La
saga degli eroi Treasure. Un platform game trasversale, innovativo, in
doppio. Esiste un’eventualità di iniziale smarrimento, mal di testa, dolori alle
giunture ma dopo ci si espande nel multisparo e si diventa padroni del proprio
destino. Non esiste ripetizione in Gunstar Heroes: la sequenza degli schermi
arriva diversa col suo carrello di elementi da ridurre in pezzi piccoli, per
mezzo di codesta pistola atomica, ma qualcuno è convinto che si deve in ogni
caso saltare, determinare interazione per smontare il nemico-soldato che si
mette ai comandi del meccanismo con le braccia prensili. È richiesto di
scatenare il forcing
in quanto gli esoscheletri producono usualmente un conteggio resistenziale
sistemico di sovrimpressione, dacché appare un contatore che ne indica il livello di potenza
e sta qui la frenesia, l’esasperato modello di gameplay per cui attaccarsi alla
fase del combattimento come se fosse un picchiaduro à la Street Fighter
II, e non a caso tra i cattivi ci sembra di riconoscere Mr. Bison.
L’ascensione del design. I programmatori si
prodigano a realizzare una caratterizzazione a cui non sia possibile
sottrarsi, magnetica da
attirare, sei esposto; non si parli del limite infrastrutturale della
bidimensione da che unicamente
Treasure e un paio di altre software house erano (sono) in potenza di trasfigurare il cyberpunk,
quello manga, quello giapponese, su tavole al raster digitali. I colori opzionati per le
gradazioni sfruttano il Mega Drive per intero, e non bisogna nemmanco
sottostimare la movimentazione degli sprite, deflagranti in pieno schermo. Si parlava di
disegno grafico e ci si potrebbe dilungare per ore intere se solo il gameplay non
esplodesse anch’esso verso simili dirompenze a dichiarar guerra ai
videogiochi scemi, affermando lo shooterismo della distanza e del contatto,
ritornando al videogioco Data East della multidirezione e del puntamento
diretto e ricuperando ancora le visioni, le intuizioni di un gioco qual è
Xexex nei principi della divergenza visuale, virtù che Gunstar Heroes
evidenzia ogni quando gli assalti al nemico asservano le geografie
circostanti a renderne frammenti, fotogrammi arcade di autentica fotografia,
improvvisi coin-op da programmarsi sul Mega Drive per conquistare libertà
maggiore, ché sulla console si poteva provare a decostruire il
bidimensionale corrente con l’inserimento di percorsi nuovi, giochi dentro
giochi, combattimenti uno dietro l’altro, sezioni a sparatutto, visioni
meta-videoludiche. Il 2D a piattaforme è per Treasure il fertilizzante che
serve a dare alla luce il videogioco alternativo, la opera parallela. Gunstar
Heroes è un Contra in abito da sera.
Quattro tipi di arma. Due opzioni per direzionare. Una sola
via affrontabile: l’abbattimento del mondo. Chi scrive è portato a utilizzare il sistema
a bloccaggio con cui al puntamento l’omino si pianta, e tuttavia dicono che
l’utenza più guascona gradisca generalmente optare per lo scappamento e lo sparamento
unisoni, tanto poi questa seleziona il cheaser che bersaglia i
nemici a ricerca ma «però sia gentile, favorisca il calcio ravvicinato, sà
esser utile. Consideri anche la possibilità di afferrare il cattivo a
distanza di pixel e di scivolare a spazzare i pesci piccoli, quelli che non
danno fastidio». Treasure si intromette nella sparatoria e chiede alle
utenze di variare gli attacchi, di attingere a un metodo di offesa parallelo
qual dovrà essere il calcio volante – due volte il tasto del salto – per
liberare più rapidamente le aree occupate eppure Treasure insiste: «ci si
appenda alle superfici alte, dovrà servire a sparare predominanti, voglia il
caso che i pupazzi si addensino in gruppi a piano terra», e dà suggerimenti
preziosi nelle stringhe precedenti i boss, e consiglia di afferare il
compagno d’armi e di lanciarlo a funzione di palla di fuoco contro i mostri.
Gunstar Heroes fa tremare lo schermo. È tutto un detonare, prendere,
mirare, scalciare ché lo schermo non sente ragioni e non si svuota, anzi
prolifera ometti quasi manga badando a verticalizzare, a diagonalizzare, a
tridimensionalizzare lo scorrimento multilaterale che si schioda neanche a
dire “basta, pietà per un povero cristo che rivendica svaghezza,
passatempi”. E allora, sebbene sovrastato da quantitativi di sprite che
potrebbero sovente compromettere l’interazione in singolo e quindi uccidere
il tessuto cognitivo di chi non sa guardare oltre lo scolasticismo Nintendo,
Gunstar Heroes restituisce a video le immagini che
appartennero ai Signori Fondatori del videogioco.