GHOULS’N GHOSTS di @Luca
Abiusi
Si
riferisce in Ghouls’n Ghosts la guida spirituale del platform game per le utenze un po’ anziane che si son
consumate fior di adolescenze nel prototipo della sala giochi degli anni ’80, che doveva
essere per forza un luogo vetusto. Che doveva avere per gestore questo sessantenne che non
volesse iddio ti succede di sostare per più di mezz’ora sul medesimo cabinet si
inalbera, per chissà quale ragione, mentre si deve anche subire le avances
del microcefalo che insiste e reclama spazio al thailandese di Street
Fighter. Vuol farselo lui. Ghouls’n Ghosts debutta in arcade in questi
distanti luoghi del tempo per
tracciare il sentiero dell’illusionismo e trasferire un’idea di
videogioco dove è concesso ancora d’inventarsi le storie e i racconti di
schermaglie antiche, fiabe di negromanti, pulzelle e cavalieri. Non vi era sala
giochi cui mancasse il gioco dell’avventore che resta in mutande e bivacca
cimiteri, e sembra sia tuttora possibile avvistare
cabinati di Ghouls’n Ghosts disposti ad angolo in funzione di santuario, per non dimenticare come eravamo o più verosimilmente perché il proprietario non sa
come disfarsi del gravoso cassone.
Sebbene non avessimo ben definite le dottrine della critica
del videogioco, a noialtri è concesso di manipolare un titolo di prosperità estetica
manifesta. Vien dunque reso ritratto di cavalleria a pieno colore, e nondimeno riversata
di là dello schermo la visione di un medioevo che traversa l’orizzonte e brandisce di
spada, adopera di lancia, quelle lunghe che si è d’uso a stringere nella giostra, per
disarcionare a singolar tenzone. L’avversario s’incarna in quegli stessi demoni che si
pensava aver ricacciato negli inferi di Makaimura, qualche lustro addietro,
quand’era incerto il deambulare di corazza eppur credibile (incredibile) il solco dello
zombie coi capelli rossi. Nuova era. Il percorso di evoluzione stilistica del videogioco a
piattaforme si completa a schermo: i lampi squarciano il cielo a illuminar di boschi, il
morto vivente con la falce si appresta veloce dalle terre, i patiboli antistanti
raccontano di casse e carcasse, cumuli di ossa e cripta, l’odore d’incenso. Capcom sa come
allestire il teatro dei cliché. La sequenza. L’orco scuote la sua testa mozzata
a far dispendio di fuochi e fiamme al primo scenario occupabile, e il castello infestato,
i guerrieri fantasma più avanti nell’avventura e anche il mulino a vento, Don Chisciotte
della Mancia, le rovine del villaggio e la reminiscenza, il rinascere del mistero su tre
strati paralleli di indescrivibile letteratura, ché le bidimensioni formato Capcom
passano oltre l’intrattenere, davanti il mero sopravanzare dei guardiani e dei livelli da
battere a memoria, mirando al pattern.
Può darsi che il discorso del non potersi voltare in fase
di abbassamento realizzi lo scompenso delle dinamiche, eppure questo impianto di salto e
risacca di pixel che vuole rinnovare
Ghosts’n
Goblins sul versante delle armi in uffizio d’incantesimo a fulmine cruciforme,
armature d’oro, concorre a impiantare il teatro del neoromanticismo giapponese e con esso
il lato più apicale del platformista classico ancor quando a recar d’acquisizione di
forzieri a sorpresa che ora occultano il potenziamento, ora largiscono malefici, il
Ghouls’n Ghosts rivendichi l’assillo dell’automiglioramento, l’obbligo del dover addentrare
lo schema in forma di viscerazione di geografie e geometrie, sistemi, routine, strutture, CP
System I. La tecnica. Il videogioco Capcom concede. Con prudenza, ma concede. Ma non
si è sul logoramento della Data East peggiore, la stessa che vessa uretre a suon di
Sly
Spy e DragonNinja, dacché Arturo lo vede per tempo il nemico e può avere
il tempo di eludere, di sviare la traccia in abbisogna di randomizzare di un cinque per
cento sulla linea di percorso onde poi costruire la partita perfetta. I ponti del livello
due. Prima delle cascate di lava. Pieni di crepe ma si può anche cedervi senza dover
soccombere al verme, in risalita, essì che i margini di salvazione restan minimi, e
comunque l’abbandono dei rigidi meccanismi di manipolazione che furono dei primi Ottanta,
dei Rygar e dei
Rastan Saga da strofinare previe endovenose
anabolizzanti, accorre visibile in allaccio allo scontro coi mostri, i quali, per questo
giro, si rendono addirittura centrabili, aggirabili, effettivamente annullabili. Mirabile,
Ghouls’n Ghosts. Porta a sé la riformazione delle estetiche in bitmap nonché la
sensibile riscrittura del gameplay formato coin-op per rendere omaggio al genere tutto e
altresì ricavarsi il salvacondotto della storia.
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