GUNHED
di @Luca Abiusi

L’universo era rimasto al verticalismo perimetrale della Capcom e nessuno che gli diceva niente sulle mega innovazioni che stavano arrivando a istanza di effrazione dell’armamento spazialissimo, che prima poteva anche rimanere fisso. Prima di Gunhed. Che mega sparatoria, Gunhed, che tempra quando abbatte il muro di confine col quale si marginava lo sparamento degli arcade e delle produzioni laterali per console, poiché ancora non si stava sull’estremizzazione della questione dell’evoluzione delle armi ed è indistruttibile, il Gunhed, quando si elegge a declamatore di un poema di missili pentacolari e di strie e di fasci multivitaminici strapotenziati con la pillola fucsia, che fluttua nello spazio siderale, come fluttuano sti numeri romani che all’inizio non si sapeva a cosa potessero essere utili, dal momento che nessuno ancora realizzava che si potesse indulgere in tentazione e liberarsi del fardello linearizzante del coin-op come modello di partenza le armi. Moltitudini di armi.

Gunhed è la reimmissione dello sparatore a scorrimento. Naturalmente sì, la rivoluzione è altra cosa, ma è comunque grazie a questo rinnovamento del sistema d’aggancio di nuovi mirabolanti giocattoli che si ha, ancora prima del Novanta, ancora prima di Raiden, e ancora prima che Technosoft si mettesse a fare la storia del distruggimento orizzontale un genere di titolo di genere che ottiene il gameplay monumentale della zona decisionale, in accordo al fatto che se si decide per il fascio frontale è bene persistere e potenziare quello. Almeno finché non siano le condizioni di sparo a forzare il cambiamento di strategia, un mutamento di sparamento, ché può essere che all’improvviso lo schema bellico del mid-boss del quarto stage richieda il raggio elettrificato piuttosto che il raggio fotonico, ma la realtà dei fatti è che Gunhed può essere battuto pure attingendo a un unico blocco di arsenali. Sebbene così Gunhed sia meno Gunhed e più Gunlock, che non sarebbe uscito prima del Novantatré e che nulla condivide col titolo Compile, se non l’orientamento verticalista. Facciamo così: il level deisgner scrive per ogni determinato quadro una confezione da combattimento personalizzata che fa volare formazioni d’attacco a multipod per il consumo scorrevole, ma delega al manovrante l’opportunità di intuire quale metodo di offesa vi si incastri meglio in funzione di un reale aggiramento del pattern. Una cosa per virtuosi.

Il genocidio funziona. O ancora, a funzionare è il resoconto del perimetro spaziale e dello storno degli Stormi delle Navi, di proiettili che vengono a perpetua collisione col mezzo volante e si sdoppiano, vanno a zigzag producono fuochi, sganciano upgrade, continuamente modificano le dinamiche della distruzione classe ’Konami, anche se la opera Compile – quelli di Aleste, esatto – è diversa. Il tipo di genocidio è arcade, ma non nella accezione più tecnica in quanto vi è molto più ferro al fuoco di quanto un normale arnese a gettoni poteva in quel momento proferire alle masse reclamanti masse di oggetti volanti per quadro e per quadri rigorosamente raster, sebbene s’ignorava cosa potesse significare la grafica raster, nel periodo della grafica raster. Un grande shooter alternativo – che alternativo non sarebbe più stato, da lì in poi – per questa console a otto o anche sedici bit che si affacciava prepotente sul mercato dei videogiochi giapponesi, un titolo che qui da noi si poteva appena ammirare in fotografia ma che era il punto d’inizio dello spara e fuggi studiato per l’intrattenimento fai da te. Le grafiche a blocchi di pixel assai colorati assumono quartiere nell’avanzare dei quadri, durante la decimazione di questi innumerati meccanismi giganti che corrispondono molto a un anime nonostante l’assenza di un character design di identificazione, e pure in mancanza di una qualche stringa di dialogo per una eventuale storia che, diciamocelo, avremmo finito per ignorare. I suoni vanno dritti nella direzione della distorsione e vedono fantascienze, vedono fantasie di mech e campionamenti approssimativi, ma non era questo il punto. Era che bisognava buttare le fucilate.








  Piattaforma PC Engine
  Titolo Gunhed - ガンヘッド - NORD AMERICA: Blazing Lazers
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1989
  N. Giocatori 1
  Produttore Hudson Soft / Toho Sunrise
  Sviluppatore Compile
  Designers Masamitsu Niitani, Koji Teramoto, Hiromichi Sueyoshi, Kazuyuki Nakashima [....]
  Compositori Miyamo J.T.S., Mats Sydon, Ozono Takeuchi
  Sito Web www.hudson.co.jp
  Sist. di controllo Digitale - Joycard
  Numero tasti 3
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Verticale / Laterale
  Formato HuCard
  Numero supporti 1
  Compatibilità NTSC-J [] NTSC-U/C [No]
  Genere Shoot ’em up
  Rarità
  Quotazione 40 - 50 €
  OST No

  Gunhed, che è trasposizione videoludica dell’omonimo film dell’89 diretto da Masato Harada – Gunhed: Gun Unit Heavy Elimination Device – arriverà in Nord America col nome di Blazing Lazers. Non vi saranno conversioni per sistemi paralleli. Tuttavia il titolo verrà riproposto in forma di contenuto scaricabile sulle Virtual Console di Wii e Wii U, oltre che su PlayStation Network. La distribuzione di una variante coin-op di Blazing Lazers funzionante su base Jamma-PC Engine viene pianificata da United Amusement (a fine ’80 tra i maggiori produttori statunitensi di schede da bar) su di un preesistente accordo con Nec. Nondimeno, il progetto verrà bloccato dalla stessa società giapponese. Il fatto non impedì a ogni modo la diffusione di un hack del videogioco per formati “TOURVision cartridge”, in uso principalmente in Spagna all’inizio degli anni ’90. Si rileva l’esistenza di un “Gunhed Special”, variante di “attacco al tempo” distribuita a titolo promozionale presso gli stand dell’Hudson Caravan del 1989 – nota storica: l’Hudson Caravan consisteva in un raduno competitivo che la software house prese a organizzare a partire dal 1986. È noto che durante la sua ultima edizione venne presentato un prototipo di Bomberman in HD, che poi sarebbe stato d’ispirazione per “Saturn Bomberman”. Il raduno si tenne a cadenza annuale fino al 1993. – che ha di recente ottenuto ristampa grazie a PCEWorks.