STRIDER HIRYU
di @Luca Abiusi

10102501.png (34075 bytes)Devi percepire la grandezza quando vige allo stadio embrionale, che lo sapevi che Strider sarebbe diventato letteratura nei territori della elettronica e della fantascienza, poiché non era Strider il solo risultante delle nuove tecniche di programmazione dei versanti giapponesi ma era al più l’idea del videogioco moderno che metteva radici nel presente. Lasciateci raccontarvi di un eroe capace di traversare le asperità del tempo, e di rimanere al tempo indenne fino all’attuale generazione di non-videogiochi, di prodotti di stretto consumo e consumismo, di assenza di idee e carenza di invenzione. Strider inventa. Ancora adesso. Lui, platformista d’impatto visuale e caratterizzazioni eccessive potrebbe essere scrittura del prossimo film di Michael Bay, col suo fronte visionario e quest’azione continuante, di progressione serrata e serrati tempi di risposta alla guerra, che in Strider è una cosa di stile, per il suo infiltrare questa geografia fantapolitica che rende inoltre interessante lo scalo tra l’atto dell’uccisione e lo svolgersi di un futuro anticomunista meccanizzato.

Il salto in acrobazia mette in opera lo spettacolo delle movimentazioni a scivolare, dell’inerpicarsi su pareti ripidissime a colpi di scimitarra al plasma, per insegnare di fantacose inedite ancora e si osa. Il racconto si fa criptico e per certi versi inquieto per atmosfere post-belliche, le visioni caustiche dell’insieme antologico, come la città di Mosca sottomessa al regime dittatoriale stalinista-surrealista e così lo Strider è mistura di scenografie che s’immergono in un contesto elettronico tecnicamente avanzatissimo: il disegno reso alla costruzione dei fondali consegue l’ispirazione più e più volte, e come accaduto per Ghouls’n Ghosts la parete del parallasse espande la percezione di profondità dimensionale sino a reinventare il genere del platfom sotto un possente dinamismo atletico; Capcom è brava a manipolare l’immaginazione di chi manovra offrendogli ciò che nessuno era stato in grado d’istruire in arcade intorno all’accademia del jump’n run e del riverbero dell’ostilità ascendente, che dal terzo livello in poi bisognerà restare a galla, e pure insiste riguardo la questione della ripetizione assillante degli schermi, a determinare la memorizzazione del pattern, ché di fatto si ripiega nella scienza dell’apprendimento per così marcare il territorio della dipendenza, lì quando la resistenza del nemico si risolve nel gesto della memoria eidetica, del quadro che hai imparato a presentire.

Più che attingere ai suoi precedenti musicali, l’attrezzo Strider mira a introdurre una libreria di suoni onirici e acidi, e di classico sintetizzatore Yamaha. La profondità delle basi strumentali è avvertibile in corso d’opera e si impone come accademia del sound Capcom nelle fasi di amplesso preliminare, quando si atterra con l’aliante e poi durante il tribale del quarto livello. Strider è un accostarsi di sequenze multisensoriali di grande sfarzo, di gran leggenda: riproposto su PlayStation nella collection Strider 1&2 e su PlayStation 2 all’interno della Capcom Classics Vol. 2, codesto istrione dal costume viola sembra voler sopravvivere al contemporaneo a figurazione del mito, comeché a legittimare la sua immortalità in forma di revival nelle saghe a combattimento, in Marvel vs. Capcom, ed è probabile che in futuro vi sarà ancora spazio per quest’eroe distruttore di regimi. Il fattore gameplay passa allora in secondo piano al cospetto di una parabola elettronica in grado di rispecchiare la epoca “alta” dell’intrattenimento da sala giochi, che l’idea nichilista e oltremodo occidentalista che lo Strider tuttora incarna volge alla definizione di certi significati bidimensionali irremovibili. Quindi il plusvalore del coefficiente di difficoltà si realizza assumibile di intenzioni che precedano il giocatore-utente, che minimizzino l’interazione e rendano a noi esseri mortali l’esperienza cognitiva terra terra, rudimentale, arcadista. Come a voler dire che oltre l’oggetto della sfida, oltre il punteggio, oltre lo spettro del game over vi sono le immagini. E queste descrivono la storia.









