Per
colpa della tastiera si concretizzano circostanze d’imbarazzo spaziale in
situazione di avanzamento obliquo, ma anche lo shooter è uno shooter
che vibra sentenza in forza d’aggiramento delle collisioni e delle installazioni
nemiche col suo bombardamento di precisione e per nulla di confusione, poiché si
configura tutto il contrario di una fotocopia di Xevious, qualche cosa di non
visto; tempo prima, verso il 1982, quelli di Technosoft si erano annotati le
idee di tale studente
Yoshimura Katsunori che soleva aggirarsi per i palazzi di Tokyo-city portandosi
dietro il disegno di una zona rettangolare piuttosto estesa – si era presentato
dicendo che il suo programma non sarebbe stato uguale a quelli delle sale giochi
tipo Space Invaders o Galaxian dove si doveva unicamente sparare – come ad
apparire uomo d’affari di statura: lo presero sul serio. Il progetto venne
approvato e fu siglato un contratto a mezzo cui Yoshimura-san s’impegnava a
consegnare per calcolatori Sharp X1 il videogioco “Thunder Force” entro un tempo
di sviluppo non superiore a mesi nove. Ma ne bastarono sei.
Il distruggitore acquista un raggio laser bifronte in atto rilevatore del
territorio sulla distanza degli oggetti rispetto all’astronave, a rendere gli
obiettivi di terra vaporizzabili in forma di aggancio e a determinare in
parallelo l’abbattimento del nemico a linea di tiro frontale; il dispensatore di
guerra, nell’Ottantatrè, serve un futuribile algoritmo di posizionamento
nucleare – del nucleo – a generazione dinamica che azzarda un mandato di
revisione strettamente campestre per il settore, acerbo ancora, dello sparo a
rastrellamento stretto, e appresso a questo Thunder Force induce la rivoluzione
dello spostamento multidirezionale quando il resto del mondo inizia appena a
introdurre lo scrolling unilaterale continuo e ad arrischiare il design
di migliore coerenza sugli insediamenti più arcade ed è per cui radicale,
suddetto Yoshimura, quando rinnega di costiparsi all’esercizio della
programmazione sottraendo alla storia il breve atollo dove i continuatori della
stirpe avessero potuto ricercare motivo per imperiture nuove conquiste, ché i
Thunder Force di Mega Drive e Saturn, ancorché violentissimi, non hanno
inventato niente. Invece codesto pezzo di lamiera volante pensato per lo Sharp
X1, che pur evidentemente ritiene le controparti digitali in un sistema di
controllo a input diagonale numerico di arbitraria ostilità, vige dello statuto
esistenziale dei grandi esploratori residenti in Taito e in Namco, e rivela
nella misura di questi ultimi l’istinto di chi è in grado di plasmare il futuro.
S’introduce distensione di otto direzioni espanse,
campi da golf technotronic di cavi ad alta tensione sulle cui tessiture si
dimettono graficherie di contrasti-luce magenta soddisfacenti per colori, forme,
lettere e dimensioni a bassa definizione; il videogioco adopera il metodo del
riempimento geografico per assorbire geometrismo affilatissimo, contentissimo di
poter formulare una ipotesi di ricostruzione di eventuali umanità estinte,
qualcosa di quasi come dire umanoide, strutture ottagonali di un genere di fibra
di metallo che si trova solo nei dintorni del necleo di Marte, fiumi sotterranei
di ferro fuso, radiazioni di supersoli verdi capaci di squagliare le ossa,
inverni di un anno l’uno tempesta di ghiaccio, fantascienze-incubo di terremoti
maremoti. Placche. Non perviene colonna sonora alcuna ed è già troppo che lo
Sharp X1 facesse bip, ma in ogni qual dunque il Thunder Force possiede questo
suo magnetismo di suoni stagnanti che fanno tanto sparatutto ’83 tipo «al cinema
Sidion danno War Games andiamo tutti al Pentagono, mi metto a disegnare i
pentagoni» perché il game designer sa quel che vuole, sa come muoversi in
assenza di gravità, sa realizzarsi uno stile iperestetico di grande squadratura
di elementi immobili e in regime di animazione a quattro fotogrammi al secondo,
sa condurre gli spazi e i tempi dell’interazione ugualmente traverso i limiti
del calcolatore Z80 e supponiamo non si potesse far molto in merito alla minima
frequenza dell’aggiornamento che rende i missili fabbricati dall’Impero ORN
visibili appena, verso nord, sopra i terrazzamenti d’erba sintetica, presso il
perimetro. Dyradeizer è cattivo. Diffonde debilitazione. Produce astenia. Ci
stiamo lavorando ma potremmo tuttavia decidere di cadere. Grazie di esistere,
Thunder Force.