Mentreché
intanto i pionieri trafficavano con le Rom dei videogames ’80 per uso di un programma di
simulazione di videogames ’80 avveniristico – non potevi credere che Black Tiger e Ghosts’n Goblins
potessero coesistere su PC, nel ’98 – ti dovevi anche dimenticare
velocemente dei programmi potenti della CP System II, quelli che dovevi avere un Saturn
espanso poiché soltanto lui prima del Dreamcast era stato all’altezza di
sostenere i picchiatori della Capcom più megagiga quant’era bello Vampire
Saviour, te ne ricorderai sicuramente per dindirindina, cappuccetto rosso col
bazooka e le foreste così che quando si materializzasse un Marvel vs. Capcom
nemmanco uno a sorprendersi vagamente, questo versus
estremissimo; arrivano i supereroi della Marvel a combattere i supereroi della
Capcom in tag team. E solo questo diceva molto ma vi era dell’altro
poiché Capcom incideva sulla determinazione del flusso. C’era invero la
continuità (e la continuazione) del disegno dei fumetti nella bustina che ti
consente la componente d’insieme, una cosa verso cui essere asserventi finché il
videogioco esisterà, e siamo abbatanza seri nel dire questo; immagina se Capcom
avesse deciso di non fare i versus: mancheremmo adesso Strider Hiryu contro
l’Incredibile Hulk. Il combattimento del secolo. Che di Muhammad Alì contro
Foreman ne vuole due.
Risulta dall’inizio che il meccanismo sarà come
quello di Marvel Super Heroes vs. Street Fighter,
con il tag team estratto interamente nel suo spettacolo radicale anche
se per mezzo della novità del terzo personaggio attivabile in-game, in realtà una fugace apparizione che la cpu opziona tra una pletora di
guest star scritturate a partire dalle sceneggiature della Capcom,
nonché dai “comics” minori della Marvel Comics sulla linea editoriale di Thor. Ci è parso di
vedere Arthur. Ci è sembrato di avvertire la presenza un Nanashi no
Chyousenshi (Forgotten Worlds)
e forse anche di Juggernaut e
Psylocke come per ammansire i cultori del cabinato classico
quanto gli irriducibili collettori della carta-inchiostro, sebbene quel che deve
interessare a Vossia sono i personaggi utilizzabili direttamente; si deve allora
razzolare tra quindici sagome generalmente irsute che di nome fanno Captain
Commando e Wolverine, attori che per
carisma e curriculum useranno reggere da soli il fardello del picchiaduro per
codesta dinamica del non concedere respiro: fasci energetici, valanghe di cani
meccanici, piogge di meteoriti, terremoti, uragani, tsunami, vortici d’aria,
fuoco e fiamme definiscono lo schermo con quest’azione congestionante che fa
detonare il
gameplay del due contro due performato con un passante – esiste inoltre una
modalità per quattro giocatori – che adempi all’obbligo di premere tutti i
pulsanti del joypad in modo forsennato, così da eseguire movenze impossibili
senza interruzione di continuità e colore.
La guida universale sulla disciplina del
combattimento di Capsule Computers è argomento di pubblico dominio dal 1991.
Essendovi allora codesta vastità d’esecuzione a sei tasti marziale, in uno stadio interattivo che
prevede tanto
avvicendamenti di strategia quanto combinazioni casuali con tutta una serie di Hyper Combo, Variable
Attack, Variable Combination e Variable Counter, che in
altre parole sono null’altro che le super mosse a corredo del cast, riveste un
ruolo essenziale la scelta del joypad. Almeno due numeri in meno
sul voto finale qualora si consumasse con il controller ufficiale del Dreamcast,
e si consideri per cui l’acquisto di un buon fighting
pad come l’Ascii Pad FT. O il joystick verde della Sega. Il versante
della conduzione grafica bidimensionale dimostra il design
trasformabile della console, che non è a fine ’90 giusto pensata per i
videogiochi in 3D; l’estensione del colore e l’animazione potente, lo
scorrimento perentorio che traccia fluidamente lo schermo dicono che CP
System II è cosa da niente per il Dreamcast, lui che il taglio di fotogrammi
non lo considera proprio con la quantità di Ram che restituisce a schermo,
ed è come inserire il gettone quando vedi che il GD-Rom non ha
bisogno di caricare le cose. Ché il Dreamcast trattiene tutto in memoria. Ci sono
questi sprite giganteschi. Vi è il suono stereo non compresso e gli effetti
tuonano clamorosi ed è inutile: potremmo passare al setaccio Marvel vs.
Capcom per giorni senza trovarvi un limite che non sia al più
indirizzabile al ristretto numero di combattenti adottabili in-game.
Condizione che vien fuori, tuttavia, solo dopo aver visto i cinquantasei
personaggi del sequel.