Come
è noto, il verbo del Lucabiusi impone la superiorità morale del macchinettismo
derapante sulla grigia simulazione, ché già passiamo la grigia esistenza a
cercar di simulare una qualche minima forma di attività cerebrale, e vi assicuro
non è divertente; eppure questi dogmi, tipo legalità, tipo open world brr, a
volte stanno lì solo per soffocarti un po’, e fra una sgommata di qua e un salta
e spara di là, un calcio al pallone e una master class di game design by Project
Firestart, ogni tanto potrebbe venirti il ghiribizzo di qualcosa di insolito e
rilassante, chessò un simulativo. Una insana voglia di sistema di controllo
macchinoso, di inesorabile lentezza di manovra, di irritante estensione
territoriale. Ciò che può darti tutta questa gioia è quell’ammasso informe di
fango, fuoristrada e mezzi pesanti che è MudRunner, diabolico applicativo
che sotto altro nome infesta gli unti cassoni dei pcisti da più di cinque anni
ormai, e che da qualche tempo è disponibile anche per noi bambini con le console
che possiamo così dilettarci a sfrecciare a 2 km/h in mezzo ai prati e agli
acquitrini. Chi non sa fare, fa free roaming, ed è questo che si fa in
MudRunner, si attraversano steppe vagamente russe o americane alla ricerca di
tronchi, a velocità prossime allo zero, con le ruote che slittano, cercando di
non rimanere impantanati.
Qualcuno per questo titolo ha parlato di
“esperienza metal”, nelle sue varianti sludge/doom per la lentezza e sofferenza
della manovra, o drone/industrial per l’accompagnamento sonoro fatto di sbuffi
di fumo e clangori metallici (si taccia sull’imbarazzante accompagnamento
musicale con chitarrone da quattro soldi, da ammutolire dopo due secondi dal
primo avvio), ma dal punto di vista del sottoscritto l’esperienza è invero
maggiormente assimilabile alla meditazione zen: nella lentezza non bisogna
vedere la sofferenza, ma una porta verso la comprensione della realtà. Questo
fango, le rocce, i declivi, i tronchi, i fiumi esistono, e possono essere
attraversati, basta non aver fretta; in questa dimensione il mondo ordinario a
poco a poco scompare e si viene risucchiati nella vegetazione che lussureggia al
tramonto, nelle notti da incubo degne di Silent Hill, nella gioia del guado in
prima ridottissima. La logica si sovverte nel momento in cui ti complichi la
vita decidendo di scalare un dirupo senza motivo, per il solo piacere di farlo,
e inevitabilmente l’hummer si cappotta, la benzina finisce, i copertoni
sprofondano ed è il caso di approntare una “rescue mission” epocale con il tuo
amichetto online che parte dall’altro capo della mappa colmo di ansie e paure,
ma anche da solo è uno spasso, ché sì è l’alba e fra tre ore devo essere in
ufficio ma adesso è il momento di andare a salvare quel maledetto carico
ribaltato.
Sì gli specchietti non funzionano. Sì caricare i
tronchi è peggio di un lavoro vero. Sì ma non è divertente. Ma però il motore fa
“BRUM BRUM” ed il clacson fa “HONK HONK” (aka “bopi bopi” in italico idioma) e
scorazzi col trattore, con la simil-trabant, con il bestione inarrestabile a
otto ruote, e di qui non si passa come devo fare? no guarda bene lì in mezzo
alla verzura si intravede forse una pista battuta? La pianificazione è
importante, si richiede una certa dose di pensiero laterale per non restare
appiedati, valutare le risorse, l’attrezzatura, i giusti e per niente scontati
percorsi per portare a termine la giornata. Emerge dunque dal titolo una certa
vaga giocosità e di certo anche un certo qual design, checché ne dica il
tenutario di questo sito internet sui giochini, e ci si esalta pure di tanto in
tanto, quando nella notte si intravede finalmente la segheria, o quando
sporadicamente un breve tratto asfaltato permette l’uso delle marce alte, o
quando decidi di fare accoppiare due camion mettendoli uno sopra l’altro, o
insomma ci siamo capiti quando la fantasia te lo permette, e diciamolo su, è un
bene che esistano prodotti tipo questo MudRunner dove scorazzi felice e senza
pensieri simulando la distruzione della natura, e la mente torna a quando da
bambino questa realtà non era sullo schermo/cervello annichilente/annichilito ma
nell’universo conosciuto, nei massacranti sedili di dietro di una FIAT
campagnola abbarbicata su impervi viottoli del monte Etna segnati su vecchie
mappe militari. Videogioco? Macché: questo è quanto di più simile esista alla
vera esperienza del fuoristrada, diremmo. “Un qualcosa che oltrepassa
l’intrattenimento” (cit).