Con
l’immissione delle console a 32 bit SNK trova nel Saturn la piattaforma ideale
per i suoi pestatori bidimensionali Neo Geo pesantissimi grazie all’esistenza di
questo slot di espansione misterioso, che poi si sarebbe visto capace di
ospitare cartucce Rom/Ram studiate per velocizzare il caricamento da compact
disc. Poiché i lettori del tempo andavano lenti. Si dice che quello del Neo Geo CD
fosse più lento di un datassette del Commodore 64. A distanza di molti anni la
conversione Saturn di The King of Fighters ’95 – commissionata
a Rutubo Games (OutRun)
– resta dominante, e per quanto non si debba
parlare di arcade perfect, che i caricamenti ci sono sempre,
seppure brevissimi, il gioco in sè appare difficilmente distinguibile dalla rispettiva versione coin-op. La
sontuosità estetica del videogioco risulta di esempio anche per le più recenti
installazioni della serie tantoché non sarebbe dopotutto sacrilego inserire
il capitolo ’95 nel novero delle arti SNK di superiore stile, ma sempre senza
dimenticarsi del precursore, che giammai si vorrebbe declassare a opera di mero
riferimento. Però che classe codesto King of Fighters, col suo stage veneziano,
la sua fluenza, Iori Yagami che troneggia nel quadro industriale.
La meccanica a incontri indotta
nel precedente capitolo prevedeva questo team battle in cui ci
dovevano essere squadre di tre figure anime che dovevano ammucchiarsi
tra di loro fino al round ultimo contro una persona molto cattiva. In King
of Fighters ’95 la
sostanza non differisce se non per una infornata di personaggi inediti e nuove mosse per ognuno:
con un Kyo Kusanagi pieno di maledizione e una Mai Shiranui
a ostentare maschilista le di lei prominenze molleggianti si deve produrre combattimento
ad alto coefficiente di sfera di energia, simil shoriuken e quanto
ancora di pertinenza dello spettacolo come catalizzatore rude del
compiacimento immediato, che le mosse dicono semplicità di esecuzione, e i
programmatori sembrano suggerire tra le righe di giocare sulla strategia della power gauge
sezionando il gameplay, proiettandolo verso la supermossa
definitiva. Ma per quanto la barra energetica di cui sopra sia caricabile in qualsiasi momento, i secondi necessari
al suo potenziamento scopriranno
pericolosamente la guardia di chi lo attua. Consistente il ritmo degli
scontri di là del pupazzo selezionato tanto per suggerire agli eventi una
situazione di moderata isteria, ma senza che il fattore strategico ne resti
compromesso. Fatal Fury è assai distante. Il bilanciamento c’è. Ed è qui,
possibilmente più che in
King of Fighters ’94, che si gettano le basi per il futuro di una saga
che si sarebbe dissociata abbastanza dalle intercambiabili dottrine made in Capcom proprio per
questa vocazione
a trasformare in atto “pensato” i meccanismi portanti del genere.
Si è astanti di un armadio
visuale che determina sensibile il perfezionamento difronte alla edizione ’94
per la qualità degli sfondi e pure sul profilo della quantità di fotogrammi.
Come nell’uso di Shin Nihon Kikaku il singolo stage si completa
stilisticamente al
team preselezionato, il quale vorrà reagire all’evolversi degli scontri,
quantunque in forma passiva, sbraitando e facendo il tifo, oppure
disperandosi in caso di sconfitta; l’orizzonte sistematicamente animato e in completo
parallasse – ad esempio succede di trovarsi all’interno di un locale
corredato di piano
bar, con la gente che osserva e si muove in background, oppure nei
bassifondi di una New York iper-industrializzata, tra i fumi di scarico
e i corvi che si insinuano nel cielo arancione – aveva portato a credere che
il bidimensionalismo Neo Geo fosse per il Saturn una questione risolta,
eppure avremmo in seguito realizzato che non poteva essere sempre Natale sui
territori di Sega of Japan e che non tutti avrebbero fatto uso delle
cartucce di espansione. Che avevano un loro costo. Ma per intanto, qui vi è
replicazione. La parola “compromesso” la dequalifichiamo a residuo ricordo
di precedenti, quand’anche volenterose, conversioni Super Nintendo
licenziate a Takara: davanti al Saturn, sua maestà character
design vuol risiedere tutto dentro la Rom a rendere letteralmente vivi i protagonisti
di King of Fighters ’95. Viene loro conferito un fascino carismatico comune a pochi altri videogiochi
e se vi è una componente tecnica un centimetro meno condivisibile, ma solo
al raffronto con la successiva (e inespansa) edizione PlayStation, potrebbe
riguardare la colonna sonora. Che visto il supporto cd poteva ottenere una
masterizzazione alternativa, e nessuno avrebbe detto niente. Ma poco male.