“Nascita di una
nazione” è un capolavoro di David W. Griffith, uno dei registi più importanti della
storia del cinema. Populous è un capolavoro di Peter Molyneux, uno dei
più importanti game designer della storia dei videogiochi.
Posto questo, le lancette si spostano al 1989 allorquando, con un Amiga oramai già
padrone del mercato degli home computer, il nome di Bullfrog, uno degli studios più
importanti nella storia ludica degli anni ’90, diventa all’improvviso sinonimo di
qualità, estro ed originalità e il gruppo di giovani talenti, capitanati dal già allora
mezzo stempiato Mulinello, piazza il colpo vincente dopo un paio di produzioni anonime e
prive di nerbo. L’idea è semplice: mettere il giocatore in condizione di crearsi un
proprio mondo e avere su esso il più assoluto controllo.
Come un dio, del resto l’unico modo per descrivere Populous
è proprio quello di utilizzare il termine “god-simulation”, è possibile
appiattire montagne, scavare vallate, creare le condizioni per lo sviluppo della civiltà,
farsi adorare e lanciare terribili castighi sulle popolazioni avversarie, al fine di fare
prosperare i propri adepti. L’obbiettivo del gioco, permettere alla nostra comunità di
progredire e sopravanzare quella rivale sia dal punto di vista numerico che tecnologico,
può essere raggiunto in molti modi diversi che spaziano dalle continue incursioni nei
villaggi nemici che siamo in grado di incenerire o sommergere d’acqua, all’utilizzo
di tattiche meno bellicose, che puntano sulla colonizzazione intensiva del terreno e relativo
boom demografico. Qualunque sia l’approccio, il divertimento è assicurato. E,
fortunatamente, anche la semplicità: Populous, nonostante un invidiabile spessore ludico
(che sarà ulteriormente ampliato dal sequel) è anche e soprattutto un gioco immediato e
di facile comprensione. Gradevole oltremodo la componente scenografica, visualizzante una
semi terza dimensione isometrica, e immersivo il sonoro misterioso, azzeccato in tutte le
sue manifestazioni. Tuttavia la grandezza della opera di Molyneux va ben oltre il semplice
aspetto grafico...
La pletora di icone a disposizione diventa familiare dopo
poche partite e l’immediatezza dell’azione permette anche ai non appassionati di giochi di
strategia di approcciare ed imparare ad amare il cult Bullfrog. L’impatto di Populous sul
mercato videoludico è paragonabile a quello del meteorite che estingue i dinosauri. In
Italia, uno sbigottito Francesco Carlà, patron della Simulmondo, unica casa di software
italiana di effettivo rilievo durante il periodo Amiga, parla in un programma televisivo
domenicale di questo gioco, proprio prima che la stessa emittente ceda il collegamento al
Vaticano per il consueto Angelus papale. È il delirio. Blasfemia, oltraggio alla
religione sono solo alcune delle accuse che muovono dal largo fronte di “quelli che
benpensano” al titolo Bullforg che, scrollate le spalle, continua imperterrito la sua
strada, ponendosi come pietra miliare ludica per gli anni a venire. La riconosciuta
mitomania di Peter Molyneux trova in Populous uno sbocco fecondissimo per i giocatori, che
si ritrovano tra le mani un titolo originale, longevo, divertente ed innovativo in tutti i
comparti. I cloni di Populous non si contano: eredi diretti (Populous II, Powermonger) o
indiretti (Civilization, SimCity, The Settlers), figli bastardi o adottati in tarda età,
ma l’originale, quello da cui nacque tutto resta il primo, indimenticabile capitolo. Oggi
si parla tanto e spesso a sproposito di originalità venuta a mancare nel magico mondo dei
videogame. Finché ci saranno game designer come Molyneux capaci di osare (sempre),
cadere (raramente) e vincere (spesso) la comunità ludica potrà dormire sonni
tranquilli