Prima
che Poliphony Digital insinuasse quest’idea di giuoco di
corse tridimensionale potenzialmente simulativo vi era la Namco. Perché bisogna pur dire che nel Medioevo, nelle sale giochi e
dentro casa, il racing game
eseguiva modelli dinamici di massima semplificazione, sebbene poi Pole Position
possedeva questo volante che dovevi essere preciso al pixel se no esplodevi: al
trapasso delle grafiche bidimensionali, dopo la prima metà degli anni ’90, il
videogioco arcade era
comunque ancora in uso per gentile concessione di Sega e Namco. Ma fu
possibilmente
Ridge Racer
a iniziare il corsismo di nuova generazione, pur verso il crepuscolo delle sale
giochi e nondimeno
sulle console potenti con processore Risc, a restituire scientificamente le meccaniche
non-realistiche, non-fisiche della guerra da strada. Ridge Racer Revolution, virtuoso
portavoce della corrente, è un’estensione del primo episodio cui non si
deve rinunziare per il revisionato sistema di sbandata – simile assai a Ridge
Racer 2, inedito su console – che fa suo il controllo sul freno, e che risulta
brutale in accelerazione, dove gli asfalti disegnano le esse.
Ridge Racer Revolution è una esclusività
Sony. Contrariamente a quanto accadde col precursore, che era una
conversione da hardware arcade System 22, questo (terzo) episodio della saga
si afferma come tributo da rendere agli investitori del brand PlayStation, e
non che servisse in effetti alcunché di rivoluzionario davanti a un gioco di
corse targato Namco.
Si compra e basta e ciò nondimeno, se i tracciati restano
di fatto tre e se le autovetture in pista sono generalmente le
medesime di Ridge Racer, sul diagramma del gameplay Namco
concorre a
preservarsi lo stile della super velocità del motore in 3D,
che tra l’altro espone grafiche più complesse, più grosse. Ogni singola
autovettura risulta notevomente differenziata per
potenza, grip e stabilità in pista, e ognuna sembra adattarsi in
destrezza al track design modernista e post-urbano di Takuya Iwasaki,
già autore di Ace Combat. Il Circus è strutturato in modo che per
ogni vittoria si ottengano automezzi e pezzi di pista inediti, e difatti non
muta di un poligono se appena comparato al referente. Quindi, il grado di ostilità
varia sulla base della macchina di selezione, per realizzare che gli avversari
rispondano di conseguenza con l’aumento o la diminuzione di cilindrata, e la
cosa diverte, poiché si guida alla pari. Ancora presente il cheat mode
con cui, a completamento del coin-op del boot (in questo caso Galaga), si
ottiene l’intera collezione automezzi, a eccezione delle vetture nascoste, che
dovranno essere conquistate su asfaltature esterne.
A semaforo verde, e percorsi i primi cento
metri, un ghigno di malefica soddisfazione solcherà il volto del guidatore
allorché
si vede la macchina superare il dislivello con un discreto balzo, dimostrando il dissesto
idraulico delle sospensioni. È ancora lui, Ridge Racer
nel suo vigore di gioco vacanziero per virtù visuali e consumazione arcadista. Le strutture poligonali
sono possenti, ma è pure la definizione delle sequenze da antologia, come
quando si entra nel tunnel della prima pista, mentre le colonne sfrecciano
per consegnare sentimenti di velocità non ripetibili, a riferire la classe
della corsa metropolitana del Giappone namchiano che rende omaggio a
Yu Suzuki. Siamo felici di tante texture:
si applica esteso il rivestimento e si rilevano gli ambienti e i colori
accesi. L’atmosfera di guida è immanente. Oltre
all’argomento dello scorrimento privo di bad clipping e al disegno
di piste e vetture come Lamborghini, Revolution indulge sulla esagerazione del tornante sul
dosso, sul derapage da piegare al limite e sull’abrogazione della forza
centrifuga. È questo il punto di forza del titolo della Namco. È qui che
si determina per intera la potenza del gamedesign evoluto degli anni
’Playstation e per quindi ben vengano i tamponamenti irritanti, le strettoie
maniacali da percorrere a 300 all’ora, l’arresto della vettura in seguito
all’urto sul bordo della pista. Che cos’è la fisica dinamica. Essa non ha
motivo di esistere quando la sfida si riscrive veloce sul tempo del suono
martellante, che pure arriva a tracciare strofe di alta suggestione in
“Grip” e “Rythm Shift Remix”. La modalità link-up. Due giocatori
per due televisori strettamente crt in un crescendo
velocista di catrami e lamiere. Se non siete con Noi siete contro Ridge
Racer Revolution. Che adesso è questione di assumere un tipo di guida inflessibile, intransigente, assolutista,
schematizzante. D’avant-garde. Revolution ratifica il culto per
l’extravaganza arcade a 32 bit.