Non
esiste che si dica adesso che il diskarmor ha fatto il suo tempo. Sarebbe come
dire un’azione disonesta portata verso di Noi medesimi, che nel 2004 si erano
pure messi a frignare quando gli venne detto che la Tecmo Hit Parade della
PlayStation 2 avrebbe sì contenuto Tehkan World Cup ma non Argos no Senshi
(Rygar), platformista che avevano consumato in
sala giochi e anche sul Commodore
64, non potendo da infanti ambire a un Atari Lynx. Ma soprattutto a uno Sharp X68000. Difatti nel Novataquattro,
grazie a Dempa e ai prodigi del freelancer Masatoshi Hashimoto – il quale avrebbe sviluppato il motore
grafico di
Last Blade e la traduzione Saturn di OutRun – viene prodotto questo sensazionale
port di stringhe custom
Z80 per la rassegna “Video Game Anthology”, che poteva già
vantare pubblicazioni potenti quali Terracresta/Mooncresta, Dragon Buster e diavolerie
namchiane altre, così per sopperire alla mancata realizzazione di conversioni
per sistemi giapponesi, ché l’Argos del Master System non era esattamente un
port.
Il flusso dell’assuefazione. Viene automatico di contestare al prode Rygar il
suo adagio in linea orizzontale di ripetizione, pur realizzando che vi
siano sezioni
di arrampicamento verticale, eppure la dinamica continuità dell’azione costringe il gameplay
dentro gli argini della dipendenza e mette le basi per una progressione che è solo
marginalmente defraudata degli schemi di contatto col platformista di matrice
Capcom. È la velocità, il flusso continuo a determinare la differenza. Argos no Senshi dispone per un organismo di
sprites che divenga annullabile a mezzo di piazzamento, visto che lo spartiacque tra una
sessione riuscita bene e una partita dissipata in leggerezza verte proprio sulla idoneità
al saper come e dove saltare, quando e verso cosa scatenare il diskarmor. La meccanica del
pattern, spinta verso l’eccesso, funziona qualora istigata a compensarsi in acquisto di
amuleti di potenziamento accordanti a Rygar fino a cinque abilità extra, e si avvertono
concreti i vantaggi del diskarmor a raggio multidirezionale, o della barriera
dell’invincibilità, verso il livello 19. Zitto zitto, Argos no Senshi declama le patologie
comportamentali che hanno condizionato il settore dei coin-op almeno fino
all’Ottantanove, allorché
Daimakaimura concorse
a sancire l’apogeo generazionale del platform game.
Esteriormente si è ancora su livelli d’apprezzabile
bidimensione. Rygar si anima altero, superbo. Manovra agile verso i nemici e sferra i suoi
colpi balzando d’estremità, muovendo istrione in falcata continua allo scorrere dello
sfondo differenziale, che è dettagliato quanto il design del bestiario, chiaro
rimando ai miti dell’antica Grecia. Per essere un titolo concepito nell’Ottantasei, con
la Capcom che giostrava su processori Z80 a 3 MHz e che era ancora distante dall’evolvere
i metodi di lavorazione del 2D via schede CPS, Argos no Senshi riferisce di un notevole
livello di complessità in regione di coloramento e in regime di applicazione dello sprite
hardware; questi, sebbene riciclato in più fasi, viene rifornito di un buon numero di
fotogrammi omaggio. La fase di conversione su X68000 risulta immune al compromesso. Quindi
l’oggetto bidimensionale viene riportato in scala 1:1 e su schermi a frequenze 31kHz per
determinare il vademecum del pixel perfect. Dempa ha pure rifatto il meccanismo
dell’insert coin, consegnato al tasto B, e se non era per l’imponenza delle torri gemelle
del Nostro XVI HD, lì a ricondurci in epoche antidiluviane, avremmo giurato d’esser
davanti all’ultima installazione del MAME. Colonna sonora portante e suoni vengono
ricostruiti nota per nota, è anzi possibile che gli stessi, acclarata la rispondenza dei
chipset Yamaha, siano stati prelevati dal codice sorgente e immessi nel disco da cinque
pollici e mezzo così com’erano. Nel Novantaquattro, a qualche mese dallo smantellamento
della divisione home computers della Sharp e prima che Saturn e Playstation venissero
immessi sul mercato, Argos no Senshi riafferma la supremazia tecnica dell’X68000 rispetto
alle piattaforme concorrenti. Il computer sarebbe rimasto in produzione fino al
Novantacinque.