Capcom
edizione deluxe esagera e ne mette dentro cinquantasei.
Manco la saga di King of Fighters
produsse tanto in termini di affollamento, sicché in Marvel vs. Capcom 2
si rasenta il parossismo chiassoso del mercato della frutta in piazza,
minestrone che attinge al contesto dell’universo Capcom e non meno alle
ciurmaglie della Marvel Comics così che l’oggetto risultante riuscisse a oscurare il
precedente episodio,
ch’era risultato crasso proprio sul lato del gameplay, benché l’hardware di
riferimento sia questa volta di competenza Naomi per consentire la
conversione parallela. Si rileva comunque scritture grafiche di raffinazione
maggiore tenuti in conto questi sfondi in 3D parallattico e le più sature
colorazioni, come anche il gioco online, ch’era comunque ristretto alle utenze
giapponesi. Poco male. In fin dei conti,
trattandosi di un titolo che riesce a reggersi grazie alla festa delle due
fazioni che realizzano gli stili del supercombattimento continuativo, il connubio tra
fumetto e videogioco, potevano anche decurtare la modalità in multiplayer
locale: lo si sarebbe acquisito comunque, per ottenere il privilegio d’impersonare
Ruby Heart.
Recuperando parte della struttura a incontri di
“The King of
Fighters”, il beat ’em up della Capcom scompone le squadre dei
superuomini in tre unità ciascuna a comporvi collegate talune tecniche di
supporto attivabili esercitando pressione.
Le tre personalità usano scambiarsi quando dicolo loro. Il supporto tecnico,
al contrario, definisce abilità
speciali che si deve necessariamente opzionare a inizio round come per
conferire
ai combattimenti il rilevante fattore strategico, che poi si appoggia sulle nuove
Delayed
Hyper Combo, per contrastare l’esecuzione delle già conosciute Hyper Combo attraverso
una micidiale sequenza di colpi. Le Variable Combination, invece,
permetteranno di decidere se utilizzare due o tre Hyper Combo
simultaneamente in accordo col grado di potenza raggiunto dall’Hyper Combo Gauge. La combinazione
e il susseguirsi di rinnovati megauomini col mantello, la commistione di super mosse
caricate a fuoco e le overdosi di tecnica richieste conferiranno a Marvel vs. Capcom 2 un
territorio di combattimento unico e difficilmente ricostruibile oltremodo
assumendo l’ostacolo dello sbloccaggio del roster che non si sblocca,
quantomeno non così facilmente (al tempo ci si poteva interfacciare con la versione arcade
tramite salvataggio). La soluzione più pratica è di cercarsi via internet
un apposito “save state” con tutti i personaggi precaricati e trasferirlo su
Dreamcast con l’adattatore SD, in modo da essere contenti subito.
Sebbene l’animazione non si guadagni il
marchio di fluenza che usava conferire a Street Fighter III
la perfetta intercalazione del disegno, la tecnica di Marvel
vs. Capcom 2 è da considerarsi di spessore. Il computo di fotogrammi,
massiccio, fa muovere il circo velocemente registrando una ulteriore fluidificazione
delle figure non inedite. Si devono guardare in azione Strider e Captain
Commando. Quindi il character design appare
prevedibilmente sontuoso. Ammirevoli le caratterizzazioni, rimarchevoli le
new entry (vedi Gill Valentine di
Resident Evil).
E per il fondale viene scomodato un visus tridimensionale di scorrimento in
prospettiva che però non deruba lo stesso dell’attitudine al 2D concettuale;
l’apparato visivo dice grazie al dettaglio
e ai disegni, al bitmap sinuoso, effetti specialissimi di tecnologie
Dreamcast che completano un quadrilatero estetico di extra confusione,
distorsione et rotazione, alpha blending e contrasti di colore al
margine dello
psichedelico. Ancora, le super mosse e le Hyper Combo beneficiano
di questa fotografia di lateralismo estremo nel dove lo schermo viene saturato da un folto
esercito di meccanismi mercenari, armi gigantesche esplosive talché a unica
significativa mancanza si configuri una lieve screpolatura dello sprite, più
che altro dovuta alla discrepanza di risoluzione dei personaggi rispetto
allo sfondo in 3D (stesso artefatto riscontrabile in Capcom vs. SNK 2). Cose
veramente marginali. Il suono trasfonde il carattere di chi sa suonare. Interviene questa colonna
sonora di effettistica e strumenti che incide il quadro, completa la
consumazione dell’azione solcando il jazz, dispensando l’esperimento del
brano su traccia vocale, un fatto nuovo in casa Capcom. Che fece bene a
scegliersi Naomi. Che era uguale al Dreamcast. Indubbiamente, si tratta dello stesso
programma fatto uscire in sala, quello senza vie di mezzo con un quintale di personaggi
e mezzo, almeno due astucci di popcorn salati al burro come al cinema,
grande situazione incontrollabile di casino.