 

  Piattaforma Coin-op
  Titolo Strider Hiryu - ストライダー飛竜 - WORLD: Strider
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1989
  N. Giocatori 1
  Produttore Capcom
  Sviluppatore Capcom
  Designer Kouichi Yotsui
  Compositori Junko Tamiya
  Sito Web www.capcom.co.jp 
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 2
  Orientamento Orizzontale - Yoko Mode
  Scrolling Multidirezionale
  Risoluzione 384 x 224
  Formato PCB - CP System
  Emulazione Completa [testato su MAME]
  Genere Action platform
  Rarità
  Quotazione 150 - 200 €
  OST Sì [Strider Hiryu -G.S.M. CAPCOM-, 1989, Pony Canyon]

  Strider Hiryu ha origine nell’88 come personaggio dell’omonimo manga di Tatsumi Wada e Tetsuo Shiba. L’opera viene pubblicata tra maggio e ottobre dello stesso anno sulle pagine della rivista Monthly Comp Comics. Capcom, intanto, si interessa al progetto e simultaneamente avvia la produzione dei due videogiochi al progetto ispirati che avrebbe immesso nell’89 in forma di coin-op e di esclusiva del Nes. In verità Strider Hiryu (il coin-op), pur mantenendosi in relazione col fumetto a livello del contesto, persegue una storia parallela e del tutto inedita. Cosa che non accade sul fronte del Nes (e in seguito su Game Boy Advance, nella raccolta Capcom Classics Mini-Mix), il cui videogioco – che ovviamente differisce dal coin-op – racconta grossomodo gli eventi narrati nel precedente cartaceo. Strider Hiryu ottenne un considerevole numero di conversioni. In Giappone, versante console, è mirabile l’apporto di Sega per l’adattamento Mega Drive; malgrado il ridimensionamento della risoluzione, il port conserva gran parte delle caratteristiche dell’arcade, parallasse e suono compresi. Sul Master System, pur ovviamente mancante dei virtuosismi del 16 bit, Strider Hiryu mantiene dignità e muove fluidamente. Sul PC Engine, su CD, su sviluppo di NEC Avenue, nel ’94, il videogioco introduce uno stage inedito e una serie di sequenze in CG non avvistabili nel coin-op, oltre a una colonna sonora rimasterizzata in digitale, eppure il gioco canna il parallasse e sovente cade sul flicker. X68000, manco a dirlo, è arcade perfect. Ora, in Europa, se non è Ocean è U.S. Gold. Ed è U.S. Gold, per l’appunto, ad acquisire la licenza di conversione per gli home computer. La programmazione, quindi, viene affidata a Tiertex. Che rispetto ai trasferimenti di Rolling Thunder fa di meglio nella restituzione delle grafiche e del colore in particolar modo su Amiga e Atari ST (ma non si può dire lo stesso sulla velocità dell’animazione), realizzando anche un alquanto dignitoso adattamento per Commodore 64. I riversamenti peggiori riguardano lo Spectrum e l’Amstrad CPC. Su PC MS-Dos il gioco è più lento che su 16 bit, ma resta generalmente accettabile. Nel 2000 arriva direttamente da Capcom e in formato PlayStation Strider Hiryu 1&2. La collection, che oltre a presentare la conversione di Strider 2 vuole rimediare al mancato inserimento di Strider nelle Capcom Generation, è meritevole di elogio per come sa portare lustro ai coin-op rispettivi. Il port di Strider, in particolare, ottiene il trattamento di favore: viene per l’occasione ingaggiato un team di quattro programmatori estraneo al progetto Strider 2 e per cui resa una conversione diretta dell’arcade, oltreché eliminato un bug sul sistema di collisione dello sprite principale; su PlayStation Strider Hiryu gira a risoluzione lievemente inferiore (368 x 224 pixel a fronte dei 384 x 224 usati in origine), ma non lo si percepisce. La conversione, inoltre, consente l’utilizzo di un soudtrack alternativo e concede un menu sbloccabile a ultimazione che rende il colore dello Strider modificabile, e quindi introduce un sistema di accesso diretto ai livelli. Anni più tardi, il port di Strider Hiryu sarebbe comunque uscito standalone per la collana Capcom Game Books, ancorché solo in Giappone. Su adattamento Digital Eclipse, nel 2006 Strider riappare all’interno della Capcom Classics Collection Vol. 2 per PlayStation 2 e XBOX, e con l’opzione aggiuntiva degli achievement. Ma evidentemente Capcom vede il potenziale di Strider Hiryu surclassare il ruolo di protagonista di un videogioco a lui dedicato, e già in Street Fighter Zero 2 egli fa da spettatore nello sfondo di Ken; al crepuscolo di CP System II, allora, il Nostro diventa personaggio selezionabile di Marvel VS. Capcom con il corredo di super mosse e lo sprite ridisegnato. In Marvel VS. Capcom 2 (Naomi e Dreamcast) questi è ancora più stylish. In Ultimate Marvel VS. Capcom 3 Strider Hiryu addentra la generazione HD. Qualche anno prima, nel 2005, fu visto in Namco X Capcom. Ma si trattava di un ruolista. Nel 2009 il remake poligonale di Strider, che era in corso di sviluppo negli uffici di GRIN, viene cancellato per l’intercorsa bancarotta di quest’ultima. Intanto, la licenza del nuovo reboot di Strider è stata concessa a Double Helix. La software house rilascerà il videogioco nel corso del 2014 realizzando striderismo in HD e imponente visione (re-visione) delle meccaniche sorgenti.