Esiste
tecnologia Technosoft con equipaggiamento proveniente da uno spaziomondo del
venticinquesimo secolo di scuola giapponese che non è precisamente uguale ad
Aero Blasters, non esattamente come tutti
gli altri poiché osserviamo adesso un’area di sterminio che rigorosamente arriva
in orizzontale e dissemina in verticale verso una copertura spaziale di schermi
due. Beninteso vengono consegnati per regalo due shooters
che solcano apparentemente dissomiglianti sinché ad alta quota s’addensa un
margine di fuoco da
battere perseguendo strategia assolutamente al pattern mentre ancora alle zone
inferiori accade sterminazione di schematismo parallelo differente. Si è
possibilmente Noi a decidere quale settore a display far Nostro nel momento in
cui si potrebbe oltretutto direzionare la via di tramezzo in disfida del gameplay,
assolutamente verso un
rateo di ostilità massimale che vede le navi e i proiettili delle due
sezioni coordinarsi e convergere tutte quante addosso al Fire LEO-04 “Rynex”.
Vige procendimento di attacco bionico. Difronte al guardiano finale ti vengono i
capelli bianchi, diventi verde ed è anche in ragione di questo che Thunder Force IV
si determina, nei primi Novanta, epicentro visuale dello shoot ’em up.
Il vespaio nemico volge al futuristico, laddove gli
agglomerati di ferraglia e i volatori si agganciano a un disegno grafico evidentemente
sofisticato: il risultato finale sottopone meccanismi di struttura motorizzata e
corazzatura d’ingegno aerodinamico. Una visione estetica che Technosoft persegue sin dai
primi Thunder Force: la grafica dà sfoggio d’alta tecnologia bidimensionale in sede di
trasparenza, fluttuazione di sprites hardware, stratificazione e moltiplicazione di basi
prospettiche (leggi multiparallasse: se ne contano, in alcuni casi, più di trenta
strati), colorazione, animazione, dettaglio e velocità di scorrimento, sventaglio e
dinamicità di navi madre che già in presentazione si mettono a virare furiose. Il
sistema di controllo ritorna immediato in ossequio al Vangelo Secondo Technosoft,
per cui è possibile variare l’andatura del mezzo a mezzo tasto deputato, così
come sarà concesso di cambiare arma in modo volante, sulla base delle urgenze. Il livello
di difficoltà si orienta perentorio verso l’alto, e benché non si conquistino gli apici
di frustrazione del
prequel si ha a che fare con una struttura hardcore che
anzitutto reclama la passione per la progressione caterpillar, la mania per gli
schemi e gli schermi. Allora il gioco cattura, esalta, annulla tutto quel che passa sul
monitor senza vie di compromesso e maltratta, strapazza il manovrante per
sottoporre alle sue
palle l’arte dello sparo professionale.
Eppure il desiderio di conquista del nuovo scenario sarà
tale da alleggerire il rimesto, e si è convinti che il pezzo di plastica rimarrà inserito
nel Mega Drive almeno fin quando non si sarà sconfitto il novanta e un per cento del
ferro. Quindi Thunder Force IV scrive il legame spirituale fra disegni di mondi,
attrezzature stereoscopiche, e acustiche che risuonano, rimarcano. La sintesi strumentale
subisce pesante lheavy metal dei Megadeth ma anche l’hard-rock degli Iron Maiden in
classica corda stoppata, con riff adducibile al miglior controtempo dei Metallica del Black
Album. Sicché il frastuono riconduce fuori del televisore, ché è
prerogativa dei Thunder Force mettere in rapporto i sensi affinché si schieri il disegno primordiale, la guerra dei mondi metallari. La guerra di cieli potenziati
pieni di gradazioni e astrofisica. Thunder Force IV è un proiettile sparato a massima
velocità nello spazio, nel futuro. Nello spazio del futuro. Il Vangelo Secondo
Technosoft vuole che si persegua la traccia, il segmento, l’itinerario ideale,
ma che si improvvisi, anche, e vuole che il manovrante si guadagni l’Eden col sangue e
chiaramente esige ch’egli resti sul binario dell’atomizzazione per trascendere e
ascendere, fare tanto rumore. Ora in Thunder Force IV il movimento è pressoché tutto. Lo
sapeva bene Technosoft di aver creato un tipo di letteratura in sedici bit capace di
rivelare agli universi il nuovo sistema di occupazione e disintegrazione del reticolo al
raster quando decise per la Thunder Force Gold
Pack, frontiera trentadue bit, versante Saturn, solo Giappone. No PlayStation.
Ché PlayStation non era abbastanza di nicchia per una Technosoft che nel ’96
guardava al Sega Saturn e per inerzia ancora agli stimatori dell’avanzatore
spaziale ad avanzamento, gli stessi che avrebbero presto incominciato una
nuova esistenza di sociopatia, di collezionismo di futuri oggetti rari.