Meglio
di quanto sembrerebbe, superato il trauma del flicker degli sprite – e dello scrolling
– e della quasi
assoluta mancanza di parallasse. Meglio di quanto le fasi iniziali un po’ copiate da
Raiden
inducano a presagire dopo aver passato il giorno a sganciare i siluri
del possente Dive-On,
distante invero dal presente Code-Zero per scorribande e
tecniche.
Un titolo anomalo. Si pensi al fatto che fu una casa come Enix, che raramente si cimentava
nello shoot ’em up, a farsi carico del rischioso processo distributivo
– va bene
che il genere andava ancora sparato, ma era pur sempre un gioco per X68000 – pur anco su
di una piazza altamente selettiva, visti i pezzi da novanta del PC Engine
Duo e del Mega Drive. Nel Novantuno Code-Zero era il videogioco fatto su misura per le classi bizzose
che potevano permettersi di ignorare i flussi di mercato e acquistare oggetti elitari da
ottomila yen. Ma non è così male. La necessità di doversi vedere il vero finale a
livello Expert e nondimeno di sbloccare i livelli avanzati – qualora si
cominciasse in modalità Beginner – funge da propellente del gameplay e
quantomeno comporta un innalzamento di crescita percentile dei minuti di gioco
effettivi.
Peccato che il titolo adoperi sì e no un quarto delle
potenzialità grafiche dell’X68000. Persistono discrete macchie di colore a margine, negli
stage avanzati, e tuttavia la approssimazione dei disegni è rapportabile alla anonimia di
un Vapor Trail, che tra l’altro appare più generoso sul numero di sprites
persistenti in simultaneo. Il boss-design inquadra un marasma di corazzate e cannoni
distrutti mille e mille volte anni prima, negli Ottanta, e si ha convinzione di aver già
abbattuto gli stessi velivoli di interludio, gli elicotteri e i carri armati molto Seibu
Kaihatsu che si apprestano già dal primo quadro. A livello estetico Code-Zero ha zero
idee. Benché il plagio multilaterale fosse – ed è – pratica comune del Giappone delle
software house satellite, in questo annullatore pseudo-spaziale – non poteva certo mancare
lo stage finale dello spazio – la ricopiatura diventa un’arte pedissequa, un accumulo di
cliché
e stili omologati, una mosaico di oggetti-modello. Viene in soccorso il sonoro. In
effetti la struttura musicale in pcm del titolo Enix mette in luce una buona
estrosità di melodie e strida alla Super Star Soldier con netti richiami in
chiptune a otto bit e sintesi vocali riuscite assai nel registro fantascientifico
impiegato. Tecnicamente si è vicini agli standard MSX sia nelle visuali – e ciò è
penalizzante – che nei suoni (pur apprezzati).
Ci pensa il level design a salvare Code-Zero
dall’ignominia. Che poi non è questo gran level design, prono com’è al dictat
Raiden dei medaglioni – che qui diventano stelle – da mille punti l’uno celati nello
sfondo, ma se non altro le dinamiche del power-up ramificato concorrono a raffinare lo
scorrimento. Discreta la manovrabilità. L’aggiornamento a trenta fotogrammi, seppure
castrante sul profilo della fluidità, contribuisce ad attutire la frustrazione e in un
certo senso premia il fattore spostamento, producibile in sicurezza anche senza avere
preventivamente assimilato le routine di attacco nemiche. Rilevante l’utilità delle smart
bomb – due in partenza, ma se ne acquisiscono di aggiuntive – nello scontro coi guardiani,
i quali costituiscono il vero apice di affollamento di proiettili registrabile in-game.
Perfettibile, ma onesto, questo Codice Zero. Il suo assecondare gli annullamenti per
soddisfare utenze anche menomate sul lato della distruggizione è apprezzato, in misura
maggiore nello spettro della mobilità delle intelligenze bidimensionali e all’atto della
modificazione del triplice livello di ostilità. È possibile che il fascio-frusta a
formazione laser porti eccessiva apocalisse a raffronto col restante armamento
a ventaglio, e che la
lunghezza dei livelli – pur provvisti di mid-boss – sia al di sotto degli standard dei
coin-op del periodo. Ma è anche vero che a sviluppare il blastatore fu l’estranea Random
House, un presumibilmente minuscolo team connesso a Enix a cui non venne esattamente
commissionata la rivoluzione dello shoot ’em up.