D’improvviso
salta fuori l’argomento PlayStation e iniziano a buttarvi dentro le tre o
quattro opere messe in croce di ruolismo convenzionale cui le riviste di taglio
e cucito degli anni ’90 avevano dato scandalosi novantacinque, e giammai vedi
questi assumersi il fastidio di verificare se non esistessero margini di
competenza presso l’Emporio Namco al settore trilogie, scaffale “giochi del
tennis”, difronte alla sezione “picchiaduro”. Si parla evidentemente degli Smash
Court ma non si deve pensare a codesti tennisti come a una saga di proprietà
PlayStation: la produzione di genere della Namco parte da lontano, nei distanti
anni ’80. A quel tempo la software house aveva realizzato Family Tennis per il
Famicom e dopo ancora una sua revisione coin-op (Pro Tennis: World Court) da
trasferire su PC Engine e X68000, ma si poteva apprendere già sull’otto bit che
quei programmatori capissero di tennis più di Nintendo stessa, e si vede di
quanto il gioco
riuscisse a essere professionale e plausibile sul tempo d’impatto con la
pallina, lasciamo stare i pupazzi. Quelli erano messi lì per un discorso di
marketing.
Smash Court arriva nel ’96 bidimensionale
nella sostanza con gli omini tridimensionali che sembrano bidimensionali e hanno
fatto bene, conoscendo Noi Boris Beckers che notoriamente difficilmente si
rinunzia alle forme rotonde dei cartoni animati giapponesi e agli scenari
estemporanei di campi improvvisati sulla torre/campi improvvisati in mezzo alla
strada/campi improvvisati nel castello incantato lì dove c’è il sovrano seduto
sul trono di spade tutto contento a prendersi le fucilate. Hanno messo a punto
un sisitema tennistico di autentico tocco sotto rete e di copertura del colpo in
caso la pallina arrivasse al centro e ci si dovesse spostarsi per impattare col
rovescio o rimediare col dritto anomalo di Camporese ed è interessante quando,
seppure poi la Namco zuzzurellona degli scherzetti accampasse lì da anni e si
conoscesse, si vien colpiti dalla pallina dopo un liscio solo per il privilegio
di subire l’animazione del tennista che stordito cade e piange. Il tennis della
Namco è un tennis di anticipo e accelerazione. Hanno perfezionato un colpo a
caricamento che sia di spaccatura dello scambio, una bomba a duecento chilometri
all’ora che dovrà tuttavia detonare dietro un movimento di precisione misurato
al pixel; arcade in superficie, eppur totale grazie alla sua elegante
disposizione al tennis di approccio, chip and charge e poi volée, o
classica discesa a rete in controtempo dopo un cross di dritto radente rete
Smash Court consente di applicare le variabili del giuoco sulla distanza
rispetto alla pallina e in coesione alle caratteristiche tecnodinamiche del
tennista, se questi adopera il rovescio bimane o a una mano, se è mancino, se
predilige stazionare a fondocampo o se al contrario usa starsene nei pressi
della rete a
fare gli smash.
Un tennis come Smash Court poteva collocarsi
benissimo in una sala giochi «sì, potremmo abbreviare la durata dei set e
inserire un paio di quadri ma ritengo non sia così utile investire su di un
cabinet quando si dovrebbe semmai riciclare il gioco in Europa a mezzo di
licenza di una qualche tennista russa di grido. Pensi a qualcosa del genere per
Smash Court 2, Nakashima-san. Per il momento è tutto» ma a ’96 inoltrato il
racchettismo non tirava come al tempo delle inquadrature volanti di Passing Shot
dove le palle si avvicinano alla telecamera a manipolare le sinapsi di chi non
aveva mai visto mondo e per cui è anche spiegabile che si ripieghi sulla console
che offre le garanzie migliori, dimodoché sia anche possibile di inserire
opzioni di videogioco casual come i tornei improvvisati a sbloccaggio di
professionismo, partite che all’inizio sono amichevoli e che dopo diventano
rimarchevoli, confluendo nella sfida. Il gameplay in quattro è serissimo. Il
suono esuberante di orchestre-lampo piazza al centro il sintetizzatore delle
voci giapponesi, e poi di fianco una chitarra, e due o tre violini più in alto a
fare l’accompagnamento di qualità Namco. Le grafiche delle strutture illustrano
un pre-rendering di animazione discreta in modo da trasferire ai luoghi un non
so che di andiamo in vacanza al mare a prendere il sole/andiamo in vacanza al
quartiere commerciale a comprare le cose/andiamo in vacanza in riva al fiume a
pescare/andiamo in vancaza. Sebbene ancora esercitante la tradizione arcade di
Family Tennis nel momento in cui viene occasionalmente innescata una certa
scherzosa parentesi di tennis tavolo davanti al net, Namco si dimostra in grado
di competere ad alti livelli con gli esponenti più significativi del genere,
Final Match Tennis compreso.