STRIDER HIRYU
di @Luca Abiusi

Conversione lampo. Ah già, non erano conversioni. Avevamo quasi dimenticato che la piattaforma di sviluppo degli arcade CP System era l'X68000 ma si sa, in seconda media era già tanto se si riusciva a recuperare credito per il coin-op, spesso occupato e ti dovevi sorbire la attesa, figurarsi stare a rimuginare su di un computer che nessuno qui in Italia conosceva e su di una edizione di scatolame lussuoso che nessuno avrebbe visto se non a seguito della globalizzazione dei beni occorsa con la istituzione di Ibazar prima e di Ebay qualche tempo dopo. 1989: Strider Hiryu esce praticamente in simultaneo in arcade e sulla macchina Sharp e gli stessi giapponesi, che già sapevano e che ancora avevano in testa il port-capolavoro di Gradius, iniziano a farsi un’idea di cosa fosse realmente l’X68000. Si parla di grafica di ultima generazione pompata a sprite hardware 16x16 che se apri l’involucro in plastica del modello ACE mentre è acceso ci vedi il processore grafico bruciare sessantacinquemila colori coi popcorn, il giornale e una cannuccia per lo spritz infilata nel pertugio della eprom. Che maledetti, sti giapponesi. Noi a sbavare sul port del Mega Drive e loro a bersi champagne sui monitor multifrequenza.

Quindi arcade perfect. A dire il vero cambia lo stile grafico della barra dei punteggi in alto, che nella successiva versione arcade avrebbero reso trasparente, e dopodiché normale amministrazione: il titolo, che risiede su tre dischi – uno di sistema e due per il gioco, no swap – carica fulmineo ed è come in sala. Parte subito la rolling demo e se non si ha impellenza di manovra ci si può scegliere la risoluzione sulle tre disponibili (una a 15kHz e due a 31kHz). È purtroppo assente il suono MIDI, che Capcom avrebbe cominciato a supportare con Final Fight, sebbene poi musiche ed effetti standard siano gli stessi dell’arcade e hai detto niente, diremmo. Quindi Strider Hiryu. Eroe anticomunista. Salti anticomunisti. Anticomunismi. Per fortuna si sono fermati al primo livello, che foss’anche fantascientifico è pieno di Kazakistan e riferimenti a un impero sovietico che in novembre si sarebbe comunque sgretolato col muro, sicchè potevano pure infierire. Ma vallo a sapere. Quindi platform classico, ma atipico. Il balzo in acrobazia dello Strider richiede un tempismo diverso da un Rygar o un Ghouls’n Ghosts ma si apprende assai presto, e ti ritrovi essere l’istante dopo un super atleta addestrato ad affettare cosacchi con una scimitarra laser che a mezz’aria vuole far poltiglie dei rilevatori spia. Quindi Strider Hiryu, bello col ciuffo e i potenziamenti meccanici satellitari.

La pantera robot è il power-up di supporto definitivo: attacca i nemici in anticipo e alleggerisce lo sciabolare di un terzo. Il falco è anche cattivo, ma si dilegua dopo una decina di secondi. Amministrando il raccoglimento degli upgrade e memorizzandone il posizionamento si diventa strideristi professionisti e si può ambire alla ultimazione, ma non prima di avere studiato i pattern per affrontare i guardiani. Gioco duro. Alla Capcom. Gli umanoidi attaccano in massa. Le macchine attaccano in massa. I robot orbitanti finiscono presto e bisogna sperare di prendersi il power-up dell’allungamento del raggio di azione del Falchion, che sicuramente è l’icona più utile dopo quella della vita extra (uno Strider in miniatura). Gioco ostile, ma vero. Strider è disfida arcade inumana eppure umanista, importante per le visioni futuriste e contemporanee inglobate in corso di enarrazione a una infrastruttura classicamente giovanile e fanfarona, e ciò nondimeno graffiante sulle immagini e nella cognizione di un affresco fantapolitico volgente al colore. La esteticità dello Strider capcomiano ridefinisce la bellezza. Porta il videogioco in due dimensioni sull’utopia neoclassica e avvicina il modello arcade alla quintessenza figurativa, una metaforizzazione di rinascimenti culturali armati di incomprensibili tecnologie di provenienza extraterrestre. Quindi Strider Hiryu. Che è l’ennesimo mattone che fa dell’X68000 una macchina d’elite. La macchina d’elite. Vuoi o non vuoi, sul calcolatore della Sharp Strider Hiryu è più radicale con la sua scatola professionale, l’alta risoluzione, i dischi con le etichette marchiate Capcom.








  Piattaforma Sharp X68000
  Titolo Strider Hiryu - ストライダー飛竜 -
  Versione Giapponese
  Anno immissione 1989
  N. Giocatori 1
  Produttore Capcom
  Sviluppatore Capcom
  Designer Kouichi Yotsui
  Compositore Junko Tamiya
  Sito Web www.capcom.co.jp
  Sist. di controllo Digitale - Joystick
  Numero tasti 2
  Orientamento Orizzontale
  Scrolling Multidirezionale
  Formato Floppy Disk
  Numero supporti 3
  Frequenza video 15 / 31kHz
  Sound MIDI No
  Genere Action platform
  Rarità
  Quotazione 80 - 100 €
  OST Sì [Strider Hiryu -G.S.M. CAPCOM-, 1989, Pony Canyon]

 

Strider Hiryu X68000, in quanto primo videogioco Capcom per la piattaforma Sharp, non possiede quelle opzioni extra che la software house avrebbe successivamente implementato e rese a standard (leggi, audio MIDI). In compenso, il titolo risulta installabile su hard disk e dispone un largo ventaglio di risoluzioni video a 15kHz (512x256) e 31kHz (512x256, 384x256).