Checché se ne possa dire,
l’impatto che Neon Genesis Evangelion ha avuto sull’animazione nipponica
è stato senza precedenti: mai un cartone animato prima di allora era riuscito ad imporre
così le proprie soluzioni narrative e produttive al resto del mercato, interessando sia
coloro che ne hanno colto solo gli aspetti più superficiali, che un pubblico più attento
(seppure non completamente scevro dalla ghettizzazione degli anime), disposto ad
analizzarne le molteplici chiavi di lettura. Sotto questo punto di vista, il tie-in
Bandai oggetto di recensione ha colto in pieno lo spirito della saga, facendo palpitare in
più punti gli appassionati a cui è rivolto questo titolo e risultando pure ludicamente
sufficiente. Praticamente un miracolo. La volontà da parte degli sviluppatori di far
contenti i fan è palese; inserita la cartuccia, il gioco comincia con un filmato 2D
calcolato in tempo reale di grande effetto. E ogni schermata statica, dal Press
Start al Game Over, passando per i menù di gioco, è perfettamente in
linea con lo stile minimalista della serie. All’introduzione seguiranno altri filmati: in
svariati frangenti sembreranno realizzati al risparmio o triviali nella giustapposizione
di pessimo gusto tra scene bitmap ed elementi poligonali, ma si riveleranno frequenti, e
anzi saranno l’unica soluzione di continuità tra una fase di gioco e l’altra.
Infatti, Evangelion non è che una collezione di minigiochi collegata a una girandola di
eventi. Bandai ha optato per una progressione pedissequa rispetto alle vicende dell’anime,
in cui il gameplay cambia radicalmente di livello in livello, passando con la massima
disinvoltura da picchiaduro a spaccapulsanti o gioco di danza, senza dimenticare sezioni
in stile inquadra il bersaglio e spara.
La scelta è funzionale alla narrazione e spesso azzeccata, ma come prevedibile per ogni
progetto del genere, la cura delle singole sezioni è tutt’altro che estrema. Soprattutto
quelle picchiaduro scadono facilmente nel blando, riducendosi di fatto all’attivazione
tramite joypad di determinate animazioni; la conseguenza diretta è il fallimento nella
creazione di un comparto di mosse organico, a cui subentra presto la noia. E nelle altre
sezioni, l’interazione si esaurisce vieppiù con la pressione, compulsiva o a tempo, di
massimo tre pulsanti, con l’effetto di somigliare, in certi frangenti, a un novello
Dragon’s
Lair. Non è assolutamente un male, ma la formula, così com’è stata implementata
dagli sviluppatori, difetta chiaramente di consistenza, anche nel campo della longevità;
persino a difficoltà hard, Neon Genesis Evangelion può essere completato in un pomeriggio
(ma pure questo era prevedibile, data la natura del gioco).
Tuttavia si sa, l’amore è cieco, e il fanboy è sempre
lieto di chiudere entrambi gli occhi, soprattutto quando il risultato è comunque
gradevole, sebbene orientato un po’ troppo verso la distruzione dei tasti A e
C-basso... L’assenza di conati di vomito durante l’atto ludico, pur essendo già di per sè
un traguardo, non spiega l’enorme devozione che questo titolo ha sempre riscosso. A far
questo, basta una parola sola: immedesimazione. Il titolo Bandai risulta
veramente vincitore, almeno rispetto ai suoi risibili avversari, nella capacità di
riproporre più elementi possibili della serie. Le curve di sincronizzazione fluttueranno
mentre Shinji Ikari o chi per lui urlerà in katakana da
finestrelle olografiche aperte all’uopo, e se il cavo dell’alimentazione elettrica dei
robot verrà tranciato, apparirà su schermo il contatore dell’energia interna
rimanente. Persino le inquadrature ricalcano con dovizia quelle dell’anime, alimentando ulteriormente
l’illusione di essere stati catapultati in una puntata della serie. La messa in scena è
esaltata dalle meraviglie del motore grafico: i modelli 3D e le tessiture rasentano la
perfezione, e, nelle sezioni più guidate, il tutto in movimento ha dello sbalorditivo; ma
l’impressione di trovarsi di fronte al nec plus ultra scema non appena viene data
un po’ di libertà d’azione al giocatore, e cominciano a vedersi animazioni pacchiane,
elementi di contorno dozzinali e scenari scarni. A Bandai pensano di poter fare i furbi.
Bello nascondere dietro scelte registiche i propri limiti di programmazione. Bello ovviare
con tanti diversivi scintillanti alla propria incapacità di creare esperienze di gioco
strutturate. Bello far passare per gioco di culto un prodotto con poche pretese. Togliendo
un attimo la pecetta con il titolo, le magagne spuntano fuori, e sono anche tante. Ma in
fondo, che importa? A chi importa se questo event game ha lo spessore e
la longevità di uno stuzzichino da aperitivo? Chi si lamenterà della poco più che
sufficiente digitalizzazione delle musiche, quando avrà a disposizione 600 e passa
campionamenti vocali dei suoi beniamini? Forse siamo noi che ci ostiniamo inutilmente a
voler dissezionare qualcosa la cui magia risiede altrove rispetto ai quattro numeretti che
vedete a fine pagina. Insomma, è Evangelion, è per Nintendo 64. Che vogliamo di più? Un
gioco? Suvvia.