Una settimana dopo realizzammo che bisognava scrivere il nome della squadra.
Audiogenic dimostra il suo sapere,
nel settore delle simulazioni sportive. Lo si avverte navigando tra gli esaurienti menu,
che consentono il settaggio sul modulo da utilizzare, sulle caratteristiche di ogni calciatore,
sullo schieramento in campo. Il titolo concede di editare i nomi dei
giocatori (un
fatto clamoroso per un videogioco medievale) con interconnessa opportunità
di salvataggio su disco o cassetta. Durante la partita il nome del possessore di palla
compare in sovrimpressione. E se sul fronte
della scrittura si eccelle, lo stesso può dirsi riguardo la struttura: Emlyn Hughes
decide un approccio alla partita generalmente realistico, per mezzo di queste
routine di calcolo della velocità attinenti ai tempi di un incontro reale, con il pallone
che rimbalza lontano e i passaggi smistabili verso le otto direzioni del
joystick.
Si può fare il cross in corsa, puntando il limite dell’area; è d’uso scambiare veloce col
compagno di zolla; accade di performare il sasso da fuori area. Previsti il
colpo di testa e il tiro di volo. Assente giusto la
rovesciata, ma è un peccato veniale. A determinare rimarchevole la simulazione di Audiogenic
vi è un modo di pensare il calcio elettronico cui nessun altro si era
apprestato, nel Medioevo.
In primis, il sistema di controllo
uccide: con
un sofisticato e al tempo funzionante sistema di passaggi e tiri in porta si
diviene estensioni dello stick, e
si deve portare indietro e mirare in funzione di inclinazione. Il passaggio a un compagno
è semiautomatico: la cpu
calcola la distanza offrendo puntuali tracce rispetto al calciatore meglio
posizionato. Arriva il cross: una dimostrazione di classe. Per effettuarne
bisogna
dapprima mirare il centro dell’area, e poi azionare il movimento del tiro
alto, sempre che non si decida per il traversone radente terra: in tal caso
l’inclinazione dello stick andrà in diagonale basso. Le grafiche non sono
esattamente spettacolose. Ma anche
qui si è convinti
non si potesse offrire altrimenti: pur stante il disegno cubettoso dei
pupazzi,
l’impreciso dimensionamento del campo e le disctubili dimensioni della sfera,
è la
dinamica balistica a determinare in effetti un perentorio riallinearsi della
struttura esteriore, a seguito della assunzione dello spostamento sul luogo,
le inerzie che imprimono velocità ed esaltano l’episodio del goal. Ci si
immolerà anima e corpo
a una visione del calcio già futuribile, grossomodo spostata verso i tempi
non completamente arcade dei Fifa, dei Perfect Eleven che
avrebbero inciso il genere sul versante console. Del suono si apprezza la
suoneria di introduzione che accompagna, che orchestra bene. In luogo di
gameplay, invece, i cori da stadio sono del chiptune standard del periodo
(effetti usati praticamente in tutti i giochi del calcio a otto bit), con il
rumore sordo del pallone calciato e la folla che esulta e fa clap clap.