Fioccano
verso il ’97 traslazioni da coin-op programmate per ammansire l’udienza potenziale del
macchinario Saturn, e non devi per dunque chiederti come mai l’adattamento di Cotton 2 si
materializzi assai identico alla controparte della sala giochi per ausilio di cartucce Ram da
1 Megabyte, benché il titolo funzioni altresì privato d’estensioni, anche se in
questo modo vengono a perdersi interessanti porzioni di sfondo in parallasse e
oggetti animati. Lo shooter si fa ammirare per questa sua intro
di streghe, folletti in bikini, ad acquisir presto l’atmosfera di
fantasticamento horror
cui già s’era intriso il prequel dell’Ottantanove, seppur adesso lo sfarzo del character
design da OAV e il favore di un hardware ST-V che in atto bidimensionale quasi si
mette a competere con la CP System III della Capcom direzionino la massa di
sprite all’opulenza del dettaglio, all’animazione monumento. Nel
merito della
consumazione delle meccaniche, Success si presta a delinearizzare il level design
archeozoico dello shooter orizzontale, che di fatto non s’era evoluto quanto il
verticalista sul versante più maniacale dell’interagire, ed è col proposito di
sconfessare lo standard di annullamento del pixel che Success ripiega verso l’intuizione
della sovrascrittura.
Il sistema di sparo assume la apparente tradizione del
puntare e scostar nemici, con i livelli di upgrade e le armi misurabili in cristallo
multicolore – vento per il verde, ghiaccio per il blu, fuoco per il rosso – e ciò
nondimeno Cotton 2 si introduce nella variazione del diversibile come arnese di smontaggio
della convenzione per far sì che venga resa a video la mossa scatenante anomalie in
pluridirezione, il movimento a mezza luna utile a trasformare il nemico in preda al sacco,
una palla di fuoco o di vento, o di ghiaccio, rimbalzante a catena; l’archetipo diventa il
prototipo di un nuovo mezzo di attacco in aggancio che la strega minorenne userà a
surrogato del baseball, per lanciare sprite verso altri sprite e determinare una Success
donna di successo, e tutto grazie al mezzo, all’idea che realizza il contatto fisico con
lo jeti che giganteggia, sicché Cotton può usarvi il pelo come appiglio, aggrapparvisi e
pure agire in sottrazione della clava e dell’ascia, per utilizzar queste in forma d’arma
supplementare. Ecco, è registrabile certa forma d’avarizia nella misura in cui il
videogioco tende a centesimare in eccesso i lasciti in energia, a ultimazione quadro,
barra che si riempie in millimetri di thè verde da centrare al volo. Un po’ poco. Si
doveva possibilmente ricostruire l’intera perduta barra e fare ripartire la sfida da un accettabile grado di ostilità, per rendere il sistema dell’avanzamento
graduale. Ma del resto si tratta di un titolo asservito ai meccanismi della sala giochi e non
veramente studiato sul principio dell’universalità.
Hanno messo un
“Saturn Mode”
che rimedia parzialmente allo
sbilanciamento. Tuttavia si deve dire che l’extra risieda perlopiù nel
rielaborare l’estetica dei livelli, i quali vengono rivestiti d’ulterior colore e gamma
per esser presi a modello essenzialista del genere di sparatore generante fantasie in due
dimensioni, ed è festoso l’intingere nell’illusorio, lo svolazzar per monti e castelli,
antri e acque d’ottima traslucenza. Foreste. In principio era ST-V ma per dio è su Saturn
che il Cotton 2 si procrea il culto per il feticcio, per le preadolescenti di
Kiki’s
Delivery Service in narrativa post-cromatica, saturazione di omini assai grandi e
meravigliosamente animati, caratterizzati. Strega numero due perde il cappello, quando è
colpita. Tocchi di classe. Blocchi di classe. Codesto sfoggio di sfondi in pluriparallasse
avvicina l’opera Success all’epitome di una intera generazione di videogiochi a base
bitmap e celebra allo stesso tempo il mestiere della manifattura artigianale, l’arte di un
certo modo di realizzare interazione ancora avvinto alle tecniche del disegno pixel
per pixel per cui il rendering debba essere non invasivo; immediatamente
prima del definitivo declino delle sale giochi, Cotton 2 si fa a baluardo del classico. Lo
stesso CD-Rom viene usato come mero strumento di trasferimento dati dacché non vi è
traccia di tracce audio e in virtù del fatto che l’intero comparto audio viene
sintetizzato dal DSP Yamaha, come si faceva una volta, quando non vi erano spazi idonei
alle orchestre del CD e si doveva ricavare intere colonne sonore attingendo a canali audio
a otto, sedici bit. Cotton 2 ci riporta indietro. All’interno del jewel case
accampa un calendario di cartoline illustrate.