Una sensazione
come di assorbimento, non consideriamo l’ascolto. Ci fossimo limitati
all’ascolto ci occuperemmo di psicologia e giammai scriveremmo sul problema del
disco Thalamusic che cessa di esistere, e meno male che al tempo arrivammo per
tempo – nello store Psytronik ne erano sì e no avanzate due copie – se no adesso
anziché star qui a scrivere su Thalamusic sprecheremmo il Nostro tempo
nell’iniziarvi a una serie di strategie sull’automiglioramento dell’io. Hubbard.
Il solfeggio ai titoli del videogioco Delta risulta rivelatore. Ma il suono
mistico è colui che avviene durante il volo, una cosa SID che decolla silenziosa
nelle tenebre e non atterra mai veramente, un coito interrotto – CD 1, traccia 5
– cripto-trance che Hubbard deve aver consumato a seguito di un uso aggressivo
di sostanze psicotrope, ci esce il sangue dal naso, ma sì anche le vostre narici
si ricorderanno la percezione come se di vibrazioni, undici minuti di
elettroshock in cui Hubbard decide di succhiarci la testa.
Jeroen Tel
discende dagli dei. Stiamo parlando di Hawkeye, non di cose di musica piano-bar
tanto per distrarre; la tecnica di trabeazione delle sintesi, riconoscibile
negli stridori e durante il collasso verticale del volume dimostra il SID alla
maniera di un vincolo di sacralità manco se la caduta di Odino si dovesse
celebrare sul Commodore 64, che tuttavia risulta essere il microcosmo di
fecondazione di una corrente elettronica parallela che avremmo veduto risolversi
nell’asse underground franco-londinese tra Daft Punk e Chemichal
Brothers. Nella stratosfera Thalamus va di moda la sperimentazione. Matt Gray e
Martin Walker, di per loro, non sembrano valersi dell’influenza tastierista di
Jan Hammer. Il loro visus distrettuale al più retrocede alla psichedelia anni
’70 nel loader di Quedex, per una manovra di avanscoperta di spazi 1999
nell’Armalyte, allo schermo dei titoli, percussione netta, rumore di meteoriti
con lo strascico, profondo nero. Retrograde (Steve Rowlands), invero meno
invasivo nell’esecuzione, esplora in compenso una diecina di rumori confezionati
per l’occasione, una cosa di riduzione di strumenti a fiato e di stiramento del
processore sonoro fino al bug sistemico, a riferire le acustiche su cui l’autore
avrebbe inciso le successive colonne sonore allegrissime di Creatures e
Creatures 2 – CD 2, tracce 1-19 – dei peluche che danzano al ritmo, la frase
sonora del negozio è un estratto di caramello puro al 99 per cento che supera il
check-point di frequenza ad alta precisione a 4000 Hz, gli oscillatori
oscillano, ondeggia tutto nella stanza. Il disco chiude con Ashley Hogg (Nobby
the Aardvark) perché si doveva concedere un po’ di leggerezza, una cosa di
ascolto che commettesse pace sull’apocalisse irrevocabile del CD 1, che del
disco è il CD portante, quello che ne definisce il calibro. |