Inseriscono
su Netflix un anime di ragazzette a mo’ di Glitter Force e vuoi che non lo si
guardi. Lo si guarda. E ti dirò anzi che si vorrà lucidare chi ne rivendicasse
un domani i meriti sulla realizzazione del concept d’intolleranza al
bianco candore e di promozione del caricamento di un certo rossettismo “moe”
secondo cui ogni sequenza deve traviare il senso del sobrio per accedere a forme
di colore brillanti che siano a vista irriconoscibili in quanto non rilevate
ancora dall’occhio umano in condizione di messa a fuoco, a meno di non piegare
verso una di quelle periferiche di estensione della realtà mediante cui ottenere
il brevetto sui nomi da affibbiare a scale di colori evidentemente nuove chessò
il verdagno il blerde il crucsia o perché no il froxio
ma però no: Glitter Force è vuoto. Il character design di Full Metal
Sister Marilu, se non altro, sa argomentare verso un’esplicita volontà di
rimodellamento antropometrico sui precedenti stereotipi femminei in linea con le
maghe magò, e si difende seppure anche occasionalmente nei rapporti di
sceneggiatura, i dialoghi che non si capiscono poiché scritti in giapponese.
Ci si ridiano i giorni in cui i treni arrivavano
in orario ai secondi quadri e non si veniva per forza di circostanze deviati su
carrozze di second’ordine spurie di sedili e macchinisti come carrozze fantasma,
ma va pure aggiunto che in Full Metal Sister Marilu sussistano concrete possibilità di
interfacciamento con un robot di quelli massicci coi reattori che si vedono
nelle serie animate della Gainax dove se spari distruggi tutto e se vieni
colpito devi di corsa premere il pulsante dell’esplusione se no esplodi ma forse
si fa confusione, forse s’intendeva ricondurre a un videogioco del ’96
realizzato dalla Nazca che si chiamava Metal Slug nel quale l’omino soleva
avanzare col fucile multidirezionale in un luogo stracolmo di guerra per
uccidere un numero infinito di marziani, o erano cristiani, vabbè marziani,
cristiani, è uguale. Il fatto è che il videogioco di Shisui House si comporta
generalmente allo stesso modo ugualmente in missione di salvataggio dei
prigionieri e allorché montante un raggio di fuoco di 180° a respingere brigate
di nemici multidiagonali vagamente incazzati, e andrebbe in qualunque modo
diramato che lo snodo del gameplay, la caratteristica attraverso cui Full Metal
Sister Marilu si configura a credibile e assai detonante tributo allo shooter
di terra rinvenga alla maniera di una ordalia sommaria, lì dove si vedono gli
alieni mettersi in fila e guasconi immolarsi alla festa mortifera, un’allegra
coreografia dell’obliterazione.
Eppur malgrado di questa ostentazione di
manovrazioni sempre uguali sempre orizzontali e a riconoscere le situazioni di
fuochi mai scadenti all’inconcludenza, il videogioco dichiara di saper sostenere
un serio convegno con un dato numero di eminenze arcade degli anni Novanta
attuando l’imposizione del ritmo senza interruzione come in atto di sparatorie
continue e di continui potenziamenti dell’armamento in dotazione, fucile a canne
mozze, mitragliatore, lanciamissili, bombe molotov, bambole
voodoo, bombole del gas. I fotogrammi di animazione ci sono. Meritevole avviene il ritratto generale
degli sprite. Si acquista il mecha design che vige, che restituisce le
corazze in titanio battuto in forza agli eserciti di una di queste serie di
robot-manga di origine Banpresto che da sopra e dai lati fanno arrivare oggetti
volanti non identificati provenienti da pianeti distanti, o dalle basi militari
dei
luoghi di confine; musiche di parziale credibilità iniziano a suonare per creare
il sottofondo delle sale arcade giapponesi degli anni Ottanta che è il caso d’impegnarsi
di ascoltare in misura di legittimazione della predisposta
leggerezza, ché il videogioco Shisui House è nulla di veramente austero di
veramente acuto: lui si presta a sorta d’attrezzo di consumo del quale il
giocatore-macchina deve limitarsi a realizzare l’esistenza, già che questi non
chiede che di spingere i due tasti a oltranza onde causarne l’evaporamento. Va
resa menzione di un letale “Challenge Mode”. L’additivo alla mescalina
opziona il robot dall’inizio a renderne micidialissima arma di sterminio di
massa e distruzione, per aumentare il casino.