Nel
caso dell’X68000 bisogna tastare, metterci sopra le mani, mettere le mani
avanti: attuazione dell’atto fisico. L’emulatore si, dà una idea di come il
gioco potrebbe apparire
sull’hardware Sharp, eppure se ne è provato più di uno senza mai ottenere la esatta
percezione del colore e dell’audio MIDI avvertibili in presa diretta da un Daimakaimura
lanciato in hi-res col Roland SC-88 VL a pieno regime. Non vi è raffronto anche col
coin-op: il Ghouls’n Ghosts dell’X68000 è lì su di un piedistallo a dire che è quindi
vera la storia della Capcom che usava il computer Sharp come piattaforma di sviluppo dei
suoi arcade, e che è vera la storia che Capcom assemblò le sue principali schede da bar
– CPS I e II – replicando tourt court l’hardware dell’X68000. La sovrabbondanza
di risoluzioni disponibili – lo SCREEN MODE 4 (HSP) è pura fantascienza
– lascia
intendere che i realizzatori tenessero particolarmente a questa conversione (la parola
“conversione” è qui usata in modo improprio), che arrivò tardissimo, nel
Novantaquattro, con il computer già fuori produzione, e che in un certo senso
valse il
tributo di Capcom alle smisurate possibilità tecniche della macchina.
Per accademia, si è proceduto a installare il titolo sul
disco fisso dell’X68000 XVI HD. Ma visto che il gioco carica rapidamente pure su floppy
disk (che sono due, quindi niente swapping) vi si può interagire in comodità su
qualunque configurazione. Si è rivelato gradevole il reimmergersi nella cavalleria
capcomiana dall’ultima volta che s’era vissuta, sulla
Capcom Generation 2.
Si continua ad amarli, codesti mondi fiabeschi di armature dorate, maiali giganti, zombie
con la falce. La elegante iconografia, che pur attinge alla tradizione fantastica
dei B-movie degli anni Ottanta, scuote le membra di noi che si era testimoni
oculari, nel Novanta, delle gesta del prode Arthur che tirava di spada in
mutande, nel bosco della bella addormentata nel bosco, contro un orco verde dalla testa smontabile. Poi il
secondo livello, quello dei mulini a vento e delle fastidiose tartarughe
saltellanti; quello dei ponti che cedono e delle sabbie mobili.
Bastardissimo il terzo mondo, coi cavalieri maledetti mentre si ascende tra
le rovine del castello, prima del monocolo che svolazza tra le nuvole. Ci si
avvicina alla fine, sempre più fuoco, sempre più inferno di piattaforme e
mostri da abbattere con la tecnica, attraverso lo studio fotografico di
intelligenze barbare eppure astute. Ma Noi si è ancora qui. A combattere sul
videogioco su cui versammo sangue anche in versione cassetta, su Commodore
64.
Di fronte alla generosità, sia essa anche a
schemi arcadisti e di lineare cadenza ci si toglie l’elmo, e si diventa cantori. Le avventure di
Arturo mutano in racconti di armature d’oro e di incantesimi, di maledizioni
oscure e
cimiteri. Di morti che camminano, satanassi in terra e principesse. Ma c’era, la
principessa? Alla fine poco importa. Vi è sempre una principessa in queste vicende
medievali ciarlatane nelle quali si è un po’ tutti avventurieri, avventori temerari alle
soglie del Natale e chissà com’è, ma quando si gioca a Ghouls’n Ghosts ci viene in mente il
Natale, forse perché a dodici anni, sfogliando Zzap! in dicembre, si leggeva di una
conversione Mega Drive che sembrava Dio. Adesso si è sovrastati da una
traduzione (la
parola “traduzione” è qui usata in modo improprio) che se nel Novantacinque non si
diffonde Internet giammai si scoprirà esistente. Che se chiedi a qualcuno com’è,
quel qualcuno risponde: «l’ho provato sul WinX68k, sembra buono». Grazie al
cazzo. Ragion per cui ci si appresti all’X68000 al più presto, che su Ebay i prezzi continuano a
salire e i pezzi migliori a diventare inaccostabili. MIDI. Se si possiede una
scheda System Sacom e un buon sintetizzatore – dal Roland SC-55 in su – si può
usufruire di un remissaggio che sembra concepito dalla Philharmonic Orchestra
di Vienna; il nuovo sound riduce le pure indimenticate sintesi del
coin-op a strimpellature per diamonica, ma ciò che veramente toglie il fiato
è la condizione di eccellenza, questa escussione di forme romantiche
culminanti nella possibile apogesi del platform game.