MIKIE: High School Graffiti di @Andrea
Chirichelli
Un videogioco ad ambientazione
scolastica? In ventanni di storia videoludica se ne sono visti pochissimi. Sarà
perché scuola e videogiochi sono concetti assolutamente antitetici, sarà che perché per
i programmatori potrebbe essere difficile coniugare divertimento e background educativo,
fatto sta che, a parte il memorabile Schooldaze per Spectrum, lunico titolo legato
alla più odiata delle “cornici” possibili in tutto questo tempo è stato Mikie.
Peculiarità a parte Mikie, classe 1984, è stato uno dei più divertenti arcade degli
anni ’80, e tuttoggi rappresenta un validissimo esempio di come unidea
semplice, se ben sfruttata, possa generare un titolo epocale; Mikie è uno studente di una
classica high school americana, che tanto bene serial e film a stelle e strisce hanno
descritto negli ultimi anni: da bravo scavezzacollo, il suo obiettivo non è certo quello
di restare seduto ad ascoltare le lezioni ma di “interagire” con la propria
fidanzata.
E quale migliore occasione concupiscente che portare alla
pulzella dolci epistole amorose, celate nei meandri dei cinque livelli del gioco? Per
ottenere le lettere il nostro eroe deve raccogliere un certo numero di cuori per livello.
Diciamo che uno dei motivi di divertimento maggiore consisteva nel prendere a
“culate” i propri compagni di classe, compitamente seduti davanti al proprio
banco, per raggiungere lambito risultato. Mikie era veramente politically
scorrect: non solo i livelli prevedevano vere a proprie gimcane tra professori
imbufaliti e lanciati al nostro inseguimento, ma azioni di sabotaggio nei confronti di
tutto il personale scolastico e conseguente distruzione di armadietti, cassetti e tutto
ciò che potesse farci ottenere il prezioso cuore. Alcune modalità per distrarre gli
avversari erano semplicemente esilaranti: il docente che vi insegue è un fanatico del
basket? Lanciandogli il pallone a spicchi lo vedrete baloccarsi di gusto e lasciarvi
respirare per qualche secondo. Frenesia e ipercinetismo: in Mikie non si aveva
lopportunità di restar fermi un attimo.
La struttura del gioco si dipanava con semplicità ed
efficacia: cinque livelli ambientati in diversi momenti della giornata scolastica di un
teenager americano, visto che i campi sportivi e le sale mensa noi, generalmente, ce li
siamo sempre sognati, e un tasso di difficoltà notevole rendevano Mikie
un videogioco sicuramente non banale e generalmente longevo quanto appagante. La grafica
inoltre, per quei tempi, era piuttosto definita nonché colorata attraverso accesi
pennelli e
sfumature, per così realizzare lesperienza ludica sgargiante,
beneficio per gli occhi.
Impossibile replicare il livello di dettaglio sui computer casalinghi dellepoca ed
infatti Mikie non godette di conversioni particolarmente fedeli (vero, per quanto
si debba riferire di una edizione per Commodore 64 grossomodo accettabile nd
Postino). Una nota curiosa inerente al sonoro: durante il
primo livello il ritornello di accompagnamento era quello di “Hards day
night” dei Beatles. Pazzie del mondo videoludico. Da recuperare assolutamente,
anche in queste afose serate estive, in attesa che la campanella torni a squillare.
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