THE PUNISHER di @Luca
Abiusi
In quanto trasposizione per sale
giochi del celebre fumetto di Marvel Comics, The Punisher
doveva essere picchiaduro a scorrimento orizzontale. E a svilupparlo doveva
essere Capcom, in quanto nessuno meglio di Capcom sapeva come introdurre a
schermo la violenza del punitore, che era tra le più violente opere a
fumetto pubblicate su suolo americano. A Capcom vien data carta bianca. E
lei risponde con le armi, col sangue, con un senso di incazzatura e di
rabbiosità che si palesa massiccio in forma digitale più di quanto non lo
fosse su carta. Invero, l’arte visuale traccia il solco. I segmenti centrali
della sceneggiatura vengono esaltati da un design su cui si riversa una
forma di espressionismo di arte minore e di forza maggiore. Per forza
maggiore, The Punisher diventa il picchiaduro stilisticamente più sferzante
tra quelli realizzati a Osaka e non tanto per la corrente riproduzione
anatomica di colui che uccide quanto per l’avvistabile stato di venerazione
rispetto a Marvel, il cui disegno viene dai grafici Capcom trasfuso con
l’incontrovertibile atto referenziale.
Incassata la sequenza di presentazione, visualizzante gli
eventi che precedono la ressa, si è catapultati nel vivo del gameplay dello scazzottare e
già i nemici accorrono a fiotti, pervenendo da sinistra, da destra, per introdurre al
rudimentale sistema di controllo a doppio tasto tipo
Final Fight. Fatto assai
gradito è il poter raccogliere oggettistica di forma e dimensione variabili allo scopo di
buttare la stessa in direzione sgherri, per risparmiare in pestaggi. Il sistema di
performazione mosse vede combinazioni di minima complessità pensate in forma di
gradiente, affinché sia fattibile l’alleggerimento delle zone preliminari, benché
superata la fase del quanto è bello questo gioco si realizzi il teatro della
Capcom gran studiosa del picchiaduro dove vi sia il seguirsi di colpi di cattiveria
pensati per innalzare il consumo a lungo termine, anche dopo avere assimilate le
meccaniche di attacco standard. La trasformazione degli spazi è funzionale al dinamismo.
Puoi ridurre in pezzi un bar e poi balzare su di un pullman lanciato e ottenere ancora il
bonus della pistola, o dei fucili, o del machete, ché comunque vi è larga pletora d’armi
di bassa e alta tecnologia, lì sul bordo della strada. Gli estimatori del genere vi
andranno a nozze. Ci sono pure i troioni a forma di ragno. Non si fa mancare nulla, The
Punisher. Le prese sono violentissime. Il punitore afferra con forza e poi scaraventa al
suolo come se scagliasse pietre, e vi è un calcio volante, e vi è una mossa di
avvicinamento rapido con capriola che può altresì servire per eludere la mischia.
The Punisher sa esser
videogioco anche quando costretto negli schemi del single player. Per quanto sia
consigliabile interagire
di fianco un secondo giocatore umano (Nick Fury, selezionabile
anche in alternativa a Punisher) manovrando in assolo vien pur determinandosi assoluta la
sensazione di onnipotenza, che è poi necessaria nelle fasi più avanzate, quando il
livello di difficoltà diventa serioso, seppur raramente si subisca il grado di
frustrazione avvertibile in Final Fight. Con The Punisher Capcom dimostra di
saper imparare dagli errori commessi sul finire degli anni Ottanta e di
poter conquistarsi la
maturità necessaria a primeggiare, in modo definitivo, su di un genere che
in quel periodo era ancora di importanza centrale nel settore degli arcade.
Bisognava inoltre lavorare sulle grafiche. Che sono belle, che dimostrano
prestanza sul lato delle animazioni – fluidissime, monumentale quella del punitore
– e
sul dettaglio degli sfondi, i quali vogliono il meglio della CP System I. La ragguardevole grandezza degli sprite si allinea alla riuscita
colorazione e a un character design estremamente fedele al comic book.
Capcom ha altresì optato per il ripercorrimento della forma didascalica delle vignette
cartacee, cosicché si legga a video le scritte bang, blam, crash
accoppiarsi, sovrapporsi ai rispondenti rumori. Serio è il castello dei
suoni. I suonatori dispensano potenza acustica utile a conferire verosimiglianza alla degradazione dei vicoli,
e benché non vi sia un reale rinnovamento sulle librerie sonore utilizzate
per i precedenti picchiaduro Capcom, viene offerta dell’ottima musica
d’ascolto disimpegnato. Urge quindi collocare The Punisher all’apice del genere beat
’em up a
scorrimento, e grazie alla sostanza di gioco, a questa massa di mazzate elargita con
classe.
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